Armi italiane in Yemen: Governo del Cambiamento alla prova

Il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, vuole vederci chiaro sull'esportazione di armi italiane verso Arabia Saudita e altri Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen. E si dichiara pronta a bloccare le vendite di armi «verso Paesi in guerra o verso altri Paesi che potrebbero rivenderle a chi è coinvolto». Nel frattempo, però, servirebbe più trasparenza

Il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ha annunciato ieri l’intenzione, «laddove si configurasse una violazione della legge 185 del 1990», di interrompere le esportazioni di armamenti a Paesi coinvolti in conflitti bellici. L’annuncio, pubblicato sulla sua pagina Facebook, fa seguito a una serie di dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi da diversi parlamentari del Movimento 5 Stelle (M5S) ed in particolare dal suo leader politico, Luigi Di Maio.

Al termine della riunione della Cabina di Regia per l’Italia internazionale, il ministro dello Sviluppo economico, Di Maio, aveva infatti affermato:

«Non vogliamo, ad esempio, continuare ad esportare armi verso Paesi in guerra o verso altri Paesi che, a loro volta, potrebbero rivenderle a chi è coinvolto in un conflitto bellico».

Una dichiarazione salutata positivamente da alcuni parlamentari del M5S che hanno annunciato di voler avviare iniziative parlamentari «per imprimere un cambiamento anche in questo settore».

Trenta chiede chiarimenti su esportazione armi italiane

Ma torniamo alla dichiarazione del ministro della Difesa. A fronte delle «immagini di quel che accade in Yemen ormai da diversi anni», Elisabetta Trenta annuncia innanzitutto di aver chiesto «un resoconto dell’export, o del transito di bombe o altri armamenti dall’Italia all’Arabia Saudita». Il ministro, specificando agli organi di stampa che «fino ad ora, erroneamente, si era attribuita la paternità della questione al ministero della Difesa, mentre la competenza è del ministero degli Affari Esteri (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento-UAMA)», comunica di aver inviato «venerdì scorso una richiesta di chiarimenti, sottolineando – laddove si configurasse una violazione della legge 185 del 1990 di interrompere subito l’export e far decadere immediatamente i contratti in essere».

armi italiane
Elisabetta Trenta – Foto ufficiale del ministero della Difesa

Si tratta, evidenzia, di «contratti firmati e portati avanti dal precedente governo» (leggi Armi italiane ai regimi autoritari). La titolare della Difesa annuncia infine di aver «allertato il collega Moavero, che sono certa si interesserà quanto prima dell’argomento». Al momento, dal ministero degli Esteri non risulta alcuna risposta. Ma la dichiarazione della Trenta evidenzia un’attenzione, finora inedita, da parte di un organo governativo, da non sottovalutare.

Rete Disarmo e Amnesty su armi italiane vendute all’estero

La Rete italiana per il Disarmo, che per anni insieme a diverse altre organizzazioni della società civile ha sollevato in varie sedi la questione, ha salutato positivamente la presa di posizione della ministro Trenta sulla questione delle vendite di bombe italiane all’Arabia Saudita, evidenziando che «va nella giusta direzione e verso l’unica e sola soluzione sensata e umana: lo stop di qualsiasi fornitura militare».

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newsletter osservatorio dirittiRete Disarmo si augura che «il Ministero degli Affari Esteri – che Rete Disarmo ha sempre indicato come responsabile delle autorizzazioni rilasciate – dopo questa sollecitazione “governativa” prenda coscienza che occorre cambiare la posizione tenuta finora dall’Italia».

Entra nel merito anche il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, che in un tweet rispondendo all’affermazione della ministra («laddove si configurasse una violazione della legge 185 di interrompere subito l’export [all’Arabia Saudita] e far decadere i contratti in essere») sottolinea che «da oltre 3 anni forniamo bombe a chi compie crimini di guerra in Yemen. Che altro aspettiamo?».

Proprio ieri Amnesty Italia aveva emesso l’ennesimo comunicato in cui, ribadendo le responsabilità anche dell’Italia nelle forniture di armamenti ai sauditi, ha ribadito la richiesta al Parlamento di promuovere un embargo di armamenti verso l’Arabia Saudita e i suoi alleati «in considerazione del coinvolgimento nelle gravi violazioni del diritto umanitario in Yemen accertate dalle autorità competenti delle Nazioni Unite».

