Ebola: l’epidemia del virus colpisce duro nel Congo in guerra
Cento morti e 155 bambini rimasti senza nessuno. Sono le prime conseguenze di una epidemia di ebola in corso nella Repubblica Democratica del Congo, Paese già provato dalla guerra. Esiste un vaccino sperimentale, ma il virus continua a colpire e in Africa il contagio per ora non si ferma
A inizio agosto un comunicato dell’ong Medici senza frontiere denunciava una nuova epidemia di ebola nella Repubblica democratica del Congo, nelle regioni del Kivu. Detto in un altro modo: un’epidemia di un virus letale nel contesto di guerra del Congo.
E oltre ai gravi problemi di salute, sono già comparse a cascata importanti ricadute sociali: secondo un comunicato diffuso pochi giorni fa dall’Unicef, sono già stati identificati 155 bambini rimasti orfani o non accompagnati proprio a causa della diffusione del virus nell’area. Ragazzi e ragazze che hanno perso uno o entrambi i genitori, o le persone che se ne prendevano cura, oppure che rimarranno soli finché i loro parenti resteranno in isolamento nei centri di cura per l’ebola.
I riflettori dei maggiori media sulla situazione nella zona orientale del Paese africano si sono spenti in fretta, ma l’epidemia continua a diffondersi e a mietere vittime. A inizio agosto il responsabile dell’emergenza per Medici senza frontiere, Gwenola Seroux, dichiarava:
«È la prima volta che affrontiamo un’epidemia di ebola in un’area di conflitto. Questo renderà la risposta più difficile, soprattutto per limitare la diffusione della malattia in aree di difficile accesso, perché la nostra capacità di movimento sarà limitata».
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Le organizzazioni internazionali si sono attivate e anche Unicef ha fatto sapere di aver inviato dal 1° agosto a inizio settembre 90 tonnellate di aiuti, soprattutto forniture idriche, mediche e igienico sanitarie.
Ebola: l’epidemia fa 97 morti in Congo
A distanza di oltre un mese, qual è la situazione sul terreno? Secondo l’ultimo aggiornamento dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) diffuso il 20 settembre, il nuovo focolaio dell’epidemia ha ucciso 97 persone, su un numero totale di contagi pari a 142. Una situazione che non smette di allertare, soprattutto per la situazione che vive oggi il Kivu.
Da oltre 30 anni, infatti, la provincia orientale congolese è lo scenario di guerre e guerriglie. Oltre 50 tra gruppi ribelli e milizie locali punteggiano la regione, una tra le più ricche di minerali e, proprio per questo, sempre colpita dai conflitti per l’accaparramento e il saccheggio del suo sottosuolo.
È concreto, dunque, il rischio che l’epidemia scoppiata nella regione del Kivu – dove vivono 8 milioni di persone, dove campi profughi spontanei con condizioni igieniche precarie nascono continuamente tra le vallate e dove l’accesso da parte del personale medico-sanitario è reso complicato dall’assenza di infrastrutture e dalla situazione di guerra – possa estendersi ad altre regioni del Paese e alle nazioni confinanti. I governi di Rwanda e Uganda sono già in allerta e le autorità congolesi stanno cercando, per quanto possibile, di vaccinare il maggior numero di persone.
C’è un vaccino contro il virus, ma la trasmissione non si ferma: l’Africa teme un nuovo contagio
Questa epidemia di Ebola, annunciata il 1° agosto, è esplosa dopo che il 24 luglio l’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms) dichiarava cessata un’altra epidemia del virus, sempre nella Repubblica Democratica del Congo, che fatto altre 30 vittime. Peter Salama, direttore generale aggiunto dell’Oms, diceva:
«La cattiva notizia è che questo ceppo di ebola è la variante più letale. La buona notizia è che disponiamo, anche se in forma sperimentale, di un vaccino. E il rischio posto dall’attuale epidemia è alto a livello regionale e non mondiale».
L’ottimismo dell’Organizzazione mondiale della sanità, però, oggi comincia a vacillare e la memoria riporta a quanto è accaduto nel 2013 in Liberia, Sierra Leone e Guinea. Cinque anni fa, negli stati dell’Africa orientale, il virus provocò la morte di oltre 11.300 persone. La situazione congolese oggi non è paragonabile, ma è naturale che la paura e il timore rievochino il ricordo di una delle peggiori tragedia della storia dell’Africa contemporanea.