Sud Sudan: il cessate il fuoco non tiene e precipita la situazione di crisi
La situazione è ormai fuori controllo nella capitale Giuba e nelle altre zone del Sud Sudan, in guerra da dicembre 2013. Nonostante la firma di un cessate il fuoco, nel Paese si registrano esecuzioni sommarie, raid di gruppi armati, stupri di massa. E ora anche la carestia, aggravata dalla guerra. Ecco le ultime notizie di una crisi ininterrotta
Rapimenti di civili. Raid armati. Carestia. Esecuzioni extragiudiziali. Questa è la fotografia del Sud Sudan dall’inizio del 2019, nonostante il governo del presidente Salva Kiir abbia firmato il 12 settembre 2018 ad Addis Abeba il Revitalised Agreement on the Resolution of Conflict in South Sudan (R-Arcss), un cessate il fuoco con Riek Machar, ex vicepresidente e ora leader dei ribelli.
In febbraio, l’escalation di violenze ha raggiunto il suo massimo. Riporta Fides, l’agenzia delle Pontificie Opere missionarie, che i vescovi del Sud Sudan hanno pubblicato una dichiarazione molto allarmata alla fine di un incontro di tre giorni tenutosi nella capitale dal 26 al 28 febbraio:
«Siamo estremamente preoccupati perché nonostante l’accordo di pace violenze e scontri continuano. La situazione concreta sul campo dimostra che non si stanno affrontando le cause profonde dei conflitti nel Sud Sudan», anche perché «l’attuazione dell’accordo è in ritardo». «La pace – conclude la nota dei vescovi – dovrebbe garantire beni di prima necessità e servizi alla popolazione, ma questo non sta accadendo».
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Sette condanne a morte a febbraio in Sud Sudan
Amnesty International ha denunciato che a febbraio ci sono state sette condanne di morte, una cifra che rappresenta il totale delle esecuzioni dell’anno scorso. I condannati a morte sono stati impiccati, come previsto dal codice penale del 2008. Tre dei setti appartenevano alla stessa famiglia. Nessun parente però è stato precedentemente avvertito nemmeno della condanna. L’esecuzione è avvenuta, riporta Amnesty, nella più totale segretezza.
Amnesty aveva già registrato il 2018 come anno di esecuzioni record dall’indipendenza dell’ultimo Stato nato in Africa, nel 2011. Le esecuzioni dei prigionieri condannati a morte avvengono sempre in due strutture carcerarie: la prigione centrale di Wau e quella di Giuba.
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Sud Sudan: guerra civile e insicurezza alimentare colpiscono la popolazione
Quasi 7 milioni di persone sono a rischio insicurezza alimentare, di cui 860 mila sono minori. È il dato registrato da Fao, Unicef e Programma alimentare mondiale con l’ultimo rapporto sulla Classificazione integrata delle Fasi della sicurezza alimentare, Ipc.
Secondo i risultati dello studio, le persone a rischio malnutrizione sono aumentate del 13% dal gennaio 2018. In 30 mila sono al più alto grado di insicurezza alimentare nella parte orientale e centrale del Paese (regione dei Laghi e Jonglei). Causa principale dell’impossibilità di accedere al cibo è il conflitto, che colpisce il settore agricolo, l’allevamento e l’accesso a fonti alternative di cibo.
La guerra ha ridotto in modo importante soprattutto la produzione di cereali: nel 2018 hanno sfamato il 61% della popolazione, nel 2019 sarà il 52%.
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«Le proiezioni sono allarmanti e la sicurezza alimentare continua a peggiorare. Insieme alla popolazione del Sud Sudan, dobbiamo agire con urgenza per invertire questa tendenza. La nostra priorità è sostenere le famiglie per mantenere e aumentare la loro produzione e aiutare le comunità agro-pastorali a preservare i propri mezzi di sostentamento – dichiara Pierre Vauthier, rappresentante della Fao in Sud Sudan – Se l’accordo di pace firmato lo scorso settembre sarà pienamente rispettato, la Fao potrà continuare a sostenere i rimpatriati a ricostruire i propri mezzi di sussistenza e contribuire alla ripresa della nazione».
