Diritti umani in Italia: la pagella dell’Università di Padova

Gestione dei flussi migratori, violenza sulle donne, sovraffollamento. Sono alcuni dei temi passati al setaccio dal centro diritti umani dell'Università di Padova nell'Annuario diritti umani 2018, che individua carenze e violazioni su questo tema da parte dell'Italia. «Si assiste a politiche regressive sul fronte dei diritti umani»

«L’azione dell’Italia per l’attuazione dei diritti umani non brilla e anzi, in alcuni ambiti, come quello dell’immigrazione e della gestione dei flussi di profughi e potenziali richiedenti asilo, si assiste a politiche regressive sul fronte dei diritti umani». È partendo da questa affermazione che il Centro di ateneo per i diritti umani Antonio Papisca dell’Università di Padova bacchetta l’Italia nel suo Annuario italiano dei diritti umani, giunto all’ottava edizione.

Un’analisi che arriva proprio nel 2018, anno di ricorrenze importanti, come il 70esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani e il 20esimo della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani. E proprio oggi, 10 dicembre, ricorre la Giornata mondiale dei diritti umani.

«Abbiamo parlato di ripartenza, analizzando i diritti umani in Italia nel 2017 – afferma il professor Paolo De Stefani, dell’Università di Padova, che ha coordinato l’Annuario – ma la verità è che dovremmo parlare di scarsa dinamicità».

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Italia nel Consiglio per i diritti umani dell’Onu

«La lettera di candidatura dell’Italia poteva essere scritta dieci anni fa». L’affermazione del professor De Stefani è senza mezzi termini e si riferisce alla lettera di candidatura dell’Italia presentata a febbraio al presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite in vista dell’elezione a membro del Consiglio per i diritti umani dell’Onu per il periodo 2019-2021. Elezione che di fatto è poi avvenuta, con 180 voti a favore (il mandato diventerà operativo il 1° gennaio 2019).

La lettera di candidatura dell’Italia cita, a sostegno della propria domanda, alcuni successi conseguiti sul fronte delle politiche nazionali, sottolinea l’Annuario. Si pensi ai piani nazionali d’azione su “Imprese e diritti umani” e “Donne, pace e sicurezza“, ma anche all’introduzione del reato di tortura nel codice penale, senza dimenticare l’adozione della legislazione sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso.

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Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (foto: wikipedia)

«Si tratta tuttavia – si legge nel report – di azioni che vedono la luce a rilevante distanza di tempo dalle relative raccomandazioni e assunzioni di impegno. Conseguenza di questa situazione è una sensazione di scollamento tra la realtà rappresentata dalle compressioni, riduzioni e vere e proprie violazioni dei diritti, e le risposte date dalle istituzioni».

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Diritti umani violati in Italia: la condizione delle donne

Una delle problematiche emerse nell’Annuario sul fronte dei diritti umani per il 2017 è il tema che lega drammaticamente la condizione della donna al fenomeno della violenza, tanto che l’Annuario vi ha dedicato anche un focus iniziale. Analizzando anche la giurisprudenza, l’Università di Padova ha rilevato chiaramente che anche in Italia esiste una discriminazione sistematica verso le donne, che hanno difficile accesso alla protezione, così come capita in paesi come Turchia, Bulgaria e Moldavia. «Anche l’Italia – afferma il professor De Stefani – si presenta come un paese in cui la discriminazione e il tema della violenza verso le donne si affermano prepotentemente».

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A sostegno di questa tesi, l’Annuario cita su tutte la sentenza Talpis del marzo del 2017, nella quale «la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che le autorità italiane hanno fallito nel proteggere la ricorrente e suo figlio dagli episodi di violenza perpetrati dal marito, culminati nella morte del figlio e nel tentato omicidio della stessa ricorrente, non essendo queste intervenute in maniera tempestiva in relazione alle richieste di aiuto della donna».

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La Corte europea dei diritti umani ha quindi deliberato che c’è stata una violazione dell’articolo 2 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, ovvero il diritto alla vita, per quanto riguarda la morte del figlio della signora Talpis e il tentato omicidio della stessa. E dell’articolo 3, ovvero il divieto di trattamenti inumani o degradanti, riguardo il fallimento delle autorità nel loro obbligo di proteggere la donna dagli atti di violenza domestica.

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Violazione dei diritti umani: il tema dei profughi

Il tema dei profughi e richiedenti asilo è caldo e ostico per l’attuazione dei diritti umani in Italia. Tanto che nell’Annuario si riporta la lettera scritta nel’ottobre 2017 dal Commissario del Consiglio d’Europa indirizzata all’allora ministro dell’Interno Marco Minniti riguardo alle operazioni marittime dell’Italia nelle acque territoriali della Libia per la gestione dei flussi migratoria. «Una gestione – afferma il professor De Stefani – in qualche modo stigmatizzata dal Commissario perché rischiava di essere un’infrazione da parte dell’Italia».

