Giornata contro le mutilazioni genitali femminili: cosa sono e perché vanno fermate

Cosa sono le mutilazioni genitali femminili, cosa prevede la classificazione dell'Oms, perché si praticano, in quale cultura trovano le loro radici e quali conseguenze provocano nei corpi e nella mente delle donne? Ne parliamo oggi, 6 febbraio, in occasione della Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili

di Giorgia Bradascio

Sunna, clitoridectomia, escissione, cucitura, circoncisione, taglio, modificazione dei genitali, diversi nomi per un solo fenomeno: le mutilazioni genitali femminili. Pratiche oscure e arcaiche che si perdono nella notte dei tempi, di cui non è facile ricostruire l’origine data la varietà delle loro forme e l’ampia e variegata diffusione geografica. Sono pratiche tradizionali particolarmente diffuse in determinate zone dell’Africa e dell’Asia, ma che, come diretta conseguenza degli spostamenti migratori, sono arrivate anche nei Paesi Occidentali. Le mutilazioni genitali femminili costituiscono una violazione dei diritti umani fondamentali sanciti in Carte internazionali: tra i tanti,  il diritto alla vita, alla salute, all’integrità psico-fisica, il diritto alla non discriminazione.

Le mutilazioni genitali femminili mutilano brutalmente e a crudo gli organi genitali esterni di giovani donne, per lo più bambine che possono avere dai pochi giorni di vita ai quindici anni.

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mutilazioni genitali femminili
Foto: Steve Evans (via Wikimedia)

Cosa sono le mutilazioni genitali femminili: classificazione e i diversi tipi di Fgm secodo l’Oms

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ricomprende nell’espressione mutilazioni genitali femminili:

«Tutte le procedure che includono la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o altre lesioni agli organi genitali femminili per ragioni culturali o altre ragioni non terapeutiche».

E individua quattro tipologie: la clitoredictomia, l’escissione, l’infibulazione e, infine, tutte le altre procedure dannose per gli organi genitali femminili eseguite per scopi non terapeutici come ad esempio punture, perforazioni, incisioni.

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Gli interventi di mutilazioni genitali femminili sono veri e propri atti medico-chirurgici realizzati da personale inesperto, privo di conoscenze mediche. Solitamente a tagliare le ragazze sono, infatti, persone del posto, levatrici tradizionali o donne anziane del villaggio che eseguono le pratiche in condizioni igieniche inesistenti, senza anestesia, utilizzando strumenti “domestici”, rudimentali, come coltelli da cucina, vetri rotti, forbici, lamette, pietre appuntite, rasoi o qualsiasi oggetto acuminato facilmente reperibile. Si capisce come ad aggravare la pratica in sé siano proprio le condizioni in cui viene eseguita.

Le conseguenze delle mutilazioni genitali femminili

La portata lesiva delle mutilazioni genitali femminili è immensa: oltre al dolore inumano causato al momento del “taglio”, esse provocano alla donna mutilata serie e dannose conseguenze sia fisiche sia psicologiche, creando complicanze anche al momento del parto, quando mettono in serio pericolo la vita della madre e del nascituro.

Secondo l’Oms, le donne che subiscono una qualunque delle forme di mutilazione sono costrette ad affrontare conseguenze sia nel breve sia nel lungo periodo. In primo luogo il dolore acuto provocato dalla lacerazione delle carni in assenza di anestesia e la perdita di sangue durante l’operazione provoca un forte shock ed emorragie che possono anche portare alla morte della ragazza e, inoltre, l’utilizzo degli stessi strumenti non sterilizzati causa infezioni e favorisce la diffusione del virus dell’Hiv.

Nel lungo periodo possono, poi, svilupparsi infezioni alla regione genitale, alle vie urinarie, problemi mestruali, dolore durante i rapporti sessuali, calcoli e altre conseguenze che possono arrivare a provocare una vera e propria disabilità fisica permanente.

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mutilazioni genitali femminili
Sposa bambina siriana – Foto @UNICEF

I danni della mutilazione su salute mentale e psicologica

Le conseguenze delle mutilazioni genitali femminili non si ripercuotono però solo sul corpo della donna e sulla sua salute fisica, ma incidono anche sulla sua salute mentale e psicologica. La brutalità e la penosità dell’intervento subito, scioccano le bambine e le giovani donne in maniera indelebile, costringendole a vivere con un perenne senso di angoscia e paura.

