
Diritti umani: uscita Usa da consiglio Onu «in linea con politica Trump»
Trump porta gli Usa fuori dal Consiglio per i diritti umani Onu. «Una scelta gravissima, ma in linea con la sua politica estera». Marco Mascia, direttore del centro di ateneo per i diritti umani dell'Università di Padova, spiega cosa sta succedendo. «Trump viola le principali convenzioni sui diritti umani. Ma dov'è l'Ue?»
«Organismo ipocrita ed egoista, che si fa beffe dei diritti umani». È con queste parole che gli Stati Uniti di Donald Trump, per bocca dell’ambasciatrice Usa alla Nazioni Unite, Nikki Haley, hanno annunciato la decisione di uscire dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Una scelta che sancisce con chiarezza la strada che gli Stati Uniti stanno perseguendo, quella della de-regulation istituzionale.
«È gravissima la scelta degli Usa di uscire dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Ma possiamo dire che è anche coerente con la politica estera perseguita da Trump, un’amministrazione che sta violando le principali convenzioni giuridiche internazionali in materia di diritti umani».
È il commento di Marco Mascia, direttore del centro di ateneo per i diritti umani “Antonio Papisca” dell’Università di Padova.
Una politica estera fuori dai diritti umani internazionali
La scelta di Trump appare chiara e inequivocabile. Prima l’uscita dall’Unesco, oggi dal consiglio dei diritti umani Onu, la strategia sembra convergere verso l’unilateralismo, non riconoscendo la scelta fatta da Roosevelt durante la Seconda guerra mondiale, che ha portato all’idea delle Nazioni Unite come autorità sovraordinata agli stati, in grado di garantire pace e sicurezza internazionale.
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«Quella di Trump – prosegue il professor Mascia – è una politica che si colloca al di fuori dell’ordinamento giuridico internazionale, non ratificando peraltro gli Stati Uniti le principali convenzioni internazionali sui diritti umani».
Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite Foto: Ludovic Courtès (via Wikipedia)
Basti pensare, ricorda il professore, alla vicenda dei bambini rinchiusi nelle gabbie e sottratti ai genitori al confine tra Messico e Usa, che viola la Convenzione internazionale dei diritti dei bambini, che gli Usa non hanno mai ratificato (sulla vicenda dei bambini al confine, proprio oggi Trump ha annunciato un parziale dietro-front).
Dalla Commissione diritti umani Onu al Consiglio
Una scelta gravosa ma coerente. Già nel 2006, infatti, gli Stati Uniti si rifiutarono di unirsi al Consiglio per i diritti umani, che dal 15 marzo di quell’anno aveva preso il posto della Commissione per i diritti umani dell’Onu. In quell’occasione, infatti, gli Usa avevano rifiutato l’adesione sostenendo che erano state ammesse nazioni discutibili proprio in tema di rispetto dei diritti umani (salvo poi entrare, nel 2009, sotto la guida del presidente Barack Obama).
Diritti umani alle Nazioni Unite: la questione palestinese
Coerente anche all’appoggio che da sempre, ad eccezione dell’era Obama, gli Usa hanno mostrato verso Israele, che Trump ha sostenuto essere vittima di pregiudizio. In più occasioni Trump e la Havey hanno criticato l’organo Onu per il trattamento riservato a Israele, tanto da definirlo inutile.
«Ad eccezione dell’amministrazione Obama – prosegue Mascia – dove gli Usa si sono astenuti su alcune risoluzioni in merito al conflitto israeliano-palestinese, da sempre è stato posto il veto da parte degli Usa in Consiglio di sicurezza su qualsiasi risoluzione di condanna nei confronti delle azioni di Israele ai danni del popolo palestinese.

Alle Nazioni Unite, in Assemblea generale, c’è una maggioranza automatica, che è quella dei paesi del Terzo Mondo. Quando viene presentata una risoluzione di condanna verso Israele questa viene automaticamente approvata, avendo questi paesi la maggioranza. In questo senso gli Stati Uniti sostengono che l’organo è inutile. Ma questo non esclude che si tratti di una scelta negativa, un segnale di totale disimpegno verso il multilateralismo».
