Unicredit, caso Iran: la banca patteggia con gli Usa multa da 1,2 miliardi

Dopo 6 anni di indagini Unicredit pagherà una multa tra le più alte mai comminate da istituzioni Usa a una banca europea. Per gli ispettori, l'istituto italiano e due controllate (Germania e Austria) hanno favorito transazioni con Paesi sotto embargo. Tra questi Libia, Siria e Sudan. Ma gli esempi riguardano soprattutto aziende iraniane coinvolte in programmi di armamento

Dopo sei anni di indagini, si chiude con un patteggiamento il caso UnicreditUsa. La sanzione è parecchio più alta delle previsioni, è stato il commento dell’agenzia Bloomberg: la banca italiana e le sue controllate di Germania e Austria hanno accettato di pagare circa 1,2 miliardi di euro a Federal Reserve, Dipartimento dello Stato di New York per i Servizi finanziari e Office of Foreign Assets Control del dipartimento del Tesoro. È tra le multe più alte mai comminate a una banca europea da istituzioni americane.

Le ispezioni hanno appurato che l’istituto di credito tra il 2002 e il 2011 ha permesso transazioni per miliardi di dollari in Paesi come Iran, Libia, Siria, Cuba, Myanmar e Sudan, che negli Stati Uniti si trovano sotto sanzione per vari motivi, tra i quali anche la proliferazione di armi di distruzione di massa e terrorismo mondiale.

Duro il commento riportato nel comunicato stampa del sovrintendente del Dipartimento dello Stato di New York, Linda A. Lacewell:

«Unicredit ha dato priorità al profitto rispetto alla conformità e alla sicurezza, effettuando operazioni da miliardi di dollari con clienti provenienti da nazioni sotto sanzione, come Iran, Libia e Cuba, lavorando poi per coprirne le loro tracce ed evitarne il rilevamento».

Leggi anche: Valsabbina: missionari attaccano la banca su policy finanziamento armi

unicredit iran usa
Federal Reserve – Foto: Rafael Saldaña (via Flickr)

Unicredit: una multa per pagamenti «non trasparenti»

Per mascherare le transazioni con Paesi sotto embargo, secondo le istituzioni americane che si sono occupate del caso, Unicredit usava diversi metodi. Il primo viene definito nell’indagine come metodo dei «pagamenti coperti» e ha lo scopo di aggirare gli obblighi di comunicazione tra istituti di credito. Questo nonostante la banca fosse tra le firmatarie di uno strumento concepito dalle autorità americane per bloccare i pagamenti verso Paesi sotto embargo. 

Banche, società di intermediazione finanziaria, istituti di garanzia e altre istituzioni finanziarie qualificate comunicano infatti tramite Swift (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication), una rete di comunicazione chiusa. Ogni messaggio ha un formato, MT (Messaggio tipo), seguito da un numero tra 100 e 999. A ogni MT corrisponde un significato specifico.

Il primo messaggio Unicredit lo mandava direttamente alla banca nel sistema sanzionato. Era un MT103, il messaggio che due banche si scambiano quando c’è bisogno di fare un bonifico. Aveva tutti i dettagli. Poi però Unicredit mandava un secondo messaggio, MT202, noto come «pagamento coperto», che include solo pochi dettagli. Destinatarie erano le istituzioni finanziarie degli Stati Uniti, che venivano così informate che il pagamento sarebbe avvenuto in dollari. Però, essendo diviso dal primo MT103, non aveva i dettagli relativi a pagatore e beneficiario.

Iscriviti alla newsletter di Osservatorio Dirittinewsletter osservatorio diritti

Un secondo metodo di camuffamento è noto come «wire stripping», letteralmente strappafili. In sostanza, il team di Unicredit che si occupava del rispetto delle normative internazionali, ha appurato l’inchiesta americana, toglieva alcuni dettagli dalle note delle causali delle transazioni approvate dalla banca a New York, in modo da proteggere l’anonimato dei beneficiari in Paesi sotto sanzione.

