Reati ambientali: la lunga lotta dell’avvocato Calzone
Angelo Calzone è uno dei pochi avvocati italiani ad occuparsi di reati ambientali. E ad affrontare, a lato dei cittadini, processi legati a rifiuti, discariche abusive, inquinamento. E sullo sfondo, spesso, si allunga l’ombra della criminalità organizzata
Criminalità organizzata, inquinamento, discariche abusive. Impianti messi in piedi senza permessi in grado di distruggere per sempre paesaggi naturali. E, sullo sfondo, persone, tante persone, che si ammalano o che vedono la qualità della propria vita drasticamente ridotta a causa di scempi ambientali di vario genere. C’è tutto questo nelle parole di Angelo Calzone, uno dei pochissimi avvocati in Italia che si occupa della questione.
Nel nostro paese, infatti, c’è solo una manciata di legali che assume volontariamente l’onere di costituirsi parte civile in processi legati all’ambiente. Appena 500, su un totale di 237 mila iscritti all’Ordine nazionale forense.
A chi rivolgersi per i reati ambientali
Legambiente e Wwf sono i due enti non profit che ricoprono, nella maggior parte dei casi, il compito di difendere comitati di cittadini e singole realtà contro società e industrie accusate di inquinamento ambientale. E Calzone è presidente della sede locale del Wwf di Vibo Valentia. Avvocato civilista dal 2000, si è preso a cuore la causa ambientalista della sua regione, la Calabria, da oltre un decennio.
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Ma la sua attività sconfina anche in altre regioni. Come nel caso del pirogassificatore a Metaponto, in Basilicata. Una delle sue ultime cause, invece, è il ricorso in appello contro la sentenza del Tar di Reggio Calabria, che ha fatto riaprire la discarica di rifiuti urbani a Celico (CS), una discarica su cui ci sono si allungano ancora diverse ombre. O il processo legato all’ex sito industriale di San Calogero (Vibo Valentia), dove a inizio giugno era stato ucciso il 29enne maliano Soumaila Sacko.
Reati ambientali: legge del 2015 nel Codice penale
Gli strumenti legislativi per portare avanti azioni incisive non mancano. Almeno sulla carta. In particolare, risale al maggio del 2015 l’adozione nel nostro Codice penale del disegno di legge che era stato presentato dal deputato Pd Ermete Realacci, storico nome di Legambiente, proprio per sanzionare penalmente tutte le azioni criminali verso l’ambiente.
Il Titolo IV Bis ha introdotto cinque reati rivolti esclusivamente ad azioni commesse contro il territorio, dal reato di inquinamento ambientale (dai 3 ai 6 anni di carcere), al disastro ambientale (dai 5 ai 10 anni di detenzione). Uno strumento sanzionatorio, dunque, nelle battaglie contro l’inquinamento ambientale.
Da quando si batte contro l’illegalità ambientale in Calabria, legata a traffico o trattamento illecito di rifiuti?
Sono un attivista dal 2006 e mi occupo, tra le altre cose, di centrali a biomasse, inceneritori, e discariche abusive. Ma anche di quelle autorizzate, quando non rispondono ai requisiti di legge. Con i colleghi, che come me si occupano di ambiente, cerchiamo di intervenire sempre prima che il danno si verifichi. Ma non è sempre facile. Siamo pochi e le emergenze tante.
La Calabria, dal punto di vista ambientale, è in ginocchio. A parte i siti di rilevanza comunitaria, gli altri sono lasciati al degrado e all’abbandono. Ma non c’è da stupirsi. Non si guadagna granché, ed è per questo che molti dei miei colleghi preferiscono stare “dall’altra parte”.
Il Wwf è parte civile nel processo che coinvolge il sito dove è stato ucciso Soumaila Sacko il 2 giugno 2018. La situazione nella discarica dei veleni era nota?
Certamente. Si tratta di una ex fornace che produceva mattoni con gli scarti industriali di alcune grandi imprese, come la centrale termoelettrica Enel di Brindisi. Per scarti intendiamo 130 mila tonnellate di fanghi e ceneri industriali, altamente tossici e quindi non recuperabili. C’è un’altra discarica identica anche a Motta San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria.
