Film sull’immigrazione: Stranger in Paradise, l’Europa dialoga coi migranti
Ecco recensione e trailer di Stranger in Paradise, un bel film inserito nella rassegna Mondovisioni 2018, di cui Osservatorio Diritti è media partner. Una pellicola sull'immigrazione appesa tra documentario e finzione, dove emerge un'Europa divisa tra il desiderio di accogliere i migranti e le pressioni delle destre conservatrici
Lo storico magazine cinematografico Variety ha descritto Stranger in Paradise come il documentario che Lars Von Trier dirigerebbe se un giorno decidesse di realizzare un film sull’immigrazione. E in effetti Stranger in Paradise ha in comune con i lavori del regista danese lo stile scarno e la capacità di dialogare direttamente con lo spettatore, senza mediazioni.
Incluso nella selezione di Mondovisioni 2018, la rassegna di documentari di Internazionale su diritti umani e società di cui Osservatorio Diritti è media partner, Stranger in Paradise è diretto da Guido Hendrikx: 31 anni, olandese, alla sua opera prima. Il film arriva a Venezia giovedì 19 luglio 2018 per una proiezione nel Chiostro dei Crociferi e sarà replicato, nello stesso posto, domenica 22 luglio.
Stranger in Paradise: il trailer del film sull’immigrazione
Film sull’immigrazione in Italia, una lezione di politica
Stranger in Paradise racconta il tema dei migranti attraverso una doppia prospettiva: quella umana, che auspica un futuro senza confini e che invoca l’accoglienza e l’integrazione, e quella delle destre conservatrici che demonizzano e respingono.
Se le parti in gioco sembrano essere le stesse di sempre, singolare è invece la location in cui questo scontro ideologico avviene: l’intero film si svolge in un’aula scolastica in Sicilia. Gli studenti sono dei veri richiedenti asilo, l’insegnante è un attore, Valentijn Dhaenens, che si relaziona con loro alternando nel suo comportamento biasimo, rimproveri, durezza e accoglienza. Un atteggiamento contradditorio che disorienta, per certi versi schizofrenico, simile a quello assunto spesso dall’Europa nei confronti dei migranti.
«Volevo trovare una situazione claustrofobica, che enfatizzasse quel rapporto di forza, ed è venuta così l’idea della classe. La prima idea fu di girare il film a Lampedusa, ma non era possibile e allora abbiamo scelto la Sicilia».
Il regista Guido Hendrikx ha reso gli uomini e le donne coinvolti in questo esperimento cinematografico – giunti in Europa da diverse parti del mondo, Siria, l’Afghanistan, Mali, Somalia, Costa d’Avorio – consapevoli, ma non del tutto preparati a chi si sarebbero trovati davanti, né ai contenuti trattati nel dialogo con l’attore.
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Le loro storie sono reali, così come le loro reazioni. Viene da immaginare che le emozioni sui loro volti, la delusione, la rabbia, la tristezza, la speranza non sarebbero state molto diverse davanti a una vera commissione giudicante.
L’Europa e i migranti, film sull’immigrazione in tre atti
Stranger in Paradise è un film sull’immigrazione diviso in tre sezioni, in tre atti cinematografici. Nel primo il protagonista di Valentijn Dhaenens tiene alla sua “classe” una lezione di economia: spiega quanto la presenza dei migranti in Europa sia un peso finanziario, quanto difficile sia gestire i costi dell’emergenza e dell’integrazione. Li informa sull’improbabilità di trovare un lavoro una volta ottenuto il permesso di soggiorno.
Nella seconda parte, inaspettatamente, l’attore protagonista si rivolge ai presenti con ammirazione, lodandone il coraggio per aver rischiato la vita pur di giungere sino a qui. Osserva come per i paesi più sviluppati, ma anziani, sia una necessità aprire le proprie porte a coloro che provengono dalle nazioni più giovani e instabili.
La parte dedicata alle interviste è la più intensa: come in un esame, ogni persona siede davanti a Dhaenens e racconta la propria storia. L’attore decide (nella finzione) in base a questo colloquio chi va e chi resta in Europa. Il “professore” di Dhaenens raccoglie storie di naufragi, prigionie e sofferenze. In tutta risposta recita quasi a memoria, come un cinico burocrate, una legge europea più predisposta a creare clandestini e respinti che a integrare cittadini.
Film sull’immigrazione tra documentario e finzione
Guido Hendrikx, che ha già alle spalle un cortometraggio sulla pedofilia, Among Us, dirige un film sull’immigrazione che ha per oggetto soprattutto i rapporti di potere esistenti tra Europa e migranti. Ma Stranger in Paradise parla anche di comunicazione, anzi dell’assenza di essa. Tra esercizi di immaginazione, ascolto, racconto e rimproveri si svolge la relazione tra il “professore” di Valentijn Dhaenens e la sua classe di alunni.
L’insegnante comunica con la sua classe in un continuo alternarsi di frasi retoriche e provocazioni, un sentimento misto tra inadeguatezza e senso di colpa. Il personaggio di Dhaenens rappresenta il Vecchio Continente: incapace di offrire ai migranti risposte precise e intenzioni serie.
Stranger in Paradise è un disincantato esercizio di realismo: nei dialoghi tra l’attore e i migranti, alla splendida immagine di un mondo senza confini si contrappone quella del (presunto) costo economico e politico dell’immigrazione.
Ai migranti, allora, non resta che affidarsi alla burocrazia e al sistema di accoglienza con speranza e rassegnazione: una volta raggiunto il Vecchio Continente li attende un futuro di scartoffie, file interminabili e risposte contrastanti. Un rapporto, quello tra Europa e migranti, che così com’è impostato adesso, è destinato a deludere sempre una delle due parti.