Nicaragua: crisi politica, proteste e ultime notizie ai raggi X degli ispettori
La Commissione interamericana invia i suoi ispettori in Nicaragua. Le ultime notizie dipingono un Paese sempre più pericoloso, alla prese con proteste e manifestazioni represse con violenza e una situazione politica in crisi. Il Dialogo Nazionale accettato dal governo Ortega prosegue, ma i vescovi minacciano di lasciare il tavolo
Dopo aver ricevuto migliaia di reclami per violazione dei diritti umani nel corso della recente crisi nicaraguense, la Commissione interamericana sui diritti umani ha inviato una commissione d’inchiesta nel paese per far luce sull’uccisione di oltre 200 persone, l’arresto ingiustificato di centinaia di cittadini che manifestavano pacificamente e sulla repressione violenta con uso di armi da fuoco da parte di gruppi paramilitari e forze dell’ordine. Nel frattempo, il vescovo di Managua minaccia di abbandonare il Dialogo Nacional e giovedì 12 luglio si svolgerà un altro sciopero generale in tutto il paese.
Cidh: i diritti umani violati in Nicaragua in sette punti
Secondo il rapporto pubblicato lo scorso 21 giugno dalla Commissione Interamericana sui Diritti Umani (Cidh), 212 persone sono morte a causa dell’azione repressiva dello Stato dall’inizio delle proteste in aprile, 1.337 ferite e 507 imprigionate (scarica il documento “Gravi violazioni dei diritti umani nel contesto di proteste sociali in Nicaragua“). Mentre altre centinaia di persone sono vittime di intimidazioni, ricatti e minacce di morte. Il rapporto della Cidh rivela sette punti chiave in cui riconosce una chiara violazione dei diritti umani.
1. Uso eccessivo e arbitrario delle forze dell’ordine contro le proteste
Fin dall’inizio delle proteste, il governo ha utilizzato gruppi in assetto antisommossa per reprimere manifestazioni fino a quel momento pacifiche. Tutti i cortei sono stati repressi con fumogeni e colpi di pistola. Il rapporto menziona anche l’uso di cecchini appostati sui tetti degli edifici.
2. In Nicaragua gruppi paramilitari legati anche alla politica locale
Le manifestazioni sono state represse anche grazie a gruppi paramilitari che, armati di bastoni e armi da fuoco, hanno seminato il panico tra i manifestanti. Il rapporto evidenzia come questi gruppi abbiano agito in collaborazione con le forze dell’ordine e con armi ricevute da sindaci e rappresentanti politici locali.
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3. Assistenza sanitaria: ragazzo ucciso nella capitale Managua
Come forma di repressione, gli ospedali e i centri di salute del paese hanno negato le cure mediche necessarie ai manifestanti feriti. Il caso emblematico è quello di Alvaro Conrado, un ragazzo di 15 anni colpito da una pallottola durante un corteo e morto dissanguato per non aver ricevuto in tempo assistenza medica.
4. Nicaragua: ultime notizie rivelano detenzioni arbitrarie di giovani
Dall’inizio delle manifestazioni e fino al 21 giugno, 507 persone sono state arrestate per aver partecipato alle manifestazioni, o anche solo per essere per strada durante i cortei. Secondo la Cidh, non sono state rispettate le norme e le procedure necessarie, gli arresti sono stati realizzati attraverso un uso arbitrario e sproporzionato della forza e rappresentano in tutto e per tutto una forma di castigo. Non si esclude l’uso della tortura dopo gli arresti.
5. Manifestanti e giornalisti colpiti da stigmatizzazioni e censura
Fin dall’inizio delle proteste, i manifestanti sono stati descritti dai media pubblici e/o controllati dallo Stato come gruppuscoli minuscoli di delinquenti e di vandali, autori di atti terroristici, che causano dolore, caos e morte nel paese. Ai giornalisti indipendenti è stato negato o reso difficile l’accesso alle manifestazioni, un giornalista è stato ucciso e vari sono feriti.
6. Intimidazioni e minacce: Nicaragua sempre più pericoloso
Manifestanti, studenti, leader sociali, difensori dei diritti umani, familiari delle vittime e religiosi sono stati vittime di intimidazioni, minacce di morte e campagne di discredito. Secondo la Cidh, queste persone sono tuttora in grave stato di pericolo.