Un’inchiesta della Dda (Direzione distrettuale antimafia, ndr) di Reggio Calabria, coordinata dalla dottoressa Ombra, e una analoga della procura di Vibo Valentia, hanno rivelato che questi scarti, in maniera del tutto illecita, venivano sversati nel terreno.
Quali sono i reati ambientali contestati? E quanto pesa la prescrizione?
I reati vanno dall’associazione a delinquere finalizzata al traffico e all’illecito smaltimento di rifiuti pericolosi, al disastro ambientale e inquinamento delle acque. Questo accadeva nel 2007. Da allora i processi si sono conclusi, nella maggior parte dei casi con la prescrizione per quel che riguarda i reati ambientali.
A prescindere dalla punizione dei colpevoli, che sono sempre gli stessi, quello che più ci sdegna è che per i siti inquinati non si è fatto assolutamente nulla, nel senso che non si è provveduto né ad effettuare un monitoraggio, né a mettere in sicurezza i siti o a bonificarli. Neanche a San Calogero, dove è stato ucciso il povero Soumaila Sacko. Questa vicenda ha fatto rumore, ha acceso una piccola luce sulla situazione di quel territorio, sui suoi veleni e sulla piaga del caporalato. Ma presto calerà di nuovo il buio.
Per i reati ambientali quali sono le maggiori criticità?
Sicuramente il capitolo delle autorizzazioni, che vengono rilasciate per l’avvio di impianti senza nessun criterio e senza nessun rispetto per il nostro patrimonio naturale. Le faccio un esempio: è stata appena autorizzata una centrale a biomasse nel pieno Parco del Pollino. Senza nessuna valutazione di impatto ambientale. Per questa ci battiamo da 15 anni.
Un altro caso emblematico è la discarica di Celico, in provincia di Cosenza, posta proprio all’ingresso del Parco nazionale della Sila. Provi ad immaginare quale possa essere l’impatto, anche solo visivo, di uno scempio del genere. Per non parlare poi degli odori nauseabondi e dei danni alla salute per i cittadini che vivono nei territori circostanti. Come se non bastasse, oltre alla discarica attualmente funzionante c’ è anche un’altra, più vecchia, dove sono state rilevate fuoriuscite di percolato che inquinano il suolo. Ovviamente ne invochiamo la chiusura.
Come si può fare una discarica vicino a un parco?
Il provvedimento di autorizzazione non è mai stato impugnato, inoltre non è mai stata condotta una valutazione di incidenza ambientale, a nostro avviso indispensabile, vista la vicinanza a un sito naturalistico così importante.
Perché non è stata fatta una valutazione ambientale?
La Regione non lo ha ritenuto evidentemente necessario. Ma per noi questa autorizzazione è del tutto illegittima. Il Tar ha rigettato il nostro ricorso ma stiamo predisponendo l’appello. Nel frattempo, i comuni circostanti hanno più volte segnalato gli odori terribili che provengono da questa discarica e i cittadini lamentano veri e propri problemi respiratori dovuti alle emissioni.
Nel giugno 2017, la Regione ha disposto la sospensione dei conferimenti dei rifiuti e una serie di interventi di natura edilizia per eliminare le emissioni, ma questo provvedimento è stato impugnato dalla società che gestisce la discarica (la Mi.ga srl, ndr).
Oggi qual è la situazione di questa discarica?
Essendosi adeguata alle misure imposte dalla Regione, la discarica è stata riaperta e il ricorso sulla sospensiva ritirato. In questi giorni però inizierà un monitoraggio da parte di Arpa Piemonte sulle emissioni.
La Calabria è stata commissariata oltre 15 anni per vicende legate a rifiuti e reati ambientali. Quante “Celico” sono attive nella regione?
Ci sono situazioni simili nella Piana di Gioia Tauro, nel Crotonese e nel Reggino. In alcuni casi si tratta di situazioni a serio rischio.
Che ruolo giocano le organizzazioni criminali?
Che sui rifiuti si siano concentrati gli interessi della criminalità organizzata ormai è risaputo, sono una fonte di guadagno enorme. Intorno a qualsiasi discarica ci sono degli interessi economici rilevantissimi.