Diritti Lgbt in Africa: in Tanzania è caccia ai gay
La legge che viola i diritti Lgbt in Tanzania definisce "reati innaturali" i rapporti omosessuali. Una tra le norme più severe al mondo, con pene che arrivano all'ergastolo. Il commissario regionale di Dar es Salaam ha istituito una task force per arrestare i membri della comunità Lgbt. E si registrano frequenti abusi da parte delle forze di polizia
Una task force di sorveglianza per identificare e arrestare i membri della comunità Lgbt e le lavoratrici del sesso in Tanzania. A dare l’annuncio sulla televisione nazionale e in radio è stato il commissario regionale di Dar es Salaam, Paul Makonda, che ha avvertito che anche chi non ha denunciato una persona arrestata per omosessualità sarebbe stato punito.
“Reati innaturali“: li definisce così i rapporti omosessuali il Codice penale della Tanzania. Sono definiti esplicitamente reati – a dispetto di una Costituzione che dal 1977 garantisce il diritto all’uguaglianza e proibisce la discriminazione basata su genere e sesso – con tanto di pena detentiva di un minimo di 20 anni fino all’ergastolo.
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Una legge, retaggio coloniale, che pone la comunità di lesbiche, gay, bisessuali e transgender (Lgbt) in Tanzania di fronte a ostilità, pregiudizi, discriminazioni, minacce di sanzioni penali, esclusione sociale, molestie e violenza.
E l’annuncio di Makonda, pronunciato l’ottobre scorso, pone oggi anche i difensori dei diritti umani che difendono i diritti delle comunità Lgbt e della comunità dei lavoratori in Tanzania di fronte al pericolo di arresto, aggressione fisica e violenza sessuale in detenzione.
Diritti Lgbt: in Tanzania istituita task force anti-gay
Circa 19 mila messaggi dove vengono menzionati circa 300 persone presumibilmente Lgbt. È l’effetto che ha avuto l’annuncio del commissario regionale Paul Makonda di istituire una task force di sorveglianza per identificare e arrestare i membri della comunità Lgbt e le lavoratrici del sesso.
Davanti ai media nazionali, in conferenza stampa, Makonda ha illustrato piani precisi per radunare i sospetti gay e sottoporli ad esami anali forzati e terapia di conversione, affermando che tutti i gay della città sarebbero stati cacciati e arrestati, perché «a Dar es Salaam – sono state le parole con cui Makonda ha scatenato il panico – l’omosessualità non è un diritto». E subito dopo l’invito ai cittadini di denunciare i sospetti omosessuali alla polizia.
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Un annuncio infuocato, di fronte al quale, pochi giorni dopo, il governo centrale, per bocca del ministero delle Affari esteri, ha preso le distanze:
«La proposta di campagna anti-gay da parte del Commissario regionale Paul Makonda rappresenta la sua opinione e non la posizione del governo. Il ministero si impegna a continuare a rispettare e proteggere i diritti umani internazionalmente riconosciuti».
Gli attivisti di Human Rights Watch, tuttavia, lo stesso giorno in cui il governo centrale ha preso le distanze da Makonda, hanno riferito che la polizia aveva arrestato persone a Zanzibar per accuse di omosessualità.
«È incoraggiante che il governo della Tanzania si sia impegnato a rispettare i suoi obblighi in materia di diritti umani – ha dichiarato Neela Ghoshal, ricercatrice per i diritti Lgbt presso Human Rights Watch – Ma la dichiarazione fornirà un freddo conforto alle persone Lgbt in Tanzania se le autorità continueranno a sottoporle a arresti e discriminazioni arbitrari».
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Anche Amnesty International, ha rivelato che dieci uomini erano stati arrestati con l’accusa di essere gay sull’isola tanzaniana di Zanzibar dopo che la polizia ha ricevuto una “soffiata” in merito a un matrimonio omosessuale in atto.
«Questo è un colpo scioccante dopo l’assicurazione del governo tanzaniano che nessuno sarebbe stato preso di mira e arrestato a causa del proprio effettivo o presunto orientamento sessuale e identità di genere – ha detto Seif Magango, vicedirettore di Amnesty International per l’Africa orientale, il Corno e i Grandi Laghi – Questo orribile attacco al popolo tanzaniano, che esercita semplicemente i propri diritti umani, mostra il pericolo di una retorica incendiaria e discriminatoria ai livelli più alti del governo».
