Rotta balcanica: migranti respinti e violenze tra Bosnia, Croazia e Slovenia
«Ci hanno fatto stendere a terra e ci hanno preso le scarpe. Ho provato a riprenderle, ma mi hanno picchiato con un manganello: due, tre volte»: è una delle testimonianze raccolte ai bordi dell'Europa, nella nuova rotta balcanica, dove un report denuncia violenze e respingimenti illegali contro i migranti da parte della polizia tra Bosnia, Croazia e Slovenia
Continuano le espulsioni sommarie dei migranti ai confini dell’Unione europea. Tra Bosnia, Croazia e Slovenia, infatti, sono stati 23 i respingimenti senza processo, documentati dall’inizio alla fine dello scorso dicembre. Lo dicono le associazioni Balkan Info Van, No Name Kitchen e Sos Team Kladusa che hanno redatto il report Respingimenti illegali e violenza al confine attraverso le testimonianze di sessantacinque persone respinte in Bosnia-Erzegovina, dopo aver tentato di attraversare la Croazia e, in alcuni casi, la Slovenia.
Le parole riportate nel documento descrivono le pratiche violente e irrispettose dei diritti umani delle forze di polizia di questi due paesi membri dell’Ue: sacchi a pelo e borsoni dati alle fiamme, scarpe e affetti personali requisiti, pestaggi. Sono alcune delle condotte della polizia croata e slovena denunciate dai migranti in transito attraverso i paesi balcanici.
A esserne vittime, uomini e donne provenienti da Algeria, Marocco, Pakistan, Afghanistan, Siria, Yemen, Iraq, Bangladesh, Egitto che a dicembre hanno tentato, o ritentato, il doloroso the game, lo scaramantico nome dato ai pericolosi tentativi dei migranti di raggiungere l’Unione europea sfuggendo alle maglie e ai controlli della polizia.
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Migranti sulla rotta balcanica alla vigilia di Natale
Era questo l’obiettivo anche dei tre giovani algerini che da uno dei punti caldi della rotta balcanica, la città di Bihac, nel nord-ovest della Bosnia-Erzegovina, sono partiti a piedi il 23 dicembre. In Croazia sono arrivati la mattina successiva, con varie ore di cammino notturno attraverso le zone boschive tra i due paesi.
Alla mattina della vigilia di Natale erano fermi, in attesa, alla stazione dei bus di Plitvička Jezera, quando sono apparse le uniformi dei poliziotti croati. Poche cerimonie e manette ai polsi, i tre algerini sono dovuti salire sul furgone bianco con le strisce blu delle forze dell’ordine croate diretto al commissariato più vicino. Qui i poliziotti, secondo le informazioni raccolte dagli attivisti, hanno ignorato e deriso le richieste di presentare domanda d’asilo.
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I tre algerini dovevano solo aspettare: quattro ore, prima di essere condotti al confine bosniaco-croato. Ad attenderli nel buio c’erano altri uomini con il volto coperto e gli occhiali notturni:
«Ci hanno fatto stendere a terra e hanno preso le nostre scarpe. Ho provato a riprenderle, ma mi hanno picchiato con un manganello: due, tre volte», dice uno dei ragazzi algerini intervistato.
Dalla polizia croata, in quei momenti, i tre algerini hanno ricevuto indietro anche i cellulari sequestrati in precedenza. Quasi una presa in giro, visto quello che sarebbe accaduto di lì a poco, stando ai loro racconti. «Siamo stati picchiati così duramente da aver perso la nostra borsa di plastica», racconta un altro, che sotto i colpi dei poliziotti croati ha dovuto abbandonare denaro, il suo cellulare e quello dell’amico, oltre a braccialetti e collane.
Alla fine li hanno lasciati liberi, ma in Bosnia, di nuovo, al freddo e senza scarpe. Infine, il giorno dopo, un uomo li ha visti e ha dato loro delle calzature di emergenza. Sono arrivati al campo di Velika Kladusa, l’altra città che insieme a Bihac è al centro delle rotte migratorie dopo l’apparente chiusura della rotta balcanica del marzo 2016 a seguito dell’accordo tra Unione europea e Turchia.
Espulsioni e violenze: migranti tra Bosnia e Croazia
Respingimenti illegali, intimidazioni e violenze nei confronti dei migranti, da più di un anno sono all’ordine del giorno lungo la rotta balcanica. Non più attraverso la Serbia e l’Ungheria, ma attraverso Bosnia prima e Croazia poi. Lo dicono i dati, raccolti a partire da maggio 2017 lungo il confine e pubblicati nel documento Violenza al confine sulla rotta balcanica da Balkan Info Van, No Name Kitchen e Sos Team Kladusa: in un anno e mezzo, fino allo scorso dicembre, sono state 356 le espulsioni, singole o collettive, operate dalla polizia croata, prima verso la Serbia e poi, a partire da giugno 2018, verso la Bosnia-Erzegovina.
Le denunce di violenze fisiche sono quasi raddoppiate, mentre sono più che quadruplicati i casi di intimidazione verbale e triplicati i furti ai danni dei migranti. A esserne vittime, secondo il report, sono soprattutto «giovani uomini in viaggio senza le loro famiglie», pestati dopo aver espresso il desiderio di chiedere asilo in Croazia o dopo aver provato a difendere i propri diritti di fronte ai poliziotti.
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Ma anche famiglie con donne e bambini che, dopo giorni di attesa del trafficante di turno in qualche località sperduta della Croazia, vengono scoperti dalle guardie di confine e rispediti al punto di partenza con violenze e intimidazioni. Per tutti loro, il destino è sempre lo stesso: espulsioni sommarie senza un giusto processo che, scrivono nel rapporto, «sono diventate, seppur non ufficialmente, una parte delle politiche migratorie delle nazioni europee».
Le ong e le autorità: racconti diversi sulla rotta balcanica
Contro il modo di agire della polizia croata si era schierata a metà dicembre anche l’ong Human Rights Watch, che aveva criticato le espulsioni sommarie e le violenze di cui sono vittime i migranti irregolari scoperti all’interno del territorio croato. «La Croazia ha l’obbligo di proteggere richiedenti asilo e migranti», aveva detto la ricercatrice e avvocata Lydia Gall. «Invece, la polizia croata li picchia selvaggiamente e li espelle oltre confine».
Era quanto emergeva dalle interviste realizzate dalla ong a venti migranti espulsi e maltrattati dalla polizia croata, il cui contenuto è stato confermato anche dal video pubblicato su Twitter dall’organizzazione Border Violence Monitoring.
BVM is publishing new footage confirming the long existing suspicion of #HumanRightsViolations against #Refugees at external #EU #border between #Bosnia and #Croatia@DavorBozinovic @EU_Commission
See our statement here: https://t.co/z5NXvVeTDM …
#PushbacksAreIllegal pic.twitter.com/LQa4VdfvrN— Border Violence Monitoring (@Border_Violence) 16 dicembre 2018
Accuse che il ministro degli Interni croato, Davor Božinović, ha respinto con decisione, sostenendo che «nessun abuso di potere nei confronti dei migranti è stato registrato finora». Parole che non sembrano aver rassicurato del tutto la Commissione europea che, in risposta a un’interrogazione di 22 europarlamentari sulle violenze della polizia croata, ha dichiarato di essere «in contatto con la Croazia per quanto riguarda l’attuazione del sistema europeo comune di asilo, anche in relazione alle accuse di maltrattamento di cittadini di paesi terzi e la mancanza di possibilità di chiedere asilo». Per questo, «la Commissione continuerà a monitorare da vicino la situazione».