Elezioni Brasile 2018: sondaggi e candidati alla prova dei diritti umani

Cosa pensano i candidati alle elezioni in Brasile del 7 ottobre 2018 in materia di diritti umani? Osservatorio Diritti analizza le proposte di Bolsonaro, Haddad (sostituisce Lula), Marina, Ciro e Alckmin - i più avanti nei sondaggi - quanto a diritti Lgbti, diritto alla terra, donne, aborto, ambiente

Domenica 7 ottobre i brasiliani votano per scegliere il prossimo presidente della Repubblica. Una corsa elettorale incerta, in cui spuntano di continuo odio e intolleranza. E a cui partecipano 13 candidati, tra i quali appena due donne. In questo contesto, è utile cercare di capire che cosa propongono i candidati alla presidenza del Brasile sui diritti umani. Anche perché i “temi sensibili” sul piatto sono tanti: aborto, Lgbti-fobia, diritto alla terra dei popoli indigeni e dei quilombola (gli afrodiscendenti), ambiente. Giusto per fare qualche esempio.

I sondaggi sulle intenzioni di voto alle elezioni in Brasile

Per fare un po’ di chiarezza, Osservatorio Diritti ha provato ad analizzare il tema dei diritti umani nelle proposte politiche pubblicate nel sito della Giustizia Elettorale dai cinque candidati che hanno più possibilità di vittoria secondo le opinioni di voto raccolte nell’ultimo sondaggio dell’Istituto Brasiliano di Opinione e Statistica (l’Ibope, una sorta di Istat brasiliana).

Elezioni Brasile: chi sono i candidati alle presidenziali

Tre candidati rappresentano la sinistra e sono ex ministri di Lula: Marina Silva all’Ambiente, Ciro Gomes all’Integrazione nazionale e Fernando Haddad all’Educazione. Marina, che appartiene alla Rete (nome del partito), è evangelica e ha un passato di lotta al lato di Chico Mendes; Ciro, del Partito Democratico Laburista, è stato anche governatore della regione del Cearà; Haddad, ex sindaco di San Paolo, è stato scelto dal Partito dei lavoratori per occupare il posto che Lula ha dovuto lasciare a causa della condanna per corruzione e riciclaggio.

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Sul fronte opposto, ci sono il centrista Geraldo Alckmin del Partito della Socialdemocrazia Brasiliana, attuale governatore della regione di San Paolo. E il polemico candidato della estrema destra, Jair Bolsonaro, del Partito Social-Liberale. Chiamato anche il “Trump brasiliano”, con le sue venature fasciste si trova in testa ai sondaggi.

A sinistra Haddad al posto di Lula, a destra Bolsonaro

Se da una parte Haddad vuole creare un Sistema Nazionale dei Diritti Umani, Bolsonaro pensa proprio di bandire tutto quello che ruota intorno a questo tema. Tanto che se verrà eletto, per esempio, ha già dichiarato che «farà uscire il Brasile dell’Onu, visto che l’ente non serve a nulla». La sua affermazione è arrivata alle orecchie di Zeid Reid al-Hussein, che fino ad agosto occupava il posto di Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani . E Al-Hussein ha reagito dichiarando al giornale O Estado de S.Paulo che Bolsonaro rappresenta «un pericolo» per la popolazione brasiliana.

Elezioni presidenziali Brasile 2018: donne in piazza

Sabato 29 settembre migliaia di donne sono scese in piazza in tutto il Brasile per dire «no a Bolsonaro, no al fascismo». Il movimento #EleNão (#LuiNo) è nato su Facebook da un gruppo di donne e, nel giro di appena tre settimane, ha raccolto 4 milioni di iscritte.

Il gruppo mira a impedire l’ascesa di Bolsonaro alla presidenza. E visto che il voto è obbligatorio in Brasile, anche tanti brasiliani all’estero hanno aderito alla protesta. Ci sono state manifestazioni in 63 città in giro per il mondo: Roma, Milano, Berlino, Buenos Aires, Parigi, Londra, New York, Bruxelles, Lisbona, Madrid.

