
Ungheria: Unione europea attacca Orban per deriva autoritaria
L'Europarlamento ha votato a favore dell'apertura di un procedimento - l'Articolo 7 - che potrebbe portare l'Ungheria fuori dall'Unione europea (che pare però improbabile). Il Paese membro della Ue è accusato di violazione dei diritti umani e censura verso l'opposizione. Ma Orban ha molti sostenitori in Europa, in primis nel Partito popolare europeo
È scontro aperto tra l’Unione europea e Viktor Orban, il premier dell’Ungheria, tra i massimi rappresentanti europei della destra populista e identitaria. L’assemblea, a Strasburgo, il 12 settembre ha votato con 448 sì a una mozione che dichiara l’Ungheria Paese che rischia di violare i principi base dell’Unione. È l’inizio del cosiddetto «procedimento per articolo 7», già utilizzato nei confronti della Polonia.
L’Articolo 7 del Trattato dell’Unione europea permette, con un voto all’unanimità, di espellere uno Stato membro per «rischio di grave violazione dello Stato di diritti». La procedura che ha portato al voto del 12 settembre è cominciata dopo la visita in Ungheria dell’europarlamentare olandese Judith Sargentini, del Gruppo dei Verdi. Il suo report conclusivo è stato un duro atto di accusa contro Viktor Orban e il suo partito, Fidesz, ininterrottamente al comando da 15 anni.

L’Ungheria di Orban e migranti: da Paese membro al rischio di essere messo fuori dall’Unione europea
Nel report Sargentini ci sono accuse di violazioni nei confronti dei richiedenti asilo e dei migranti, picchiati dalle autorità ungheresi all’ingresso del Paese. Già le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa avevano criticato l’Ungheria per la sua chiusura verso i richiedenti asilo.
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«Non accetteremo che le forze pro-migrazione ci ricattino, non cederemo al ricatto, difenderemo le frontiere e fermeremo la migrazione clandestina. Anche contro di voi se è necessario», ha risposto Orban all’Europarlamento l’11 settembre, il giorno prima della votazione sulla risoluzione contro l’Ungheria.

Sul piano politico, il governo di Budapest è sempre stato contrario a qualunque forma di condivisione dell’accoglienza a livello europeo. Ha guidato i Paesi dell’area di Visegrad nel boicottaggio della politica delle quote introdotte da Bruxelles nel 2015, ha contribuito a far fallire ogni tentativo di riforma del Sistema Dublino, il meccanismo che oggi impone ai primi Paesi d’arrivo l’accoglienza dei migranti. Già lo scorso 25 luglio l’Ungheria aveva abbandonato il Patto delle Nazioni Unite sull’immigrazione:
«La nostra posizione è incompatibile con il pensiero dell’Onu sulla questione. L’Onu pensa che la migrazione sia una cosa da incoraggiare in vari modi, ed è un diritto fondamentale, mentre secondo l’Ungheria è una minaccia per il mondo e per l’Europa in speciale», ha detto il ministro degli Esteri Peter Szijjarto.
Il ministro ha confermato che l’Ungheria si ritirerà dalle trattative sul patto per l’immigrazione e voterà contro, se l’assemblea dell’Onu lo mette in votazione. «È una cosa innaturale aiutare il ricambio delle popolazioni fra continenti, l’Onu dovrebbe invece favorire la cessazione delle migrazioni, e non concentrarsi solo sui diritti dei migranti», ha dichiarato ancora Peter Szijjarto.
Conflitto Orban-Soros: Open Society fuori da Budapest
Un’altra legge che è costata all’Ungheria il procedimento per l’articolo 7 riguarda la cosiddetta legge Stop-Soros. George Soros, ungherese, è il filantropo fondatore di Open Society Foundation, uno dei simboli contro i quali si scagliano identitari e sovranisti, in quanto la fondazione è stata uno dei veicoli attraverso cui sostenere progetti su immigrazione e integrazione per diversi anni.
Il filantropo è una figura controversa a causa del suo passato da speculatore finanziario, in particolare sulla lira italiana negli anni Novanta. La Stop-Soros, anticipata da una campagna mediatica contro l’uomo di Open Society, con tanto di cartelloni appesi per tutta l’Ungheria, dove accanto alla foto del magnate si leggeva «Non lasciatelo sorridere», in sostanza trasforma in reato ogni aiuto che qualunque associazione o singolo cittadino può dare a un migrante. Open Society nel frattempo è stata costretta a lasciare la capitale ungherese, storica sede centrale.

Ungheria contro Ong. Ma Orban era entrato ad Oxford grazie a Open Society
A questo si aggiunge un contesto molto pericoloso per ogni forma di opposizione a Fidezs. In occasione dell’ultima tornata elettorale, il magazine filogovernativo Figyelő aveva pubblicato i nomi dei «200 mercenari che lavorano per Soros» che vogliono rovesciare il governo ungherese.
Molti, tra i proscritti, sono membri di Ong. Questo dato diventa ancora più preoccupante se si tiene conto che, come dice Sargentini, non c’è adeguata protezione dei dati personali in Ungheria.
Eppure Viktor Orban nel biennio 1989-1990, grazie alla Soros Scholar era riuscito a frequentare il college Pembroke, a Oxford. Impresa impossibile nell’Ungheria di fine epoca sovietica, soprattutto per quello che all’epoca era il leader del movimento studentesco.
Era il 1989 quando un giovane ventiseienne, alla guida di un movimento studentesco antisovietico, scrisse una lettera a un ricco imprenditore per farsi finanziare gli studi a Oxford.
Il giovane era Viktor #Orbán.
L’imprenditore, neanche a dirlo, era George #Soros. pic.twitter.com/gjSb6WlkYl— Matteo Villa (@emmevilla) 28 agosto 2018
Ungheria: la corruzione ai tempi di Orban
Nel report di Sargentini si citano anche due indagini condotte dall’anticorruzione europea, Olaf, in merito ad affidamenti che Orban ha fatto nel 2016 e 2017. L’indagine rivela «irregolarità» e «conflitti di interesse», visto che il principale beneficiario di questi appalti è stato István Tiborcz, genero di Orban.
Appalti pilotati che sono arrivati in famiglia non solo in Ungheria, ma persino in Europa. E i casi, rivelava l’agenzia Reuters a marzo 2018, sono continuati ad aumentare in questi anni. È il settore alberghiero quello in cui le aziende di famiglia fanno più affari, anche fuori dai confini ungheresi. Ad esempio, in Croazia, dove il premier ungherese va spesso in vacanza.
Ungheria-Unione europea: Orban nel Partito popolare europeo
Se questa decisione arriva tanto tardi è perché Viktor Orban fin dal 2000 ha salde alleanze in Europa. Da allora il suo partito fa parte del Partito popolare europeo, la famiglia più prestigiosa dell’Europarlamento. E onora il ruolo dando sempre molti parlamentari, che occupano anche il ruolo di vicepresidenti del gruppo.
Ha aperto all’interno del partito un netto scontro con le frange vicine al tedesco Weber e a Jean-Claude Juncker, presidente dell’Unione uscente. Ma ora conta tra i suoi alleati ad esempio Matteo Salvini, con il quale sta cercando di creare un nuovo gruppo europeo che tenga insieme sovranisti e popolari.
In un momento in cui i partiti tradizionali faticano ad ottenere consensi, il populismo di Fidesz fa sempre più paura. Soprattutto all’establishment dell’Unione europea.