Il caso dei pagamenti in Iran

È successo in particolare con la Islamic Republic of Iran Shipping Line (Irisl Group), società marittima nazionale iraniana, che risulta aver effettuato 1.319 pagamenti per 75 milioni di dollari in totale, tra il 2006 e il 2011. In passato Irisl Group è stata sanzionata per aver trasportato merci militari proibite e spedizioni agevolate destinate al ministero della Difesa e dell’esercito delle forze armate dell’Iran.

Leggi anche: Finmeccanica: Leonardo è «incline alla corruzione»

unicredit iran
Mahmoud Ahmadinejad, ex presidente dell’Iran – Foto: Hamed Malekpour (via Wikimedia)

Nel 2007 la banca iraniana Sepah Bank è stata segnalata da Nazioni Unite, Unione europea e Stati Uniti come uno degli istituti coinvolti nel programma nucleare dell’allora presidente Mahmoud Ahmadinejad. “Sepah” in persiano antico significa “esercito”: la banca è ritenuta dal Dipartimento del Tesoro americano il braccio finanziario dell’Organizzazione delle industrie aerospaziali (Aio), azienda a controllo statale impegnata nel programma missilistico di Teheran.

Nella sentenza non si trovano esempi per altri Paesi come Libia, Myanmar o Sudan.

Sanzioni Usa a banche europee: il record di Bnp-Paribas

Sono in tutto dieci le banche che, come Unicredit, sono state sanzionate dalle autorità statunitensi per aver violato l’embargo degli Stati Uniti e delle autorità di Manhattan. Quella che ha pagato il conto più salato è stata Bnp-Paribas nel 2014, con un patteggiamento record da 8,9 miliardi di dollari.

Altre banche, come l’olandese Ing e la svizzera Credit Suisse Ag, hanno pagato sanzioni molto minori: la prima 619 milioni di dollari nel 2012, la seconda 536 nel 2009.

Unicredit: i conti del Gruppo non intaccati da multa

Nonostante il colpo sul piano economico, nel comunicato diffuso dalla banca il 15 aprile è stato sottolineato che i conti del Gruppo non saranno intaccati:

«Le somme dovute da ciascuna delle Banche – si legge nella nota – sono interamente coperte dagli accantonamenti stanziati».

Il primo trimestre del 2019 per l’azienda si chiuderà comunque con un saldo positivo di 300 milioni di euro.

La multa a Unicredit, Unicredit Bank Ag e Austria

Le tre banche dovranno versare 611 milioni di euro al Dipartimento di giustizia americano e alla Federal Reserve (Fed). Altri 157 milioni di euro saranno pagati solo alla Fed, mentre altri 405 milioni di dollari andranno al Dipartimento di servizi finanziari dello Stato di New York. Un ultimo pagamento da 105,9 milioni di euro sarà effettuato all’Ofac, il dipartimento che si occupa di asset all’estero del Dipartimento del Tesoro americano.

Con il patteggiamento è previsto anche che Unicredit Bank Ag, la controllata tedesca, si riconosca colpevole per il reato di associazione a delinquere in una Corte federale americana, mentre davanti a una dello Stato di New York dovrà ammettere due violazioni della legge statale per «inosservanza delle sanzioni economiche statunitensi» nei confronti di diversi Paesi sotto embargo.

Nel patteggiamento è anche incluso per la succursale austriaca un accordo triennale di non perseguibilità con il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti d’America, Divisione Penale, Sezione Antiriciclaggio e Recupero Beni e l’Ufficio del Procuratore degli Stati Uniti del Distretto di Columbia e con l’Ufficio del Procuratore Distrettuale della Contea di New York al fine di far decadere le accuse di violazione della legge federale e dello Stato di New York.

Unicredit ha sottolineato di aver implementato le sue regole interne per prevenire e contrastare ogni attività illegale.

Leggi anche:
Ambiente: banche accusate di finanziare l’inquinamento

Israele, banche francesi sotto accusa

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.