Indigeni: Kenya vìola i diritti umani della tribù africana Ogiek
La Corte africana dei diritti dell'uomo e dei popoli condanna il Kenya per violazione dei diritti umani degli indigeni africani della tribù Ogiek. Una sentenza che arriva dopo un secolo di abusi e che potrebbe avere un significato solo simbolico. Ecco una ricostruzione della vicenda, chi sono gli indigeni Ogiek e un'analisi delle conseguenze di questa decisione
Il governo del Kenya non poteva espellere gli Ogiek dalla foresta Mau. E facendolo ha violato sette articoli della Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli di cui il Paese è firmatario dal 1992. Lo stabilisce una sentenza della Corte africana dei diritti dell’uomo e dei popoli con sede ad Arusha, in Tanzania. Un verdetto emesso ormai un anno fa, il 26 maggio 2017, ma di cui da queste parti hanno parlato davvero in pochissimi.
Chi sono gli indigeni africani Ogiek
Gli Ogiek, una tribù composta da circa 40.000 persone in tutto il Paese, sono conosciuti per essere tradizionalmente cacciatori, raccoglitori e apicoltori, storicamente insediati nella foresta Mau e del Monte Elgon del Kenya sud-occidentale, oggi entrambe aree protette.
L’ambiente della foresta, con la sua selvaggina e le sue piante, ha assicurato per secoli la sopravvivenza degli Ogiek, e ha continuato a svolgere un ruolo centrale nella loro cultura anche quando gli Ogiek iniziarono ad adottare uno stile di vita meno dipendente dalle risorse forestali.
Indigeni Ogiek: storia di una tribù discriminata
La storia di questo gruppo indigeno è segnata da discriminazioni. Durante il governo coloniale britannico, la loro identità è stata spesso non riconosciuta, con annessi tentativi di assimilazione a tribù più numerose. Sia in quel periodo, sia nella successiva fase post-coloniale, le loro terre sono state ripetutamente sottratte e destinate all’insediamento di altri gruppi etnici.
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Queste iniziative erano accompagnate dalle rimozioni degli Ogiek dalla foresta, spesso notificate con il preavviso di poche ore e realizzate dalla polizia e dalle guardie forestali. Alle rimozioni seguiva la distruzione di case, campi, scuole e il sequestro del bestiame. Tali operazioni erano giustificate dal governo in nome della conservazione della riserva forestale, ma celavano una gestione politica ed etnica delle risorse naturali, fenomeno che ha portato alla formazione di vinti e vincitori in tutto il paese, con gli Ogiek e altre minoranze tra i primi.
La ventennale lotta degli indigeni Ogiek
Dal 1997 gli Ogiek hanno iniziato a rivendicare in modo più sistematico le ingiustizie subite, trovando il sostegno di alcune ong, scrivendo e pubblicando testi e facendo ricorso a Corti nazionali e internazionali.
Nel maggio 2017 la sentenza della Corte africana dei diritti dell’uomo e dei popoli – organismo voluto nel 2004 dall’allora Organizzazione dell’Unità Africana per rinforzare l’operato della corrispondente Commissione – ha affermato che il governo del Kenya ha violato gli Articoli 1, 2, 8, 14, 17 comma 2 e 3, 21 e 22 della Carta africana e ha ordinato di intraprendere tutte le misure necessarie per rimediare a tali violazioni dei diritti umani.
La Corte africana riconosce il diritto alle terre ancestrali
Non casualmente, la sentenza della Corte prende le mosse dall’articolo 14 – il diritto alla proprietà – e conferisce il riconoscimento più importante e significativo per gli Ogiek, legittimando il loro diritto «ad occupare, utilizzare e beneficiare delle loro terre ancestrali».
Si tratta di una tematica molto sensibile nella regione della foresta Mau, in cui a causa della politica clientelare dei vari presidenti, gli Ogiek sono stati privati delle proprie terre, espulsi, solo in parte compensati e reinsediati altrove.
Kenya condannato anche per discriminazioni etniche
La violazione dell’articolo 2 ha a che vedere, invece, con le discriminazioni etniche subite, in particolar modo la sottrazione della terra: nei primi decenni del secolo scorso, il governo coloniale creò delle riserve tribali destinate all’insediamento dei diversi gruppi etnici e la mancata identificazione degli Ogiek come tribù distinta precluse ogni possibilità di accaparramento della terra.
Secondo la Corte, il governo del Kenya indipendente non ha rimediato alle passate ingiustizie e ne ha perpetrate di nuove tramite le ripetute rimozioni Ogiek dalla foresta, non giustificate dalle necessità di conservazione ambientale.