7. Situazione politica critica: mancano anche le investigazioni
Nel suo rapporto, la Commissione interamericana sui diritti umani osserva delle serie limitazioni nell’accesso alla giustizia per le famiglie delle vittime. Oltre a evidenti casi di mancanza di diligenza professionale e irregolarità da parte dello Stato al momento di investigare le cause delle morti e degli incidenti, tra cui la mancanza di autopsie accurate e l’invio tardivo di medici legali.
Due commissioni valuteranno notizie di violazioni diritti
Il lavoro della Commissione in Nicaragua si svolgerà attraverso due commissioni principali, il Grupo Interdisciplinario de Expertos Independientes (Giei, Gruppo interdisciplinare di esperti indipendenti) e il Mecanismo Especial de Seguimiento para Nicaragua (Meseni, Meccanismo speciale di accompagnamento per il Nicaragua). Il Giei, che ha cominciato le indagini lo scorso 3 luglio, è formato da quattro esperti internazionali, professionisti di alto livello nell’ambito dei diritti umani: l’italiano Amerigo Incalterra, la guatemalteca Claudia Paz y Paz, l’argentino Pablo Parenti e la peruviana Sofia Macher.
Con un mandato di sei mesi, il Giei avrà il compito di aiutare e coadiuvare il lavoro del Meseni per i crimini commessi dal 28 aprile, il giorno in cui iniziarono le proteste, al 30 maggio, giorno del massacro del Dia de las madres (Il giorno delle madri). Il Meseni continuerà le indagini, documentando gli attacchi e le violenze tuttora in corso nel paese, come la repressione alle ultime manifestazioni di sabato 30 giugno e domenica 1° luglio.
La Cidh in Nicaragua visita il carcere di El Chipote
Una delle prime azioni della missione Cidh in Nicaragua è stata quella di visitare il carcere di El Chipote, a Managua, in quanto alcune informazioni nel paese sembravano indicare che i prigionieri delle manifestazioni fossero detenuti in pessime condizioni igieniche e vittime di tortura.
El Chipote è una delle prigioni più grandi e conosciute del paese e in passato fu utilizzata come centro di turtura dei prigionieri dal dittatore Anastasio Somoza. Da settimane, familiari e parenti dei detenuti manifestano davanti ai cancelli de El Chipote per reclamare la libertà dei propri cari arrestati.
Secondo Antonia Urrejola della Commissione interamericana sui diritti umani, che ha visitato la prigione, non sono stati rilevati casi di tortura, ma le autorità dovranno lasciare uscire i prigionieri all’aria aperta e permettere le visite dei parenti. Secondo i familiari, molti arrestati non fanno però parte della lista di detenuti di El Chipote e si sospetta che siano tuttora detenuti in centri di reclusione clandestini.
Nel frattempo, altri 50 prigionieri sono stati detenuti nel carcere El Chipote dopo l’attacco di giovedì 5 luglio da parte di un gruppo armato pro orteguista contro il quartiere di Sutiaba nella città di Leon. Il quartiere “ribelle” dove studenti e manifestanti avevano costruito delle barricate per ostacolare l’ingresso dei paramilitari. Tre giovani hanno perso la vita durante l’azione dei paramilitari e si sommano ai già 309 morti dall’inizio delle proteste, secondo quanto riporta l’associazione nicaraguense per i diritti umani.
Dialogo nazionale, governo Ortega e vescovi
Lunedì mattina si è riunita la Comisión de Mediación y Testigo, integrata dai vescovi della chiesa cattolica, per riprendere i lavori con la commissione elettorale e la commissione Verifica e sicurezza, nell’ambito del Dialogo Nazionale. Il Dialogo Nazionale è la tavola delle negoziazioni e la via pacifica accettata dal governo di Daniel Ortega per trovare una soluzione alla grave crisi che attraversa il paese.
Dall’inizio dei lavori, lo scorso 16 maggio, sono state realizzate già cinque sedute e i risultati tardano ad arrivare. Domenica 8 luglio il vescovo di Managua, Silvio Báez, ha preannuciato la possibile uscita della Conferenza Episcolape del Nicaragua (Cen) dalle negoziazioni.
Alianza Cívica por la Justicia y la Democracia ha convocato uno sciopero generale per giovedì 12 luglio e tre manifestazioni che si svolgeranno durante il fine settimana. L’ultimo attacco dei paramilitari, domenica scorsa a Carazo, sulla costa del Pacifico, ha fatto altri 14 morti e decine di feriti.