Onu e diritti umani: il Consiglio nelle Nazioni Unite
Ma qual è il ruolo del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite? Nato nel 2006, per sostituire la commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani (criticata ai tempi dagli Usa, in quanto politicizzata, tanto da portare alla nuova formulazione così come è oggi), il Consiglio è un organo politico composto da 47 stati membri, che ha il compito di promuovere e proteggere i diritti umani.
Uno degli strumenti di intervento è la revisione periodica universale, che prevede che tutti gli stati membri, sia che abbiano o meno ratificato le convenzioni, si facciano monitorare dal Consiglio stesso, presentando dei report che daranno vita a delle raccomandazioni.
Esistono poi delle procedure speciali, dei relatori speciali presenti per paese e per questione, che hanno un compito di indagine (qui l’intervista a Michel Forst, relatore speciale Onu sui difensori dei diritti umani).
«Questi relatori – spiega Mascia – si recano nei paesi, intervistano i rappresentanti di governo e della società civile, redigono dei rapporti che vengono poi discussi in Consiglio, che porteranno a delle raccomandazioni. Si tratta di un organo politico, che ha una funzione molto importante di socializzazione politica e di educazione al principio del rispetto dei diritti umani».
Amnesty: «Consiglio Onu importate per tutela diritti umani»
Dura la posizione di Amnesty International verso la scelta di Trump. «Sebbene non sia perfetto e i suoi stati membri finiscano spesso per trovarsi sotto osservazione – è il commento Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International – il Consiglio Onu per i diritti umani resta un organismo importante per accertare le responsabilità delle violazioni dei diritti umani e per la giustizia».
«Gli Usa dovrebbero riconsiderare urgentemente questa decisione, che li piazza sul lato sbagliato della storia. Hanno deliberatamente scelto di indebolire i diritti umani di tutte le persone e le loro battaglie per la giustizia».
L’Ue difenda la Dichiarazione diritti umani Onu del 1948
La scelta degli Usa, pertanto, rappresenta un segnale di allarme, che chiama in causa anche l’Unione Europea. «L’Unione Europea – è il parere di Mascia – ha oggi un’autostrada completamente libera da percorrere a grande velocità per promuovere lo sviluppo e il potenziamento dell’organizzazione multilaterale internazionale. Perché l’Unione Europea non si muove in questa direzione? Perché i paesi membri dell’Unione Europea votano in maniera sempre diversa quando si tratta di questioni come la questione palestinese o altre questioni che riguardano la violazione dei diritti umani? Queste scelte forti degli Usa chiamano in causa l’Unione Europea, che dovrebbe essere sollecitata a giocare un ruolo globale proprio in questo settore».
Come se l’Unione Europea fosse quello che viene definito un nano politico. È sì una potenza economica globale, che tuttavia non riesce a svolgere il ruolo politico che gli spetterebbe, anche in virtù delle scelte americane.
«Ci deve essere una presa di coscienza – aggiunge Mascia – rispetto a quello che sta accadendo e proporre il rispetto delle regole sancite con la carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione universale dei diritti umani».
Siamo in una fase di stallo, dove manca l’iniziativa e un leader politico che abbia il coraggio di prendere una posizione forte. «Stanno facendo saltare – prosegue il professor Mascia – l’ordine internazionale stabilito a San Francisco, quello che si fonda sui diritti umani e sul divieto dell’uso della forza per la risoluzione delle controversie internazionali. E che riconosce nelle Nazioni Unite l’autorità per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. C’è un silenzio tombale spaventoso. Le uniche voci sono quelle della società civile, dell’associazionismo, che viene criticato rispetto al ruolo che sta svolgendo nel Mediterraneo. È in atto una forte criminalizzazione del ruolo delle ong, che sono quelle invece che svolgono un ruolo di difensori di diritti umani, nel nostro caso di diritti umani dei migranti».