Filippine: la guerra all’Isis non è ancora vinta a Marawi

A un anno dalla fine ufficiale dei combattimenti tra il governo delle Filippine e affiliati locali dell'Isis, la città di Marawi è ancora in ginocchio. Migliaia di famiglie non possono rientrare nelle proprie case e si registrano ancora attacchi e attentati nel sud del Paese

da Chiang Mai (Thailandia)

Il 17 ottobre di un anno fa, dopo quasi cinque mesi di duri combattimenti, il presidente delle Filippine Rodrigo Duterte dichiarava Marawi libera dagli islamisti dello Stato Islamico. I terroristi del gruppo Maute e Abu Sayyaf, due gruppi locali affiliati all’Isis, con l’obiettivo di creare il primo Califfato nel sud-est dell’Asia, avevano preso il controllo della città nell’isola ribelle di Mindanao all’alba del 23 maggio 2017.

La guerra ha provocato oltre mille morti e quasi 400 mila sfollati. Ma ancora oggi, a dodici mesi dalla fine del conflitto, Marawi è una città fantasma, distrutta, non del tutto bonificata dalle trappole esplosive lasciate dai jihadisti e dagli ordigni inesplosi, inclusi quelli lanciati dall’aviazione filippina durante i tanti bombardamenti messi in atto per sconfiggere le bandiere nere.

Dopo la guerra Filippine-Isis, vietato tornare a Marawi

Più di 27 mila famiglie, che non possono tornare nella loro città, vivono nei centri di evacuazione forniti dal governo e dalle associazioni umanitarie nella vicina Iligan, a circa 40 chilometri da Marawi, o sono ospitate da loro parenti. E il ritorno alla normalità non sembra essere vicino: le autorità stimano che la ricostruzione di infrastrutture e abitazioni non avverrà prima del 2020/2022. Forse, anche più tardi.

«È da un anno che la nostra città è stata liberata, ma ancora noi non sentiamo veramente questa liberazione», ha spiegato Drieza Abato Lininding, responsabile del Bangsamoro National Movement for Peace (Bnmp), un’organizzazione della comunità locali. «Nonostante il governo ci abbia promesso la ricostruzione delle nostre case, viviamo ancora nelle tendopoli e in rifugi temporanei».

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Rodrigo Duterte, presidente delle Filippine

I timori degli abitanti di Marawi

Ma non solo. Un’altra paura per gli sfollati di Marawi è che la città possa diventare un centro militare o una nuova Makati, ovvero il distretto finanziario più importante delle Filippine, modificando di fatto il loro stile di vita. Secondo Lininding il governo non avrebbe ancora avuto significative consultazioni pubbliche con la gente del posto.

«Abbiamo bisogno – ha ribadito il leader Bnmp – che i residenti colpiti siano ascoltati sin dalla pianificazione dei progetti, in modo che le istituzioni possano rispettare le nostre convinzioni religiose e culturali».

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Le promesse del governo di Rodrigo Duterte

Il governo, intanto, continua a promette una riedificazione al più presto. «Gli sforzi per ricostruire dalle macerie della guerra una Marawi migliore saranno presto in grado di realizzarsi», ha detto dal palco il portavoce del presidente Salvador Panelo, durante le celebrazioni dell’anniversario della liberazione che si sono svolte il 17 ottobre scorso. «Chiediamo quindi a tutti di continuare a sostenere pienamente le iniziative del governo», ha aggiunto.

Dagli Usa nuovi finanziamenti all’area di Marawi

Lo stesso giorno, l’ambasciatore statunitense nelle Filippine Sung Kim ha annunciato di aumentare i finanziamenti al Marawi Response Project, un programma di assistenza del governo americano per le comunità colpite dal conflitto.

«Il governo degli Stati Uniti condivide la preoccupazione del governo filippino per i bisogni economici, sociali, sanitari e educativi del popolo di Marawi e dei comuni limitrofi, per questo abbiamo deciso di alzare i fondi», ha affermato Kim.

Ricostruzione nell’isola in mano a joint venture cinese

Bangon Marawi (Rialzati Marawi) – la task force creata dal governo per guidare la ricostruzione della città – aveva presentato dei progetti di una società filippina, ma nel giugno scorso non sono stati approvati e sono stati cancellati. Ora sembrerebbe che gran parte della riedificazione dovrebbe essere eseguita dal Bangon Marawi Consortium (Bmc), una joint venture guidata dalla Cina.

Tra le imprese – nove in tutto, cinque cinesi e quattro filippine – si trova la China State Construction Engineering Corporation Limited, una società gestita direttamente dal governo di Pechino che, in termini di entrate, è la più grande azienda di costruzioni al mondo. Il contratto, che ha un valore di 17,22 miliardi di peso filippini, circa 328 milioni di dollari, però, non risulta ancora ufficialmente assegnato.

Nel sud delle Filippine continuano attacchi e attentati

Intanto nel sud delle Filippine si continua a morire ammazzati. Combattimenti tra i vari gruppi locali che hanno promesso fedeltà allo Stato Islamico e l’esercito di Manila avvengono di continuo in diverse parti dell’isola. Anche gli attentati non mancano.

L’ultimo è datato 31 luglio, quando un’autobomba è esplosa in un posto di blocco militare a Lamina. L’ordigno ha provocato la morte di undici persone, tra cui cinque uomini delle truppe governative e un bambino di soli 10 anni. E la paura è quella che i jihadisti possano provare nel breve termine a fare un nuovo attacco in stile Marawi.

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