Carcere di Campobasso: la rivolta dei detenuti per la dignità

Oltre 170 detenuti in una prigione fatta per 106. Il 60% trattato con psicofarmaci, rispetto al 25% a livello nazionale. Strutture fatiscenti. Attività ai minimi termini. Ecco perché è scoppiata la rivolta nel carcere di Campobasso

Meno attività in prigione. Meno associazioni. Meno visite mediche. Tanto che Antigone, l’associazione per i diritti dei detenuti, lo aveva denunciato già alcune settimane fa: il clima è incandescente tra i detenuti. Fino ad arrivare alla sera del 22 maggio, quando nel carcere di Campobasso è scattata la rivolta, con materassi bruciati e sedie rotte.

La rivolta, iniziata da un recluso che ha minacciato di ferirsi con un taglierino, è scoppiata nella seconda sezione destinati ai reati comuni. Dopo aver chiuso l’ingresso del reparto con materassi e suppellettili, 20 detenuti hanno dato fuoco a parte dei mobili, tenendo così in ostaggio l’intero piano. Una situazione terminata dopo diverse ore grazie all’intervento del vicecomandante.

Notizie di clima teso da molto tempo nel carcere di Campobasso

Gian Antonio Fazzini, referente regionale di Antigone per il Molise, parla da mesi delle difficoltà interne all’istituto.

 «L’attuale supplente dirigente Irma Civitareale ha dato una stretta a tutte le attività, creando un clima di tensione e malumore che non aiutano a migliorare una situazione già difficile di sovraffollamento».

Il carcere, infatti, ha una capienza di 106 posti ma ospita attualmente oltre 170 detenuti, in una vecchia struttura dell’Ottocento a forma panottica, di difficile gestione per la sua ampia estensione in cinque edifici fatiscenti.

carcere campobasso
Nella foto il carcere di Campobasso

Carcere Campobasso: le ragione della rivolta

«La sezione dove è scoppiata la rivolta è fatta da persone trasferite dalle grandi carceri romane. Da quando è stata fatta la riforma delle macroregioni (che ha accorpato i dipartimenti penitenziari di tre regioni, in questo caso unendo Lazio, Abruzzo e Molise, ndr), le carceri più piccole vengono usate come discarica. I casi più difficili di Rebibbia vengono portati qui», denuncia Fazzini.

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Il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria (Prap), che non ha risposto alle domande poste da Osservatorio Diritti sull’evento di Campobasso, ha attuato una politica di smistamento dei detenuti tale da portare a un’alta percentuale di stranieri, con il 45% nel capoluogo molisano rispetto a una media nazionale del 33% e una presenza del 60% di detenuti trattati con psicofarmaci, rispetto al 25% nazionale.

«Si è creata una vera e propria galera, con situazioni precarie sia per la salute che per la dignità umana. Speriamo vivamente che questo evento drammatico porti a un cambio di regia, confermando l’arrivo della nuova dirigente entro pochi giorni», conclude Fazzini.

Anche Mauro Palma, Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute e già fondatore di Antigone, si è recato presso il carcere per verificare la difficile situazione.

Il carcere di Campobasso visto dall’alto

Carceri italiane: sovraffollamento e pene più lunghe

Nei giorni scorsi l’associazione Antigone ha presentato il nuovo rapporto sulla realtà detentiva in Italia, sottolineando le criticità attuali. «Le pene aumentano e quindi aumentano i detenuti, malgrado gli accessi in carcere diminuiscano», spiega Alessio Scandurra, relatore dello studio.

Al 30 aprile 2019 sono 60.439 i detenuti, per una capienza regolare di 50 mila posti. Un sovraffollamento al 129%, che si avvicina alla cifra sanzionata dalla Corte Europea nel 2013. Un aumento dovuto anche al decreto sicurezza che ha allungato il periodo detentivo per molte condanne.

Le problematiche evidenziate dal lavoro di Antigone sono legate soprattutto al diritto alla salute, che non vede ancora uniformate le norme dell’Ordinamento penitenziario alla riforma della sanità penitenziaria del 2008. Le Asl territoriali quindi non possono accedere negli istituti liberamente, obbligando così i detenuti a lunghe attese e richieste specifiche per visite mediche generiche.

«Abbiamo un governo che fa campagne sulla sicurezza, criminalizzando indistintamente e creando difficoltà a chi opera come noi da anni per adempiere al mandato costituzionale», dice Scandurra.

Malgrado ci sia un’estensione delle pene alternative alla detenzione, rimane una grande differenza tra Nord e Sud come dignità intramuraria e rispetto dei diritti dei detenuti. «A Siracusa da diverso tempo non funziona il telefono. Per un detenuto che deve stare dentro pochi anni questa è una condanna nella condanna. Come facciamo a dare dignità alle persone quando mancano i diritti fondamentali?», conclude il responsabile di Antigone.

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