Virunga: Congo, parco dei gorilla chiude per violenze a ranger e turisti
Il parco nazionale dei Virunga, sui monti della Repubblica Democratica del Congo, ha deciso di chiudere almeno fino al 2019. Motivo? Ranger uccisi e attacco ai turisti da parte delle milizie Mai-Mai. Il Virunga national park è conosciuto soprattutto per la presenza dei gorilla di montagna. Ora minacciati anche dalla ricerca del petrolio
Le foreste e le montagne dei Virunga, il più antico parco naturale africano situato nella Repubblica Democratica del Congo, rimarranno chiuse ai turisti almeno fino al 2019, a causa dell’alto livello di violenza nella regione. Violenza che sconfina quotidianamente nell’area protetta insieme all’illegalità, con attacchi armati, bracconaggio, pesca abusiva e illecita produzione del carbone, traffico di animali.
A farne le spese sono stati spesso gli stessi guardiaparco: negli ultimi 20 anni qui ne sono stati uccisi 176, di cui sei tra aprile e maggio, in molti casi per mano delle milizie Mai-Mai attive nella regione orientale del Paese.
Dopo l’ultimo omicidio, avvenuto in concomitanza con il sequestro di due turisti britannici poi rilasciati, il direttore del parco, Emmanuel de Merode, ha quindi deciso lo stop al turismo fino a fine anno. Ma mentre i visitatori sono assenti, a minacciare la biodiversità del parco e la vita delle popolazioni dei Virunga potrebbero arrivare anche le trivellazioni petrolifere, che il governo sta cercando di promuovere.
Un film sul parco nazionale dei Virunga (trailer)
Attacco a ranger e turisti nel Virunga national park
Creato nel 1925 dalle autorità coloniali del Belgio, il parco dei Virunga sta attraversando una delle fasi più sanguinose della sua storia. Esteso su 7.800 chilometri quadrati e habitat per molte specie a rischio, a partire dai gorilla di montagna, negli ultimi dieci mesi ha perso 12 guardiaparco.
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«L’area è colpita ogni giorno da attacchi armati», spiega de Merode. L’ultima vittima è Rachel Masika Baraka, 25 anni, una delle 26 donne entrate negli ultimi anni nelle file dei ranger del parco, in totale circa 700. Rachel è morta mentre cercava di difendere due turisti inglesi durante un attacco dei Mai-Mai.

Qualche settimana prima di lei altri cinque ranger erano rimasti vittima di un’imboscata dei Mai-Mai, il peggior attacco subito in tempi recenti.
«Siamo impegnati in prima linea, ci mettiamo l’anima in questo lavoro e siamo pronti a morire per il parco», ha detto Jolie Kavugho, entrata nel gruppo dei ranger nel 2014, dopo aver passato una selezione e aver fatto un periodo di addestramento di sei mesi.
Le milizie Mai-Mai del Congo attaccano ranger e turisti
Una delle minacce principali è rappresentata dalle milizie Mai-Mai, un insieme di gruppi armati responsabili di razzie e omicidi, oltre che di attività di bracconaggio, traffico di animali e violenze anche contro gli abitanti dei villaggi.
In certi casi i ribelli si conquistano il favore delle persone promettendo cibo e aiuto nel bracconaggio e nelle coltivazioni illegali nel parco, ma il mancato rispetto delle promesse porta a conflitti anche con le popolazioni locali.

Insieme all’assassinio dei cinque ranger, uno degli episodi più cruenti è avvenuto nel 2007, quando i Mai-Mai hanno attaccato un gruppo di ambientalisti e operatori del parco impegnati nel monitoraggio dei gorilla. Nell’attacco sono morte due persone e sono rimaste ferite altre tre, mentre tutta la strumentazione tecnica e le armi delle guardie sono state rubate dai miliziani.
Tentativi di sviluppo nel parco dei gorilla di montagna
L’economia illegale che i ranger si trovano ogni giorno a combattere vale, secondo de Merode, 170 milioni di dollari l’anno. Una partita enorme, in un Paese dove il 63% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Allo stesso tempo, l’area del parco, dove vivono circa 4 milioni di persone, sta vivendo un momento di sviluppo economico, favorito dall’arrivo dell’elettricità grazie anche a fondi europei, che hanno permesso la costruzione di impianti idroelettrici.
L’altra componente all’origine dello sviluppo economico è il turismo, che oggi genera un giro d’affari nella regione di 4 milioni di dollari. Dal 2014, quando il turismo è stato rilanciato, sono arrivati 17 mila visitatori.
Nel frattempo, la popolazione dei gorilla di montagna, la specie-simbolo del parco dei Virunga e da sempre preda di traffici illeciti, è cresciuta: tra il 2010 e il 2018, gli esemplari sono passati da 480 a 604, mostrando che la convivenza con il turismo è possibile.

Allo stesso tempo, l’ingresso delle prime donne nel corpo dei ranger del parco è stato un fattore di emancipazione femminile.
«Sono diventate un simbolo del fatto che le donne possono indossare l’uniforme, portare armi e far rispettare la legge. È una grande responsabilità, soprattutto nel Congo orientale. Questo sta iniziando a permeare nella società congolese, dove di solito le donne hanno meno opportunità», dice de Merode.
Repubblica Democratica del Congo: il pericolo petrolio
Questo percorso di sviluppo basato sulla tutela della biodiversità potrebbe però essere messo in pericolo dall’intenzione del governo di aprire alle trivellazioni nella zona. Come denunciato ad aprile da Global Witness, una ong che da tempo lotta contro la corruzione, infatti, il governo congolese è al lavoro per restringere i confini dei parchi nazionali di Salonga e Virunga, entrambi siti Patrimonio dell’umanità Unesco, in modo da far uscire dal perimetro delle aree protette le zone di interesse delle compagnie petrolifere.
Lo stesso ministro del Petrolio, Ngoi Muken, ha dichiarato all’inizio dell’anno che nessuna area dovrebbe essere off limits per le esplorazioni petrolifere.
Oltre al rischio concreto rappresentato dalle attività estrattive, sul futuro del turismo nel parco pende anche l’incognita politica. Nel 2016 avrebbero dovuto tenersi le elezioni, ma il governo di Joseph Kabila le ha rimandate al prossimo dicembre. In base alla legge attuale non può ricandidarsi, ma questa posticipazione di due anni ha già alimentato malumori e proteste che non aiuteranno a ridurre la violenza nell’area.