Una donna mutilata non è una donna come tutte le altre, la sofferenza e il dolore del “taglio” forgiano il suo spirito e il suo aspetto in maniera irreversibile.

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mutilazioni genitali femminili
Un quadro di Roberta Stifano

Perché si praticano le Mgf? Il significato per cultura e società

Dietro tali pratiche si celano complesse motivazioni sociali e culturali legate ad un’ideale di appartenenza, di bellezza, di crescita, di costruzione dell’identità, di ingresso “nel mondo delle donne”. Mutilare una bambina serve innanzitutto a definire la sua identità di donna, come se essere nata con connotati biologici femminili non fosse sufficiente. Per questo intervengono questi riti di passaggio: sono loro a dover attribuire alla persona la sua identità, indicandogli cosa è e deve essere.

Sono strumenti di costruzione identitaria, “atti di magia sociale” che trasformano la sessualità biologica in una costruzione culturale necessaria per definire l’appartenenza di genere, per distinguere il femminile dal maschile, l’uomo dalla donna.

Essere mutilata significa altresì essere accettata: è la porta d’ingresso attraverso cui entrare nella propria comunità. Non sottoporsi significherebbe condannarsi all’emarginazione e alla ripulsa, e, di conseguenza, perdere quell’insostituibile risorsa che è l’appartenenza comunitaria. L’essere “tagliata” diventa un simbolo di appartenenza al gruppo, una “ferita simbolica”.

Inoltre, una donna mutilata ha una bellezza e un valore notevolmente superiore rispetto ad una donna “integra”: nessun uomo si sognerebbe di sposare una donna con i genitali intatti perché considerata “sporca”, impura.

Mutilazioni genitali femminili di madre in figlia

Ecco perché le donne che l’hanno subita continuano a sottoporvi le proprie figlie, per garantire loro un futuro; è una consuetudine, tramandata di generazione in generazione, di madre in figlia secondo una ripetizione sistematica. Quando una mamma decide di sottoporre la propria figlia ad intervento mutilatorio non lo fa per punizione o per cattiveria, ma per il bene della propria bambina, pensandolo come un profondo gesto d’amore, perché è meglio stringere i denti e soffrire piuttosto che correre il rischio di essere escluse per sempre e vivere una vita da emarginate.

Mutilazione: strumento di sottomissione della donna

In una società in cui la donna ha rivestito da sempre un ruolo di inferiorità rispetto all’uomo, le mutilazioni genitali femminili costituiscono anche uno strumento di sottomissione femminile: servono a controllare la donna, il suo corpo, la sua sessualità, la sua libertà decisionale.

Le mutilazioni degli organi genitali femminili eliminano ogni forma di desiderio e di piacere sessuale nelle donne, servono a frenare gli impulsi sessuali fino a renderle manichini nelle mani dei loro uomini. Se la donna non prova piacere durante il rapporto sessuale, non avrà desiderio e resterà fedele. Il rapporto sessuale sarà solo e soltanto un dovere coniugale e la donna adempierà a quello che costituisce il suo compito primario: gratificare l’uomo.

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mutilazioni genitali femminili
Foto: © UNICEF Ethiopia, 2016, Martha Tadesse (via Flickr)

Mutilazione genitale femminile: non solo Africa

Le mutilazioni genitali femminili sono pratiche tradizionali molto diffuse in Africa e in alcuni Paesi del Medio Oriente e che, in seguito ai flussi migratori, si stanno diffondendo sempre di più anche nei Paesi occidentali. La società mutliculturale e globalizzata in cui viviamo ci pone dinanzi delle realtà, tra cui le stesse mutilazioni genitali femminili, che non possiamo far finta di non vedere solo perché lontane anni luce da noi e dalla nostra cultura. Riguardano donne lontane ma anche donne che vivono accanto a noi, che incrociamo ogni giorno per strada, con cui adiamo a scuola, giochiamo, cresciamo e lavoriamo.

È importante capire e far capire che la mutilazione è violazione. È violazione dei diritti umani e, ancor prima, della donna nella sua essenza. È violazione del diritto alla vita, del diritto alla libertà e alla sicurezza personale, del diritto alla salute, sia fisica che mentale, e all’integrità fisica; è violazione del diritto a non subire violenze, a non essere sottoposti a trattamenti disumani e degradanti. Ed è violazione del diritto alla non discriminazione. Tutti diritti solennemente proclamati in Carte internazionali e sovranazionali.

