Chernobyl: latte contaminato 32 anni dopo il disastro
A 32 anni dall’esplosione del reattore 4 della centrale di Chernobyl, il latte destinato alla popolazione locale è ancora contaminato. E i primi a rimetterci sono i bambini, che presentano malformazioni e altri problemi di salute. Mentre il governo ucraino latita di fronte alle conseguenze della strage nucleare
Tra il 2011 e il 2016 i Greenpeace Research Laboratories dell’Università di Exeter, l’Ukrainian Institute of Agricultural Radiology e il Centro Studi sulla radioattività dell’Università di Scienza della Norvegia hanno condotto una ricerca presso 14 aziende agricole situate nell’arco di 200 chilometri dalla centrale nucleare. I risultati, pubblicati dalla rivista scientifica Environment International nel numero di agosto 2018, dimostrano come sei di questi allevamenti abbiano una presenza di cesio radioattivo superiore ai 100 becquerel per litro (Bq/L) consentiti per gli adulti, mentre in otto di essi il latte presenta valori superiori ai 40 Bq/L consentiti per i bambini (un becquerel è l’unità di misura del Sistema internazionale dell’attività di un radionuclide, come appunto il cesio-137, che equivale a un decadimento al secondo).
Il picco massimo di radioattività rilevata dai ricercatori si aggira intorno ai 500 Bq/l, ben 5 volte il limite consentito per gli adulti e addirittura 12 volte quello per i bambini.
Questo isotopo radioattivo, rilasciato al momento dell’esplosione del reattore, si è diffuso nell’ambiente minando le parti superficiali dei terreni. Si sono così contaminati diversi anelli della catena alimentare, come i funghi e soprattutto i campi destinati al pascolo degli animali da allevamento.
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Chernobyl post-disastro: malformazioni e vari problemi di salute tra le conseguenze registrate ancora oggi
Il diario di un’attivista ucraina di Greenpeace, Aslihan Tumer, già nel 2011 denunciava su diversi mezzi di informazione come gli agricoltori della zona contaminata fossero totalmente all’oscuro dell’inquinamento da cesio 137:
«Eravamo a circa 4 ore di auto da Chernobyl e anche qui si può vedere la contaminazione, soprattutto nel latte, un alimento che qui è una parte molto importante della dieta quotidiana. […] Non volevamo testare il latte di questi agricoltori di sussistenza e dire loro che stanno avvelenando se stessi e i loro figli. L’accumulo a lungo termine della radioattività nei loro corpi è la ragione per cui molti bambini hanno un inusuale mal di testa, perdono la coscienza, hanno malformazioni alla nascita. […] C’è voluto solo un giorno per trovare campioni di latte che erano da 5 a 16 volte superiori ai limiti ucraini per i bambini, 30 volte superiore rispetto ai campioni di controllo che avevamo preso a Kiev. […] Presso l’ospedale pediatrico locale ci è stato detto che è sempre peggio. Ogni anno ci sono sempre più bambini con problemi, debolezza ossea, anemia».
La presenza di Greenpeace e di altre organizzazioni presenti per monitorare la contaminazione post esplosione, conferma come la popolazione fosse sprovvista della conoscenza necessaria per tutelarsi, si sentisse abbandonata.
«Una signora ci ha fermato davanti all’ospedale con un bambino di quattro anni. Piangeva e ci ha chiesto se eravamo medici, se potevamo aiutarla. Il suo piccolo Ivan sviene molto spesso. Nessuno le ha realmente spiegato qual è il problema».
Governo immobile di fronte alla strage di Chernobyl
La ricerca internazionale, con a capofila Greenpeace, calcola i possibili costi e tempi necessari per bonificare le zone ancora contaminate. Per una popolazione di circa 8 mila persone, vittime quotidiane del cesio 137 assorbito con l’assunzione di latte, funghi e patate, si stimano 71 mila dollari annui di spese dedicate alla somministrazione di Ferrocin per le mucche da latte, fertilizzanti minerali per le patate e mangime dedicato per i maiali. Dieci euro circa a persona che porterebbero benefici già nel primo anno di somministrazione.
Ma il governo ucraino, che nel 1991 riconobbe come «vittime del disastro di Chernobyl» bisognose di protezione sociale e medica 1 milione e 200 mila bambini, ora fa fatica a portare antidolorifici e chemioterapici nella regione di Rivne.
Senza investimenti specifici per queste bonifiche, si calcola che i terreni e gli allevamenti rimarranno contaminati fino al 2040. Per un Paese che tra il 1991 e il 2010 ha perso quasi 6 milioni di abitanti per l’incremento di tumori infantili e la cui aspettativa di vita è scesa a 67 anni, questi nuovi dati sulla contaminazione non fanno che confermare il mancato futuro per la popolazione ucraina.