Palestina: l’esercito d’Israele usa erbicidi pericolosi sui campi di Gaza

Nuovo fronte di tensione tra Palestina e Israele. L'esercito di Tel Aviv, infatti, è accusato di lanciare pericolosi erbicidi sulla Striscia di Gaza attraverso aerei presi in affitto. Secondo diverse ong, in questo modo si mette in pericolo la salute delle persone e le coltivazioni. Israele sostiene invece che le sostanze siano state spruzzate nei propri confini

L’esercito israeliano è stato accusato di aver irrorato con pericolosi erbicidi i campi agricoli all’interno della Striscia di Gaza all’inizio di dicembre 2018. Questo il motivo che ha spinto tre organizzazioni per i diritti umani, Gisha, Adalah e Al Mezan, a indirizzare una lettera al primo ministro israeliano Benjamin Netanyhau, all’avvocato generale militare Sharon Afek e al procuratore generale Avichai Mandelblit, nella quale si chiede l’immediata e urgente sospensione della continua somministrazione di pesticidi nelle zone limitrofe e interne alla Striscia.

Nel documento, disponibile in inglese ed ebraico, le ong evidenziano come questa pratica sia altamente distruttiva sia per le coltivazioni, sia per la salute degli agricoltori e degli abitanti di quelle terre. «Sottolineiamo che la diffusione aerea costituisce una misura distruttiva che contravviene sia alla legge internazionale, sia a quella israeliana», scrivono gli attivisti.

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Glifosato tra Israele e Palestina

La sostanza chimica spruzzata dagli aerei affittati dall’esercito israeliano, il glifosato (commercializzato con il marchio Roundup dalla Monsanto, gruppo Bayer), è stata dichiarata come “probabile cancerogeno” per l’uomo dalla Iarc, agenzia internazionale per la ricerca sul cancro sotto l’egida dell’Organizzazione mondiale della sanità. La pericolosità della sostanza aumenta se somministrata per via aerea a causa della diffusione nell’aria, ulteriore rischio per la salute delle persone nelle zone limitrofe.

La denuncia delle ong è stata ripresa anche da altre organizzazioni, tra cui l’israeliana Ichad, il Comitato israeliano contro le demolizioni delle case, e la statunitense Imeu, l’Istituto per la comprensione del Medio Oriente, che hanno condiviso il comunicato stampa sulle rispettive pagine social dando ulteriore risalto alla notizia.

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La denuncia di Haaretz e il parere della Croce Rossa

La giornalista israeliana Amira Hass si è occupata del caso dei pesticidi pubblicando, nel luglio del 2018, un lungo articolo sul quotidiano Haaretz nel quale sono riportate alcune testimonianze di residenti palestinesi e della Croce Rossa, operante all’interno della Striscia di Gaza. Nell’articolo si legge come il ministero della Difesa israeliano e le forze di difesa insistano sul fatto che l’irrorazione, effettuata da compagnie legalmente riconosciute dallo Stato, avvenga sul territorio israeliano. I regolamenti di volo, infatti, impediscono di sorvolare il territorio di Gaza.

Nel 2015 anche diversi cittadini israeliani del kibbutz di Nahal Oz avevano inviato una richiesta di risarcimento per i danni subiti dai terreni, pari a circa 20 mila euro. In seguito alla trattativa con il ministero della Difesa, il kibbutz ha ricevuto un risarcimento di circa 15 mila euro (61.900 nis).

La giornalista sottolinea come il materiale spruzzato, contente glifosato, ossifluorfen e diurion, non riconosca il limite politico segnato dalla barriera e venga trasportato dal vento in profondità dentro la Striscia. Inoltre, la Croce Rossa ha dichiarato all’Haaretz di aver osservato danneggiamenti alle colture palestinesi fino a 2,2 km dal confine con Israele e di aver riscontrato la contaminazione, appurata con analisi chimiche effettuate in un laboratorio israeliano, di alcuni pozzi di irrigazione entro un chilometro dalla barriera. La Croce Rossa ha riscontrato come il danno vada oltre l’aspetto economico, rappresentando un rischio di vasta portata anche e soprattutto per la salute degli abitanti di Gaza.

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Un villaggio nei pressi di Ramallah – Foto: @Irene Masala

Palestina-Israele: gli agricoltori della Striscia di Gaza

Nel 2016 alcuni contadini palestinesi avevano inviato una richiesta di risarcimento allo Stato di Israele per i danni subiti dalle colture e dai terreni in seguito alla somministrazione aerea di erbicidi. Le ong Adalah, Gisha e Al Mezan avevano chiesto un’indagine da parte israeliana per conto di Ibrahim Abu Ta’aymeh, agricoltore di spinaci di Khan Younis, inviando un calcolo dettagliato di danni per circa 3 mila dollari.

Il portavoce delle forze di difesa israeliane (Idf) aveva dichiarato anche in quell’occasione che l’irrorazione aerea di inibitori della germinazione era stata condotta lungo la zona, ma dalla parte israeliana della barriera e usando agenti chimici standard consentiti anche da altri Paesi per impedire la crescita di vegetazione infestante. Con questa motivazione è stata negata ogni richiesta di risarcimento e ogni ulteriore indagine sull’accaduto.

Le ragioni di sicurezza di Israele

Il quotidiano online israeliano 972mag aveva sollevato la questione già 2015, quando funzionari palestinesi di Gaza avevano accusato per la prima volta Israele di aver danneggiato oltre 420 ettari di coltivazioni con gli erbicidi. L’Idf aveva confermato di aver somministrato erbicidi lungo la zona di confine con Gaza per facilitare le operazioni di sicurezza dell’esercito in quell’area.

Da anni lo Stato di Israele ha demarcato unilateralmente, per ragioni di sicurezza nazionale, zone di non intervento, denominate “Access Restricted Areas” (Ara), all’interno della Striscia di Gaza, lungo il perimetro della barriera col territorio israeliano. Stando al rapporto stilato dalla ong israeliana Gisha e alla risposta fornita dal portavoce dell’esercito israeliano, questa zona cuscinetto sarebbe di 300 metri dalla barriera per i residenti e di 100 metri per gli agricoltori.

Ciò che le fonti militari israeliane non hanno chiarito ai giornalisti è il principio in base al quale riescono a distinguere tra agricoltori e abitanti, tra civili e combattenti. Questa distinzione, sottolinea il gruppo israeliano B’Tselem in un rapporto sul tema dei pesticidi, è alla base del diritto internazionale e del diritto umanitario.

Inoltre, le restrizioni di accesso posso variare in base a particolari necessità contingenti: nel 2008, per esempio, in seguito alla rottura di un accordo di tregua tra Hamas e Israele i limiti si sono estesi fino a 1-1,5 km, circa il 17% dell’intero territorio della Striscia di Gaza e il 35% delle aree fruibili per uso agricolo.

Dal punto di vista israeliano, questa zona cuscinetto è essenziale affinché l’esercito riesca a contrastare eventuali attacchi e infiltrazioni da parte palestinese. L’irrorazione farebbe infatti parte di una serie di azioni intraprese per consentire l’esposizione dell’area che ricopre un’elevata importanza operativa per la sicurezza della regione e di Israele. La scelta di questo tipo di soluzione, secondo il portavoce dell’Idf, è stata fatta dopo svariati tentativi con altri mezzi per disboscare l’area perimetrale vicina alla barriera, senza però ottenere risultati soddisfacenti.

Mappa della Striscia di Gaza

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