Il M5S su armi ad Arabia Saudita e conflitto in Yemen

La questione delle esportazioni di bombe ai sauditi investe direttamente il governo a maggioranza Cinque Stelle. In risposta ai numerosi appelli e denunce delle associazioni della società civile, durante la scorsa legislatura gli esponenti del M5S avevano infatti promosso diverse interrogazioni parlamentari accusando Renzi e Gentiloni di avere «le mani sporche di sangue» per le continue forniture di bombe aeree all’Arabia Saudita.

Non solo. Nel settembre dell’anno scorso, nell’ambito del dibattito parlamentare sulla crisi umanitaria in Yemen, il M5S presentò una risoluzione con la quale chiedeva di bloccare «l’esportazione di armi e articoli correlati prodotti in Italia o che transitino per l’Italia, destinati all’Arabia Saudita e a tutti i Paesi coinvolti nel conflitto armato in Yemen» e di «assumere questa posizione anche in assenza di una formale dichiarazione di embargo sulle armi da parte delle organizzazioni internazionali». Una posizione netta, quindi, alla quale il M5S non può sottrarsi avanzando la scusa che la questione non fa parte del Contratto di governo stipulato con la Lega.

Ancora armi prodotte in Italia all’Arabia Saudita

Nel frattempo sono continuate le esportazioni di armamenti dall’Italia verso l’Arabia Saudita. Lo scorso giugno più di 10 milioni di euro, per l’esattezza 10.453.696 euro, di “armi e munizionamento” sono state esportate dalla Sardegna destinazione Arabia Saudita (leggi Armi italiane nel mondo: dove finiscono e chi colpiscono). Il dato è nel lungo elenco del database dell’Istat che riporta le esportazioni mensili di ogni prodotto dall’Italia nel mondo.

Nel database non è possibile ritracciare il numero di ordigni esportati a giugno, ma una cosa è certa: si tratta delle micidiali bombe aeree della serie MK prodotte a Domusnovas in Sardegna dall’azienda tedesca Rwm Italia, azienda che ha la sua sede legale a Ghedi, Brescia, e che vengono utilizzate dall’aeronautica militare saudita per bombardare indiscriminatamente lo Yemen. Un rapporto Onu del gennaio del 2017 di un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha dichiarato che questi bombardamenti rappresentanocrimini di guerra”. Tra gli ordigni ritrovati dai ricercatori dell’Onu, figurano anche le bombe prodotte dalla RWM Italia.

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E un nuovo rapporto di un gruppo di esperti delle Nazioni Unite, reso noto a fine agosto, evidenzia che tutte le parti in conflitto in Yemen, inclusa la coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti, «hanno di fatto commesso atti che possono, previa determinazione di un tribunale indipendente e competente, equivalere a crimini di guerra».

Lista armi italiane nel mondo: serve trasparenza

In attesa di una decisione riguardo alle forniture militari all’Arabia saudita, il governo Conte potrebbe fare subito un passo significativo. Come già l’anno scorso (leggi Export armi: Italia non dice a chi le vende. Segreti anche con Onu), anche quest’anno l’Italia ha inviato a Ginevra un rapporto sulle esportazioni di sistemi militari dell’Italia in cui, avvalendosi della “clausola di riservatezza” non ha comunicato i Paesi destinatari dei materiali esportati.

Il rapporto è stato inviato a Ginevra lo scorso maggio, dopo le elezioni, quando era ancora in carica il governo Gentiloni. Non rendere noti i Paesi destinatari delle esportazioni militari è una decisione politica che non doveva essere assunta da un governo, come quello Gentiloni, che era in carica solo “per gli affari correnti”. Il governo Conte, nato dall’accordo tra M5S e Lega a seguito delle elezioni, è pertanto pienamente legittimato a inviare a Ginevra un rapporto correttivo e completo di tutte le informazioni che l’Italia si è impegnata a fornire alle Nazioni Unite, ratificando il Trattato sul commercio di armi (Att).

Ratifica che è avvenuta –  è bene ricordarlo – a seguito del voto unanime di Camera e Senato nel settembre del 2013. Il governo Conte, se vuole, può pertanto inviare a Ginevra un rapporto completo. Non è molto. Ma sarebbe già un primo, ma quanto mai significativo, passo, per un esecutivo che si è presentato agli italiani come “Governo del cambiamento”.

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