Entrando nel dettaglio, il Commissario, dopo aver notato che consegnare i migranti alle autorità libiche potrebbe sottoporli a un rischio reale di tortura o trattamenti o pene inumane o degradanti, invita il Governo italiano a chiarire il tipo di aiuto che prevede di fornire alle autorità libiche nelle acque territoriali della Libia e le forme di tutela messe in atto per evitare rischi per le persone intercettate o soccorse da navi italiane in acque libiche. Il Commissario richiede anche informazioni relative alle misure tese a garantire che le operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, incluse quelle condotte da attori non-governativi, continuino ad essere effettuate in modo efficace e sicuro.

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Isola di Lesbo – Foto: IOM / Amanda Nero 2015

Ma non mancano – e l’Annuario lo evidenzia – anche esperienze-pilota di valore, come l’iniziativa dei corridoi umanitari, una sinergia tra organismi di società civile e realtà comunitarie e di volontariato, accompagnata dalle istituzioni dello Stato, per rendere possibile l’arrivo in Italia in condizioni di legalità e di sicurezza individui e famiglie provenienti da aree di conflitto che beneficeranno, una volta in Italia, della protezione internazionale.

«Si tratta del secondo accordo – si legge nel report – siglato dopo quello del 2015, che ha consentito l’ingresso in Italia di oltre mille persone provenienti dal Libano, prevalentemente di nazionalità siriana. Il nuovo accordo consentirà l’ingresso di altre mille persone dal Libano e di 500 persone dall’Etiopia; in questo secondo caso, rifugiati e richiedenti asilo provenienti da Eritrea, Somalia e Sudan».

Diritti non rispettati: legge anti-discriminazione carente

Nel corso del 2017 l’Italia è stata esaminata dal Comitato dei diritti civili e politici. Gli argomenti trattati sono svariati, così come svariate si presentano le carenze del nostro Paese. «Manca ad esempio – rileva il professor De Stefani – una legislazione organica in materia di non discriminazione».

Tra queste – ha rilevato il Comitato – la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere. Tanto da invitare l’Italia a «riconsiderare la legislazione pertinente, per valutare la possibilità di consentire alle coppie dello stesso sesso di adottare bambini, compresi i figli biologici di uno dei partner della coppia, e per assicurare la stessa protezione legale ai bambini che vivono in famiglie dello stesso sesso rispetto a quelli che vivono in famiglie eterosessuali. Il Governo dovrebbe inoltre intensificare gli sforzi per combattere la discriminazione, l’incitamento all’odio e i crimini d’odio contro le persone Lgbt».

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Manifestazione per i diritti dei gay

L’attenzione è rivolta anche ai discorsi d’odio e discriminazione razziale. Il Comitato chiede al nostro Paese di assicurare che tutti i casi di violenza a sfondo razziale siano sistematicamente sottoposti a indagini, che i perpetratori siano perseguiti e puniti e che venga fornito un adeguato risarcimento alle vittime.

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Foto: Stephanie Gengotti (da report Associazione 21 luglio)

Più in particolare, per ciò che riguarda la comunità rom, sinti e camminanti, l’Italia è invitata a dare piena attuazione alla Strategia nazionale di inclusione e adottare tutte le misure possibili per evitare lo sgombero forzato dei membri di tali comunità e, in caso di sgomberi, assicurare che le comunità godano di protezione legale e siano dotate di alloggi alternativi adeguati.

Carceri: una storia di sovraffollamento

Altro tema evidenziato dall’Annuario è quello del sovraffollamento delle carceri. «Nonostante la promettente riduzione del fenomeno riscontrata nel biennio 2014-2015 – si legge nel rapporto – dovuta all’introduzione di una molteplicità di misure, tra cui alcune volte a limitare il ricorso alla detenzione penale tout-court, il rapporto tra persone detenute e capienza degli istituti penitenziari è ritornato a crescere, come puntualmente evidenziato, tra gli altri, dal Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa nel suo più recente rapporto sull’Italia».

In generale, si raccomanda all’Italia di affrontare il tema del sovraffollamento e quella viene espressamente definita sovra-rappresentazione degli stranieri nelle carceri, anche conducendo uno studio sulla discriminazione nei confronti degli stranieri nei procedimenti penali e sviluppando misure alternative alla detenzione.

diritti umani in italiaSu questo punto il Comitato per la prevenzione della tortura raccomanda alle autorità italiane di adoperarsi per garantire che gli standard minimi stabiliti dal Comitato stesso: 6 metri quadrati di spazio per celle singole, esclusi i servizi sanitari, e 4 metri quadrati per detenuto in celle multiple. Misure che dovrebbero essere applicate in modo sistematico in tutte le carceri italiane.

Al capitolo maltrattamenti, infine, il Comitato raccomanda che sia trasmesso al personale di custodia il messaggio che i maltrattamenti fisici, l’uso eccessivo della forza e l’abuso verbale contro i detenuti non sono comportamenti accettabili e saranno sanzionati.

«Inoltre, secondo il Comitato – si legge nel report – il personale delle carceri dovrebbe essere posto sotto una supervisione più attenta da parte dell’amministrazione penitenziaria e ricevere una formazione speciale sulle tecniche di controllo e di confinamento dei detenuti con tendenze suicide o autolesioniste».

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