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Jair Bolsonaro – Foto: Fabio Rodrigues Pozzebom / Agencia Brasil (via Flickr)

Le elezioni presidenziali in Brasile prevedono un doppio turno (si voterà di nuovo il 28 ottobre). La proposta di questo movimento, dunque, è votare, in quell’occasione, qualunque candidato che andrà al ballottaggio con Bolsonaro, che sia Haddad o Ciro.

Elezioni Brasile ottobre 2018: genere e Lgbti

Pochi lo sanno, ma questo è un anno speciale per il movimento Lgbti brasiliano, che festeggia 40 anni di lotta. Nonostante questa storica presenza, secondo un rapporto dell’autorevole Grupo Gay di Bahia (Ggb), il Brasile è il paese che più uccide Lgbti al mondo: 1 ogni 19 ore. Nel 2017 sono state ammazzate 445 persone, 30% in più rispetto all’anno precedente, che aveva già registrato 343 omicidi. Di fronte a questa situazione, quattro dei cinque candidati hanno proposto delle politiche pubbliche specifiche per la popolazione Lgbti.

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newsletter osservatorio dirittiDai cinque programmi di governo considerati, utilizzando il filtro dei diritti Lgbti e sulla parità di genere si nota che quello di Marina si impegna a garantire il rispetto e il pieno esercizio della cittadinanza da parte delle persone Lgbti e pone come priorità le azioni specifiche per frenare l’alto tasso di omicidi e violenze fisiche contro di loro.

Sostengono la stessa posizione i candidati Alckmin e Ciro Gomes. Il primo prevede un patto nazionale per la riduzione della violenza. Ciro, a sua volta, propone l’approvazione degli statuti sulla famiglia e sulla diversità e l’accesso specifico della popolazione Lgbti ai servizi sociosanitari. Vuole anche includere nel Piano nazionale di educazione la lotta contro tutte le forme di pregiudizio, che si tratti di razza, etnia, sesso, orientamento sessuale e/o identità di genere.

Tanto Ciro quanto Haddad hanno intenzione di criminalizzare la Lgbti-fobia. Haddad vuole anche implementare un programma di concessione di borse di studio nell’istruzione primaria e secondaria per travestiti e transessuali in situazioni di vulnerabilità.

Bolsonaro, invece, non ha proprio citato la parola Lgbti nel suo programma di governo. Ex militare dell’esercito, apertamente omofobo, non riconosce nemmeno la popolazione Lgbti. Per lui «un figlio è gay per mancanza di botte».

I candidati alle elezioni 2018 su donne e aborto

L’aborto è uno dei principali problemi di salute pubblica femminile in Brasile, dove l’interruzione di gravidanza è reato ed è consentita solo in tre casi: gravidanza conseguente allo stupro; rischio di morte della donna; feto anencefalico. Nonostante il divieto, ogni anno 850 mila donne abortiscono clandestinamente. La pena per chi abortisce va da uno a tre anni. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni due giorni una donna muore vittima di un aborto illegale nel paese.

Malgrado questa realtà, la maggioranza dei candidati si è dimostrata contraria alla legalizzazione dell’aborto. Bolsonaro ha affermato in uno dei dibattiti che «se il Congresso approvasse l’aborto, lui metterebbe il veto».

Nonostante Marina sia evangelica e contro l’aborto, lei propone un plebiscito per decidere che cosa fareNel suo programma sono previste politiche di incentivo al “parto umanizzato”. Sul tema, Ciro Gomes promette condizioni legali e risorse per la cessazione di gravidanza quando si verifica in modo legale. Il candidato vuole anche combattere la “violenza ostetrica”, con il rafforzamento di programmi che incoraggino il parto naturale. E anche se ha un posizionamento in generale contrario all’aborto, durante un’intervista al quotidiano spagnolo El Pais dell’agosto 2017, Ciro aveva ribadito che «il corpo appartiene alla donna, non è una questione di stato, quindi l’aborto è un problema di salute pubblica».