L’arresto dei dieci uomini è avvenuto quando la polizia ha fatto irruzione in una festa a Pongwe Beach, a Zanzibar. Gli uomini sono stati trattenuti presso la stazione di polizia di Chakwa a Unguja, arrestati per aver presumibilmente condotto un matrimonio gay. La polizia ha dichiarato di aver trovato gli uomini seduti a coppie “due a due”.
«È sconvolgente che il semplice atto di sedersi in coppia – ha detto Seif Magango – possa assumere proporzioni criminali. La polizia non ha chiaramente motivi per presentare accuse contro questi uomini in tribunale, nonostante il loro arresto».
Diritti Lgbt in Africa: legge discriminatoria in Tanzania
Arrestati per il solo fatto di essere omosessuali e sottoposti a esami anali forzati per provare l’orientamento omosessuale, un trattamento crudele definito come forma di tortura anche dall’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani e dalla Commissione africana sui diritti dell’uomo e dei popoli. La legge che criminalizza la comunità Lgbt in Tanzania è tra le più severe al mondo. Le pene detentive non scendono al di sotto dei 20 anni e si spingono fino all’ergastolo, ai sensi dell’articolo 154 del codice penale. L’accusa? “Rapporti carnali contro l’ordine della natura”.
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E ancora: ai sensi dell’articolo 157 del codice penale, è punibile con un massimo di cinque anni di reclusione qualsiasi persona di sesso maschile, che sia in pubblico sia in privato, commetta un atto di grave indecenza con un’altra persona di sesso maschile. La grave indecenza è definita come “qualsiasi atto sessuale che sia più che ordinario, ma non adeguato e può includere masturbazione e contatto fisico indecente o comportamento indecente senza alcun contatto fisico”. E il consenso non è una difesa per nessuno di questi reati e non viene fatta alcuna distinzione riguardante l’età nel testo della legge.
Norme anti-Lgbt e gli abusi della polizia
Abusi, violenza pubblica e discriminazione nell’accesso ai servizi sanitari. È quanto documentato da Human Rights Watch e una coalizione tanzaniana di gruppi che lavorano con minoranze sessuali in una relazione del 2013. Una situazione che sembra essere migliorata nei due anni successivi, con i servizi per l’Hiv aperti anche alla comunità Lgbt, politici e funzionari di polizia aperti al dialogo e la formazione di nuove organizzazione, tra cui diversi rappresentanti di persone transgender.
E un nuovo passo indietro è stato fatto nel dicembre 2015, con l’elezione del presidente Jonh Magafuli. Gli attacchi alle autorità sui diritti sono stati accompagnati da leggi repressive, molestie e arresti di giornalisti, membri dell’opposizione e critici, mentre i progressi in materia di salute e diritti Lgbt sono stati invertiti. La polizia ha fatto irruzione – sostiene Human Rights Watch – nei seminari sulla salute e sui diritti umani rivolti alle minoranze sessuali e di genere, arrestando arbitrariamente i partecipanti, hanno radunato sospetti omosessuali per le strade, sottoponendoli a esami anali forzati. Senza dimenticare la chiusura delle cliniche sanitarie gay-friendly.
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La Tanzania è parte del Patto internazionale sui diritti civili e politici; è a questo che si appella il comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite dichiarando che gli arresti basati sull’orientamento sessuale violano i diritti alla privacy e alla non discriminazione.
La Tanzania, inoltre, è parte del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali che protegge il diritto al più alto livello possibile di salute e proibisce la discriminazione nell’accesso a questo diritto basato sull’orientamento sessuale.
Diritti Lgbt in Africa: la situazione dei difensori dei diritti
L’inasprimento del clima repressivo, iniziato con la campagna di Makonda, mette a rischio anche la vita dei difensori dei diritti umani, che sono costretti a nascondersi. La loro situazione, durante gli arresti di massa, è particolarmente critica, poiché la polizia assalta sessualmente la stragrande maggioranza delle persone Lgbt e delle lavoratrici del sesso. Spesso, l’aggressione sessuale perpetrata dalla polizia avviene per strada, durante le prime ore di arresto.
Delle oltre 80 persone Lgbt e operatori del sesso intervistate da Front Line Defenders a giugno 2018, tutte tranne due sono state violentate sessualmente dalla polizia. La maggioranza, inoltre, è stata duramente picchiata; molti sono stati sottoposti a trattamenti degradanti e inumani.
Secondo quanto riporta l’ong, almeno un arresto di massa di persone lesbiche e gay si è verificato a Zanzibar, dove sono detenute 22 persone senza diritto a un avvocato. Attacchi contro presunti omosessuali per strada sono stati girati in diverse regioni, tra cui Dar Es Salaam, Zanzibar e Kilimanjaro.