Difensori dei diritti: Honduras pericoloso per chi difende vita e ambiente

Honduras pericoloso per i difensori dei diritti umani: lo dice il nuovo report di Michel Forst, relatore speciale Onu sui Difensori dei diritti umani, che presenterà il nuovo documento a Ginevra il 20 marzo. Nel frattempo, le ultime notizie denunciano le situazioni di Miriam Miranda, Edwin Espinal e la mancata giustizia per l'omicidio di Berta Caceres

Il 2 marzo Miriam Miranda, difensora dei diritti umani in Honduras, leader indigena garifuna di Ofraneh (Organización Fraternal Negra de Honduras), ha ricevuto un invito a comparire di fronte alla procura della Repubblica, nell’ufficio di Trujillo, dipartimento di Colón. Lo ha reso pubblico lei stessa, diffondendo l’atto di citazione via Twitter e corredando l’immagine con alcuni commenti: «Che pretende la Procura, senza specificare il motivo della citazione? Sono una difensora dei diritti umani della natura e difendo la vita. Non sono una delinquente».

La segnalazione di Miranda è stata ripresa in un alert, lanciato dalla rete mesoamericana delle difensore dei diritti umani, l’Iniciativa Mesoamericana de Mujeres Defensoras de Derechos Humanos. Non è la prima volta che la leader di Ofraneh è vittima di violazioni dei diritti umani, che nel caso specifico sono caratterizzate come «intimidazioni giudiziarie», e rappresentano cioè il tentativo di addossare a un difensore reati che non ha commesso.

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Miriam Miranda – Foto tratta dal profilo Twitter

Compagna di lotta di Berta Cáceres

Questo tipo d’intimidazione, il cui obiettivo è la delegittimazione del leader, è stata utilizzata in Honduras anche nei confronti di Berta Cáceres, la leader del Copinh assassinata nella sua casa de La Esperanza il 2 marzo 2016. E a Miriam, che di Berta era grande amica e alleata, non è di certo sfuggito l’uso simbolico di questa data.

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La denuncia di Miranda è stata ricevuta da Michel Forst, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani, che proprio quel giorno sul quotidiano spagnolo El Pais aveva pubblicato un editoriale in occasione del terzo anniversario dell’omicidio:

«Nonostante l’attenzione internazionale sul caso Cáceres, la giustizia non è completa. Le autorità honduregne hanno avuto bisogno di due anni per dichiarare colpevoli i sette responsabili dell’omicidio e per mettere sotto accusa uno dei quadri dell’azienda che sta costruendo la diga (sul rio Gualquarque, contro la quale si battevano Berta e il Copinh, ndr). Senza dubbio, i potenti attori che presumibilmente hanno ordinato e pagato il crimine, non sono stati ufficialmente identificati né incolpati».

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Berta Caceres in un murales a Milano – Foto: Luca Martinelli

Difensori dei diritti umani: Honduras all’Onu il 20 marzo

Forst ha ben presente la situazione in Honduras, e nel corso della 40esima sessione del Consiglio sui Diritti umani a Ginevra tra il 25 febbraio e il 22 marzo 2019 presenta la propria relazione di campo sull’Honduras. Un denso documento che sottolinea come i difensori dei diritti umani in Honduras «operino in uno spazio pubblico sotto assedio e soggetti a importanti violazioni e restrizioni dei loro diritti civili e politici».

La relazione, che sarà discussa il 20 marzo, evidenzia che «gli attacchi ai difensori dei diritti umani avvengono nella totale impunità, mentre questi soggetti vengono criminalizzati, delegittimati e denigrati per il loro lavoro di promozione e difesa dei diritti umani».

Nelle conclusioni, Forst ammette che nonostante gli sforzi di «costituire un meccanismo nazionale di protezione, la maggior parte dei difensori dei diritti umani in Honduras non possono operare in un ambiente sicuro, sentirsi supportati e protetti». È a partite da queste annotazioni che il relatore speciale pubblica una lista di raccomandazioni, rivolte al governo honduregno guidato da Juan Orlando Hernandez (rieletto alle elezioni in Honduras di fine 2017, al termine di un processo elettorale contestato).

Difensori dei diritti: le raccomandazioni al presidente Juan Orlando Hernandez

Dopo aver incontrato oltre 400 difensori dei diritti umani, Forst invita il governo – tra l’altro – a limitare le azioni giudiziarie avviate nei confronti dei difensori dei diritti umani per il loro impegno, ad assicurare indagini celeri ed imparziali nei casi di violazioni dei diritti umani dei difensori, di rendere effettiva l’avvenuta ratifica dell’accordo 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil), quello che stabilisce il diritto alla consultazione dei popoli indigeni interessati dalla realizzazione di opere e da investimenti che potrebbero pregiudicare l’ambiente in cui vivono.

Vite sempre a rischio per i difensori dei diritti umani

Il rapporto Paese dell’ufficio dell’Alto commissario Onu per i diritti dei difensori dei diritti umani ha censito almeno 43 omicidi di difensori tra il 2015 e l’ottobre del 2018, sei dei quali commessi dopo il 2017.

«Questo dato – sottolinea la relazione – rappresenta un decremento, che è in linea con la discesa del tasso di omicidi. Ciò non toglie, però, che almeno 16 dimostranti sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco da parte di pubblici ufficiali dopo le elezioni (del novembre 2017, ndr). Che almeno 76 giornalisti sono stati uccisi tra il 2001 e il 2017. Che almeno 11 difensori dei diritti di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersex sono stati assassinati tra il 2008 e l’inizio del 2018, che oltre 120 difensori della terra e dell’ambiente sono stati uccisi tra il 2010 e il 2017 e che nell’ultimo biennio sono stati registrati ben 2.137 episodi di violenza nei confronti di donne difensore dei diritti umani, sei delle quali sono state assassinate».

Prigionieri politici: chi manifesta rischia il carcere

Il “rapporto Forst” sottolinea anche i rischi connessi al codice penale in vigore, che penalizza coloro che manifestano, organizzando sit in o occupazioni di luoghi pubblici o privati. È con queste accuse, insieme a quelle di detenzione di armi e danneggiamenti di proprietà privata, che da oltre un anno è incarcerato Edwin Espinal, difensore dei diritti umani la cui famiglia ha lanciato una campagna per denunciare la persecuzione e le inique condizioni di carcerazione all’interno del Centro Penitenciario La Tolva, #FreeEdwinEspinal.

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Free Edwin Espinal from Makila, Coop on Vimeo.

Dal 20 gennaio 2018 Edwin è – nei fatti – un prigioniero politico e condivide la sua esperienza di carcerazione preventiva con Raúl Álvarez, imprigionato il 15 gennaio. Il 23 febbraio scorso il tribunale si è dichiarato incompetente a giudicare il caso. Omar Menjivar, uno degli avvocati difensori di Espinal e Alveres, ha dichiarato:

«Con questa risoluzione diventa evidente che entrambi sono stati privati della loro libertà da un giudice che non avrebbe alcun diritti a determinare il loro imprigionamento».

In Honduras, però, non vige uno Stato di diritto. E ad oggi i due restano reclusi.

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