Elezioni Brasile: Bolsonaro appoggia la violenza di Stato
Il numero di persone uccise da polizia ed esercito nello stato di Rio de Janeiro batte tutti i record storici. Eppure Jair Bolsonaro, candidato e favorito alle elezioni in Brasile del 2018, sostiene che «il poliziotto che non ammazza non è un poliziotto». Domenica si vota per il secondo turno. A sfidare Bolsonaro è Fernando Haddad
Il numero di morti ammazzati da polizia e militari nello stato di Rio de Janeiro supera per la prima volta nella storia quota mille. Da gennaio a settembre, infatti, sono state ben 1.181 le persone cadute vittime dei colpi di arma da fuoco esplosi dalle forze di sicurezza carioca. Un 2018 che sarà ricordato dunque, comunque vada da oggi fino a fine dicembre, come l’anno più letale nella storia dello stato di Rio.
E se i cittadini, le ong e le associazioni per la difesa dei diritti umani leggono questi dati con preoccupazione, la pensa diversamente il candidato di estrema destra e super-favorito al secondo turno delle elezioni presidenziali del Brasile, che si terranno domenica 28 ottobre. Jair Messiah Bolsonaro – che sfiderà Fernando Haddad, il “sostituto” di Lula in queste per il Partito dei lavoratori – propone infatti di rafforzare il pugno duro delle forze dell’ordine. Tanto da aver espresso più volte la convinzione che «il poliziotto che non ammazza non è un poliziotto», proponendo encomi per i poliziotti più “letali”.
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Elezioni Brasile 2018: Bolsonaro pensa a dare «sicurezza giuridica» a polizia ed esercito
Il conservatore Bolsonaro, ex militare nostalgico della dittatura e apertamente a favore della tortura, è noto per le sue posizioni radicali nel campo della sicurezza pubblica e come sostenitore della tolleranza zero da parte di polizia e forze armate. Nel suo programma di governo, insieme ad altre misure, Bolsonaro propone l’esclusione della responsabilità penale per i poliziotti che uccidono nel corso delle proprie attività.
L’obiettivo di questa sorta di “depenalizzazione” è far sì che i poliziotti non siano puniti nel caso in cui dovessero uccidere qualcuno durante un confronto armato. Secondo il piano di governo presentato dal candidato, «bisogna dare certezza che, nell’esercizio della propria attività professionale, i poliziotti siano protetti da una rete di sicurezza giuridica».
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Secondo diversi analisti, questa misura potrebbe provocare un’ulteriore impennata di violenza in un periodo segnato da una crisi in campo della sicurezza e in un paese nel quale gli standard storici di efficacia investigativa e certezza della pena sono già estremamente bassi. Al momento, infatti, la protezione per i poliziotti arriva quasi sempre all’impunità. Dei circa 64 mila omicidi che si registrano nel paese, è realmente investigato solo tra il 5 e l’8 per cento del totale. E nel caso in cui l’omicidio sia commesso da un poliziotto in servizio le percentuali di investigazione crollano più giù.
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Rio de Janeiro: con i militari aumenta la violenza
La stragrande maggioranza delle morti è stata registrata nell’ambito di operazioni condotte nelle favelas carioca, oggetto di una rinnovata guerra al narcotraffico, rilanciata dalle istituzioni a partire lo scorso febbraio. Da otto mesi a questa parte, infatti, in città è stato disposto un intervento militare federale che ha esautorato le strutture ordinarie di pubblica sicurezza, affidando tutte le prerogative a un generale dell’esercito. Una decisione annunciata lo scorso gennaio dal presidente brasiliano uscente, Michel Temer, come misura straordinaria necessaria per riprendere il controllo della pubblica sicurezza alla deriva.
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Dall’inizio dell’intervento guidato dal generale Walter Braga Netto, messo a capo di un mini esercito da 170 mila unità, le statistiche indicano un peggioramento della situazione. Sia quanto a morti tra innocenti e forze dell’ordine, sia come numero di denunce di violazioni dei diritti umani.
Tanto che l’intervento è stato duramente criticato da un gruppo di ong composto da Amnesty International, Conectas, Justiça Global, Redes da Maré e dall’Osservatorio sull’Intervento, che giudicano la misura: incostituzionale, per aver esautorato le strutture di polizia, espressione dello stato democraticamente eletto; poco trasparente, a causa della gestione fumosa del miliardo e 200 milioni di real stanziato; origine di violazioni dei diritti umani, legate all’arbitrarietà dell’azione dei militari. Un effetto, quest’ultimo, che proviene anche della fisiologica inadeguatezza dell’esercito nello svolgere funzioni proprie della polizia.
