
Cop 24: conferenza Onu sul clima e Ue alle prese col carbone della Polonia
Alla Cop 24 delle Nazioni Unite per la lotta ai cambiamenti climatici che si apre il 3 dicembre a Katowice, in Polonia, l'Europa si presenta come leader delle politiche sul clima. Ma non potrà nascondere il fiume di soldi che dalle sue banche va a finanziare progetti legati alle energie fossili
È un appuntamento fondamentale per la lotta ai cambiamenti climatici, ma la Conferenza internazionale Onu sul tema (Cop 24) si terrà a Katowice, la capitale polacca dell’inquinante carbone. Non solo: a finanziare l’energia fossile, in Polonia ma anche altrove, arrivano risorse dalle banche dell’Unione europea. Così l’Europa da una parte alla Cop24 punterà a presentarsi come leader dell’azione per il clima, ma dall’altra non potrà nascondere i finanziamenti a quelle fonti di energia che gli scienziati raccomandano di ridurre al minimo per contenere il riscaldamento globale.
L’organizzazione internazionale Bankwatch, che monitora i progetti finanziati con soldi pubblici, ha più volte denunciato i prestiti concessi dalla Banca europea degli investimenti (Eib) e dalla sua partecipata, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Ebrd) a società che estraggono o bruciano carbone. Entrambe si professano a favore dell’energia sostenibile, ma i loro finanziamenti vanno di fatto contro le politiche della stessa Europa per un’economia a basse emissioni di CO2. E la Polonia, che ricava l’80% della propria energia dal carbone, è tra i beneficiari di questo fiume di soldi.
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I confini poco chiari dei finanziamenti Eib e Ebrd
Sia l’Eib che l’Ebrd stanno al momento rivendendo i criteri per decidere gli investimenti nel settore energetico. La prima è la banca dell’Ue e ha come azionisti i 28 stati membri, mentre la seconda è partecipata della Eib e da 67 Paesi del mondo. Le linee guida già in atto raccomandano di dare priorità a impianti a basso impatto ambientale, ma un’analisi di Bankwatch evidenzia come le fonti fossili abbiano ottenuto dalle due istituzioni finanziarie ingenti risorse.
Tra il 2013 e il 2017, infatti, se la Eib ha destinato alle rinnovabili 18,4 miliardi di euro, ha finanziato l’energia ad alte emissioni di CO2 con altri 11,8 miliardi.
«Contrariamente ai suoi obiettivi dichiarati, la Eib sta perpetuando l’uso dei combustibili fossili, in particolare in diversi Paesi Ue», spiega da Bankwatch Anna Roggenbuck.
Sia direttamente, finanziando specifici progetti, sia indirettamente, destinando sì capitali a iniziative a basso impatto ambientale, ma realizzate da società che concentrano la loro attività sulle fonti fossili e si rafforzano grazie ai soldi europei.
Fiumi di soldi per il gas
Uno dei settori più finanziati è quello del gas. La sua combustione è meno impattante sull’ambiente rispetto al carbone, ma il gas naturale rimane una fonte non rinnovabile e il suo utilizzo libera CO2 nell’atmosfera. Per la modernizzazione delle reti del gas naturale, la Eib ha stanziato 10,4 miliardi di euro tra il 2007 e il 2012 e altri 8,3 miliardi tra il 2013 e il 2017. A questi vanno aggiunti altri 2,8 miliardi stanziati di recente per la Trans Adriatic Pipeline e Trans Anatolian Pipeline, due segmenti del Southern Gas Corridor voluto da Bruxelles per garantire una fornitura costante al vecchio continente.
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L’Europa aiuta il carbone, nonostante gli obiettivi verdi
Ancora più inquinamento atmosferico genereranno i 3,9 miliardi di euro prestati dalla Eib tra il 2013 e il 2017 a società che ancora producono una parte significativa della loro energia dal carbone e che hanno in programma di costruire nuove centrali a carbone. Secondo Bankwatch, tra queste figurano «Energa, Tauron e Pge in Polonia, Endesa in Spagna, Ppc in Grecia e Cez in Repubblica Ceca».
Di pari passo, la Ebrd ha prolungato prestiti senza condizioni a società con le stesse caratteristiche. Vedi il caso della Serbia, dove i capitali della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo vengono usati dalla società elettrica pubblica Eps per nuove miniere e centrali a carbone.
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Cop 24: lotta al climate change nel Paese del carbone
A Katowice dal 3 al 14 dicembre prossimi i rappresentanti di oltre 190 governi del mondo si riuniranno per decidere le regole di attuazione dell’accordo sul clima di Parigi sottoscritto nel 2015. Un risultato storico che però deve essere messo in pratica concretamente.
L’appuntamento sarà fondamentale per monitorare l’impegno degli stati nella lotta al clima, ma si terrà in un Paese dove miliardi di euro delle due banche Ue sono andati a finanziare aziende energetiche a partecipazione statale che non ne vogliono sapere di dire addio all’energia sporca.

La Polonia punta sull’energia sporca
Tra queste ci sono Energa, Enea e Pge. Le prime due hanno deciso nel 2016 un investimento congiunto per costruire la nuova centrale a carbone di Ostrołęka C. Nello stesso anno, sia Energa che Pge hanno investito ciascuna 115 milioni di euro nel nuovo Polish Mining Group, la maggiore società di estrazione di carbone a livello europeo.
Pge, inoltre, nel 2017, secondo Bankwatch, ha ridotto del 44% la quota di risorse destinata alla rinnovabili rispetto all’anno precedente, mentre al momento sta investendo in produzione di energia dal carbone.
Il gruppo chimico Azoty, anch’esso partecipato dallo stato polacco, a gennaio 2018 ha annunciato la costruzione di un nuovo impianto a carbone dopo aver ottenuto un mutuo da 145 milioni di euro dalla Eib: il prestito ha l’obiettivo dichiarato di finanziare investimenti e attività di ricerca e sviluppo, ma l’annuncio del progetto a poche settimane dall’accordo tra Azoty e la banca europea potrebbe sollevare qualche dubbio sulla reale destinazione delle risorse. Scrive Anna Roggenbuck in un recente commento:
«La nostra analisi ha messo in luce che su un totale di 1,5 miliardi di euro di mutui prolungati dalla Eib alle società elettriche polacche tra il 2013 e il 2017, meno dell’1% è stato destinato alla capacità energetica rinnovabile o al miglioramento della rete per le energie pulite».

Clima: emissioni di CO2 in aumento
Così, i soldi provenienti dalle due banche apparentemente creano sviluppo, ma nel lungo termine alimenteranno danni all’ambiente e alla salute dei cittadini, e rafforzeranno il rischio per i Paesi di arenarsi in un sistema energetico basato sul carbone, date le ingenti somme investite che non permettono di tornare indietro facilmente e rapidamente.
Come racconta un recente rapporto di Bankwatch, nel caso di Energa, per esempio, il carbone rappresenta al momento il 52% della sua capacità complessiva, ma questa quota è destinata ad aumentare con l’entrata in funzione di Ostrołęka C, prevista per il 2024. Il risultato, secondo Bankwatch, sarà che le emissioni generate dagli impianti Energa si moltiplicheranno di oltre tre volte tra il 2017 e il 2030, passando da circa 2 a oltre 7 milioni di tonnellate di CO2.
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