Unicef: allarmante la situazione dei bambini in Sud Sudan
Per l’Unicef però la situazione è ancora più drammatica. Andrea Suley, rappresentante Unicef a Giuba, sostiene che il loro programma per la malnutrizione dei bambini «ha un deficit di finanziamento dell’88%, vale a dire di 55,4 milioni di dollari. Se i finanziamenti non saranno garantiti in tempo – aggiunge – i bambini che sappiamo come salvare potrebbero non farcela».
Sud Sudan: situazione politica nel caos
L’Alto commissariato Onu per i diritti umani (Unhchr) il 19 febbraio ha pubblicato un report di 22 pagine sulle indagini svolte su 175 vittime di stupro nello Stato di Unity, al confine con il Sudan.
La regione è tra le più ricche di petrolio, è in mano alle milizie fedeli a Machar, ma dallo scorso aprile ci sono frequenti irruzioni di una milizia fedele al vice presidente Taban Deng Gai, insieme con una divisione dell’Esercito sud sudanese (Sspdf) (per la storia del conflitto si veda il report di Small Arms Survey Sudan).
Questi episodi si sono verificati nonostante la tregua e rappresentano comunque un trend in diminuzione rispetto ai mesi centrali del 2018, in cui la situazione era ancora peggiore. Ci sono però diverse formazioni politiche – con conseguenti milizie ai loro ordini – che non hanno sottoscritto la tregua R-Arcss, negoziata dall’Intergovernmental Authority on Development (Igad), una sorta di comunità economico-politica degli Stati dell’area del Corno d’Africa. In particolare, l’Alleanza nazionale democratica del Sud Sudan (Ssnda) chiede che l’Igad riconosca le violenze commesse dalle milizie pro-Kiir nello Stato del fiume Yei.
Storia del conflitto in Sud Sudan
Il nodo politico che sta a monte del conflitto è che all’interno dello Stato federale nato nel 2011 ci sono motivi di contrasto che risalgono nel tempo. Ci sono contrasti etnici che si accompagnano a una lotta per l’accesso al cibo e a una più corretta suddivisione delle cariche politiche.
Questa situazione ha provocato prima di tutto una spaccatura all’interno del Movimento di liberazione del popolo sudanese (Spla), che è stato il gruppo politico – e la milizia annessa – che hanno sostenuto l’ascesa al potere di Kiir.
A seguito della scissione del Spla-io (ossia “in opposition”), c’è stata una seconda frattura tra le fazioni fedeli a Riek Machar e a Taban Deng Gai (alleato di Kiir). Intorno a questi tre nuclei principali si sono poi costruite su basi locali le alleanze con altri movimenti e milizie.
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Tra i più grossi problemi della classe dirigente del Sud Sudan c’è certamente la corruzione. I cambi di fronte delle milizie, infatti, sono spesso conseguenza di migliori offerte economiche ricevute dai loro leader.
È in questo contesto che Salva Kiir ha fatto appello alla comunità internazionale affinché mandi abbastanza aiuti economici per sostenere le spese della tregua armata, stimate in 20 milioni di dollari.
Secondo Duop Chak Wuol, direttore della South Sudan News Agency, si tratta solo di una strategia per chiedere altro denaro da spartire tra i membri dell classe dirigente che Wuol chiama Cleptocrazia.
Kiir in un discorso pubblico a febbraio ha anche dato la colpa agli Stati Uniti se la pace non è stata ancora implementata: sostiene che Washington non l’abbia riconosciuta. «Il suo principale obiettivo – scrive Wuol in un editoriale pubblicato dal Suda Tribune – è far credere ai leader dell’opposizione che la tregua sia reale, per poi colpirli come già fatto in passato».