Religione e tradizioni negate alla tribù indigena africana
L’articolo 8 della Carta tutela la libertà di culto e di praticare liberamente la religione, diritto violato dalle espulsioni Ogiek dalla foresta Mau, dall’interdizione di effettuare sepolture nella foresta e dall’obbligo di pagare una somma annuale per accedere ad essa. Queste interferenze impedirebbero agli Ogiek di praticare la loro religione e costituirebbero, secondo la Corte, una violazione ingiustificabile.
Per ragioni simili, la Corte afferma che il governo del Kenya ha negativamente condizionato la capacità degli Ogiek di preservare le proprie tradizioni, violando il diritto alla cultura dei suoi membri (Art. 17, comma 2) e venendo meno al dovere dello Stato di promuovere e proteggere i valori morali e tradizionali delle comunità (Art. 17, comma 3).
Espulsi da foresta Mau e privati di risorse naturali
L’Articolo 21, che salvaguarda il diritto di disporre della propria ricchezza e delle risorse naturali, è stato violato dal governo del Kenya tramite le espulsioni degli Ogiek dalla foresta Mau, privando così la popolazione delle sue tradizionali risorse alimentari (selvaggina, miele, frutta e erbe selvatiche).
«Tutti i popoli devono avere il diritto al loro sviluppo economico, sociale e culturale», rimarca l’Articolo 22, che la Corte di Arusha interpreta alla luce della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti Indigeni (Articolo 23): le espulsioni Ogiek dalla foresta, effettuate senza la loro consultazione, unitamente al mancato coinvolgimento nelle politiche sanitarie e sociali che li riguardano, hanno condizionato negativamente lo sviluppo di questa comunità indigena e violato tale diritto.
Popoli indigeni: la Corte di Arusha condanna il Kenya
Infine l’Articolo 1 che prescrive per gli Stati firmatari della Carta africana dei Diritti dell’Uomo e dei Popoli di riconoscere diritti, doveri e libertà custoditi in tale documento e di adottare le misure legislative necessarie ad implementarli.
Nonostante la Corte apprezzi gli sforzi legislativi recenti del Kenya nella direzione della tutela e del godimento dei diritti, tale impegno giunge tardivamente con l’aggravante del mancato riconoscimento Ogiek come gruppo etnico distinto, che ha portato alla negazione dell’accesso alla terra nella foresta Mau e alla conseguente violazione degli articoli citati in precedenza.
Indigeni, significato della sentenza sulla tribù Ogiek
Alcune considerazioni sorgono immediate. La prima è che si tratta di una sentenza giusta e simbolicamente significativa: il verdetto giunge dopo più di un secolo di discriminazioni e ingiustizie ed è importante che un’istituzione internazionale le riconosca, per gli Ogiek e tutti i popoli indigeni.
D’altro canto, è probabile che la sentenza abbia un significato solamente simbolico e scarsi risvolti pratici, data la poca volontà di applicazione da parte del governo di Nairobi e la complessità della questione nel Paese.
Questo conduce a una seconda considerazione. Il verdetto, pur nella bontà dei contenuti e delle intenzioni, è anacronistico: poteva avere senso 20 anni fa, ma oggi appare slegato dalla realtà. La visione della Corte che si delinea nella sentenza – in merito alla questione fondiaria, alla gestione delle risorse naturali e dell’area protetta della foresta Mau – è eccessivamente semplicistica, fuorviante e inattuale.
Gli Ogiek non sono più solamente cacciatori-raccoglitori da diversi decenni. Non è tanto l’accesso alla terra, quanto il suo possesso e libero utilizzo che è stato precluso. Infine Mau è un’area protetta di altissimo valore ecologico e consentire la libera disposizione delle sue terre agli Ogiek potrebbe comportare impatti ambientali significativi per milioni di persone.
Non si sta negando la travagliata storia o le peculiarità culturali di questo gruppo indigeno, ma riflettendo sul fatto che il contesto culturale-sociale-ambientale degli Ogiek e del Kenya è cambiato.
Oggi l’attenzione va rivolta, in primis, nel trovare nuove modalità per le comunità Ogiek di gestire e beneficiare della foresta, lavorando insieme all’autorità statale e, secondariamente, nel risolvere l’incertezza sui titoli fondiari. L’obiettivo deve essere uno sviluppo inclusivo e duraturo delle comunità Ogiek, che proceda congiuntamente alla tutela della foresta Mau.
Tutti i popoli sono della Terra, nostra casa. per me la Terra è vita e la vita produce gesti di bontà, intesa come buone pratiche economiche per le fascie più deboli, specialmente di questi Paesi. poi c’è l’Italia che deve aiutare le ong non negando che la sua popolazione “più piccola” si sta dando da fare egregiamente e silenziosamente nel cuore di diverse Città, intese come luoghi di azione per reali svolte storiche.