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mutilazioni genitali femminili
Donna vittima di Mgf in Etiopia – Foto: ©UNICEF Ethiopia/2014/Tsegaye (via Flickr)

Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili

È necessario squarciare il silenzio che ha avvolto per troppo tempo, e che avvolge tuttora, questo fenomeno ed è importante farlo con i giusti toni e le giuste posizioni, spogliandosi dei pregiudizi e delle false credenze, nel rispetto delle donne vittime di tali pratiche, della loro sensibilità e dignità.

È necessario dar voce alle 200 milioni di donne vittime di mutilazioni genitali femminili, non consapevoli che ciò che sono costrette a subire è una violazione dei diritti umani più fondamentali, nonché la forma più cruenta di violenza contro le donne.

È necessario diffondere il messaggio che esse sono pratiche disumane e dannose, assolutamente non necessarie, che mettono in serio pericolo la vita delle donne e la loro salute.

È necessario creare informazione, educare uomini e donne, padri e madri, fargli comprendere i molteplici rischi a cui espongono le loro bambine nel momento in cui decidono di farle circoncidere, fargli comprendere l’irreparabile danno che le infliggono.

È necessario avvicinarli all’idea che una donna può essere bella e fedele anche con il corpo integro.

È necessario iniziare le donne all’amore e al rispetto, non al dolore.

Abolire le mutilazioni genitali femminili sarebbe un bel passo verso la tutela delle donne e dei loro diritti più fondamentali. Occorre educare al cambiamento per far sì che il cambiamento avvenga; quello della lotta alle mutilazioni genitali femminili è un processo lungo e articolato, ma non è impossibile.

Mutilazioni genitali femminili: come avviene l’intervento*

Secondo una nuova analisi diffusa il 6 febbraio 2020 dall’Unicef, circa una ragazza su quattro tra quelle che hanno subito mutilazioni genitali femminili, ha subito la mutilazione da parte di personale sanitario. La percentuale è doppia tra le adolescenti: il 34% delle vittime di Mgf di età compresa tra i 15 e i 19 anni d’età, infatti, è stato sottoposto a mutilazioni genitali femminili medicalizzate, contro il 16% delle vittime tra i 45 e i 49 anni d’età. Il documento è stato pubblicato in occasione della Giornata internazionale di Tolleranza Zero per le Mutilazioni Genitali Femminili.

«Le mutilazioni autorizzate dal medico sono sempre mutilazioni. I professionisti sanitari formati che eseguono le Mgf violano i diritti fondamentali, l’integrità fisica e la salute delle ragazze. Medicalizzare la pratica non la rende sicura, morale o difendibile», ha dichiarato il direttore generale dell’Unicef, Henrietta Fore.

«La medicalizzazione delle Mgf – o qualunque altra Mgf eseguita da qualsiasi categoria di operatori sanitari, in una clinica pubblica o privata, a casa o altrove – è estremamente comune in Egitto e Sudan, ad esempio, dove quasi 8 ragazze su 10 sono state mutilate dal personale medico», scrive ancora il fondo Onu per l’infanzia.

I pericoli delle Mgf medicalizzate sono stati messi in evidenza dalla morte di una dodicenne in Egitto il mese scorso, suscitando l’indignazione e la condanna internazionale da parte delle Nazioni Unite e del governo egiziano. L’Egitto ha vietato la pratica nel 2008 e ha aumentato la pena per la pratica nel 2016.

«Le mutilazioni genitali femminili mettono in pericolo la salute delle donne e delle ragazze e possono comportare conseguenze fisiche, psicologiche e sociali a lungo termine. Mentre la percentuale delle mutilazioni genitali femminili in tutto il mondo è in calo rispetto a tre decenni fa, nel mondo vivono almeno 200 milioni di ragazze e donne che hanno subito mutilazioni genitali femminili nei 31 paesi con dati disponibili, e 68 milioni di ragazze sono a rischio entro il 2030. Solo nel 2020, oltre 4 milioni di ragazze in tutto il mondo sono a rischio di essere mutilate», conclude il comunicato Unicef.

*L’articolo è stato aggiornato dalla redazione di Osservatorio Diritti, in questa ultima parte, il 6 febbraio 2020

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