I numeri sembrano sostenere questa tesi. La soglia psicologica delle “quattro cifre”, che ha già portato il 2018 in cima alla classifica della violenza, è stata superata in agosto, quando si sono avuti 175 morti in un solo mese. Un record all’interno del record, risultando il mese con il maggior numero di morti per mano delle forze di sicurezza di sempre. In aumento del 150% rispetto allo stesso mese del 2017. Complessivamente, paragonato allo scorso anno, quando i casi registrati nei primi sette mesi furono 643, l’aumento nel 2018 è stato del 39,2 per cento.
Brasile: favelas carioca colpite da lunga scia di violenza
In un dossier di denuncia preparato dall’Osservatorio sull’intervento militare e basato sui numeri forniti dallo stesso Istituto di pubblica sicurezza dello stato, sono elencate una cinquantina di omicidi di civili, oltre 6.000 sparatorie e una lunga serie di denunce di abusi di militari ai danni soprattutto di residenti delle baraccopoli. Una delle azioni più sanguinose è stata organizzata in agosto nelle favelas del Complexo do Alemão e da Penha e nel Complexo da Maré. Blitz che ha visto la mobilitazione di oltre 4.000 militari e finito con la morte di otto persone: cinque sospetti, due poliziotti e un militare.
Le istituzioni hanno iniziato a raccogliere i dati sugli omicidi commessi dalle forze di sicurezza nel 1998. Ebbene, nei primi sette mesi del 2018 si sono contati gli stessi morti avuti nei primi quattro anni della serie storica messi insieme: 926 casi.
Che il trend fosse in crescita, del resto, lo si è visto già negli ultimi 4 anni: nel 2013, anno del record positivo, le morti causate dalla polizia erano state 415. Nel 2014 si era saliti a 584, nel 2015 a 645 e nell’anno delle Olimpiadi addirittura a 925. Nel 1998 solo il 5,7% delle morti era da imputare alla polizia. Dei 4.133 assassinii complessivi registrati tra gennaio e luglio 2018, invece, questa percentuale è schizzata al 21,7 per cento. Appena un anno prima, nel 2017, era del 16,4 per cento.
Se si considera il solo dato della città di Rio de Janeiro, scorporato da quello del resto dello Stato, inoltre, la percentuale sale a 26,4 per cento. Questo significa dunque che più di un omicidio su 4 nella città è causato dalle forze di sicurezza.
Sono da segnalare, peraltro, anche i 172 tra poliziotti militari e civili, e militari delle forze armate, morti in servizio nei primi nove mesi dell’anno.
Diritti umani: le ong denunciano il Brasile all’Onu
L’Osservatorio sull’intervento militare e le ong Amnesty International, Conectas, Justiça Global e Rede da Maré hanno presentato le proprie critiche all’Onu, in occasione della 39ma sessione del consiglio dei Diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, partecipando al dibattito su «militarizzazione della Pubblica Sicurezza: l’intervento federale di Rio de Janeiro, le esecuzioni extragiudiziali e rischi per i difensori dei diritti umani». Lo scopo era quello di mettere in allerta le istituzioni e la stampa internazionale sulle violazioni dei diritti umani e l’aumento dei livelli di violenza a Rio, per rivelare l’inefficienza del modello adottato. Gli scontri tra fazioni, milizie e forze di sicurezza, si sono intensificati, portando a registrare i record statistici sotto ogni voce.
«La militarizzazione e l’uso frequente delle forze armate non riducono il crimine e provocano ancora una serie di violazioni dei diritti umani», ha affermato Renata Neder, coordinatrice della ricerca per il Brasile di Amnesty International.
Camila Asano, coordinatrice dei programmi Conectas, ha sottolineato che l’intervento è incostituzionale e «parte di una logica di guerra per affrontare la questione della sicurezza pubblica, che ha difetti strutturali in Brasile e la cui soluzione sta in investimenti in politiche pubbliche di base come istruzione e sanità, nonché iniziative che promuovono la depenalizzazione della droga, il controllo delle armi e la riforma della polizia».
Allo stesso tempo, sottolineano le organizzazioni, c’è una carenza di azioni di intelligence in grado di smantellare gruppi criminali non violenti e iniziative dedicate ad affrontare il problema storico della corruzione della polizia.