Il programma di Haddad propone «la promozione della salute integrale delle donne per il pieno esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi e il rafforzamento di una prospettiva inclusiva, non sessista, non razzista e non discriminatoria». Oltre a questo, vuole pari opportunità, uguaglianza salariale nel mondo del lavoro e incoraggiamento della produzione scientifica e tecnologia al femminile.

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Fernando Haddad – Foto: Wilson Dias ABr (via Wikimedia)

Tanto Ciro, quanto Marina e Haddad, sostengono la parità di retribuzione tra uomini e donne quando occupano la stessa posizione lavorativa.

Diritto a terra: indigeni e afrodiscendenti nei programmi dei partiti candidati alle elezioni in Brasile

Il programma di governo di Haddad promuove la dignità umana e il diritto alla terra, al territorio e alla cultura della campagna, della foresta e dell’acqua. Così come prevede la riforma agraria, di dare la proprietà delle terre ai quilombolas (gli afrodiscendenti) e di delimitare quelle indigene. Oltre a questo, intende affrontare la violenza sul campo articolando le agenzie, i governi statali e municipali e la società civile per combattere l’impunità e proteggere la vita dei difensori dei diritti umani.

Alckmin afferma di voler adottare politiche a favore delle popolazioni nere e indigene, garantendo pari opportunità. Sulla stessa linea, il candidato Ciro Gomes si impegna a stabilire politiche rivolte ai discendenti afro. Marina, inoltre, intende promuovere la regolarizzazione della terra e agire nella risoluzione dei conflitti sul campo e nella demarcazione delle terre indigene e dei quilombolas. Inoltre, promette di attuare azioni per favorire indagini e punizioni efficaci delle violazioni dei diritti umani di queste comunità e del riconoscimento della cultura di diversi popoli.

Riguardo alle popolazioni indigene e ai discendenti degli schiavi, Bolsonaro ha dichiarato che se avesse vinto le elezioni non avrebbe demarcato nessun’altra terra indigena. «Se assumo la carica di presidente della Repubblica, non ci sarà un ulteriore centimetro per la demarcazione». Nell’aprile 2017, il candidato della estrema destra ha detto anche che cancellerà tutte le riserve indigene e le comunità di quilombola se sarà eletto.

Politiche ambientali e sviluppo sostenibile

Per quanto riguarda l’ambiente, i candidati parlano dell’energia rinnovabile, ma non indicano cosa fare per salvare la foresta Amazzonica. Ciro Gomes intende investire nel turismo sostenibile e creare modelli di sviluppo per le aree vulnerabili, oltre a stimolare l’adozione di energie rinnovabili, nonché creare strategie per ridurre la deforestazione e definire modi per tassare chi inquina.

L’ex sindaco di San Paolo, Haddad, promette invece di investire in moderne tecnologie verdi e nella gestione sostenibile delle risorse idriche. Il suo obiettivo è quello di ridurre la deforestazione e le emissioni di gas serra, oltre a sostenere la regolamentazione delle grandi aziende agricole per mitigare i danni sociali e ambientali. Per questo motivo, la riforma agraria è al centro del piano del governo, così come la promozione dell’agricoltura familiare.

Marina, dal canto suo, vuole utilizzare l’esercito per difendere i confini con lo scopo di proteggere l’ambiente, in modo particolare dalla “bio-pirateria”. L’ex ministro dell’Ambiente di Lula intende anche incoraggiare un’agricoltura che non causi danni socio-ambientali e l’agricoltura familiare.

Alckmin, a propria volta, intende prestare particolare attenzione alla gestione dell’Amazzonia a causa del bioma condiviso con le nazioni amiche. Secondo lui, l’ambiente e lo sviluppo sostenibile sono attraenti per il paese. Il candidato promette di conciliare lo sviluppo con la conservazione dell’ambiente.

Infine, Bolsonaro vuole unificare i ministeri dell’Ambiente e dell’Agricoltura e ridurre il termine per ottenere le licenze ambientali a un massimo di tre mesi.

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