Omofobia: una giornata mondiale contro la violazione dei diritti Lgbti
Insulti, minacce, violenze, leggi ferme al palo, unioni civili che stentano a decollare, cambio di genere: ecco la situazione dei diritti Lgbti in Italia e in Europa in occasione della Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia
L’insulto più frequente rivolto a Luca Paladini via web è “frocio pederasta”, un’espressione aggressiva che denota anche una palese mancanza di creatività. Quella che da mesi sta affrontando il leader dei Sentinelli di Milano – il gruppo nato 3 anni fa in reazione alle Sentinelle in piedi, contrarie all’allargamento dei diritti civili alle coppie gay – è una vera e propria campagna di odio nei suoi confronti.
Oltre agli insulti ci sono le minacce, fotomontaggi con immagini di detenuti nei lager nazisti, di cui uno ha il suo volto; frasi come “Paladini ha l’Aids”, e altre affermazioni da denuncia penale. E infatti sui responsabili indaga la polizia postale, per risalire alle vere identità che si nascondono dietro i profili farlocchi di chi usa l’anonimato dei social.
Nell’attesa, dalla reazione spontanea di solidarietà a Paladini, è nata una campagna contro l’odio omofobo che si è data appuntamento in piazza della Scala a Milano, il prossimo 19 maggio, due giorni dopo la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, anche per chiedere una legge efficace contro la omotransfobia.
Reato di omofobia: legge ferma al Senato dal 2013
Il caso di Luca Paladini, una figura nota impegnata in prima linea per i diritti delle minoranze, non solo della comunità LGBTI+, è emblematico del livello di omofobia in Italia. Dove una legge specifica contro questo reato è ferma in Senato dal 20 settembre 2013, dopo essere stata approvata alla Camera. Si tratta della legge Scalfarotto, dal nome del deputato del Pd che ha presentato e sostenuto il progetto.
La proposta aggiunge l’aggravante dell’omofobia alla legge Mancino del 1993 che condanna gesti, azioni e slogan che hanno lo scopo di incitare alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali.
Con la sua approvazione, chi istiga a commettere, o commette, discriminazione per motivi riconducibili a omofobia o transfobia, potrebbe essere condannato fino a 18 mesi di carcere, che diventano 4 anni per chi compie atti di violenza. Stessa pena per la partecipazione a movimenti o associazioni che istigano alla discriminazione e alla violenza per omofobia o transfobia.
Coppie gay: dove non arriva la Cirinnà arrivano i giudici
Questa proposta non è l’unico testo sul tema Lgbti+ bloccato in Senato. La stessa sorte è toccata anche al provvedimento sulla cosiddetta “stepchild adoption”, recepito il 17 maggio del 2016. L’adozione del figlio del partner era stata infatti stralciata dalla legge Cirinnà, che, approvata negli stessi giorni, riconosce alle coppie omossessuali gli stessi diritti e doveri delle coppie etero, introducendo le unioni civili.
Dove non arriva la legge, arriva però la giurisdizione, e ad oggi ci sono diverse sentenze che hanno riconosciuto: l’adozione del “configlio” (prima sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, 22 giugno 2016); l’adozione congiunta da parte di coppie omossessuali (tribunale dei Minori di Firenze, 9 marzo 2017); la genitorialità derivante da adozione di figlio nato da maternità surrogata per coppie omossessuali maschili (Corte d’Appello di Trento, 1° marzo 2017).
Recentemente, senza l’intervento di giudici e tribunali, le anagrafi di Torino e Roma hanno reso pubblico di aver riconosciuto a bambini di coppie omogenitoriali entrambi i genitori. Piccoli segnali in controtendenza con la società italiana ancora omofoba.
Omofobia e transfobia in Italia
Nell’estate 2017 è stato denunciato un episodio di omofobia o transfobia ogni 3 giorni. Non c’è da meravigliarsi se si pensa che, in base alla relazione finale della Commissione Jo Cox sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio, pubblicata lo scorso 6 luglio, il 25% degli italiani considera l’omosessualità una malattia.
Il 40,3% delle persone Lgbti, inoltre, afferma di essere stato discriminato nel corso della vita (il 24% a scuola o università, il 29,5% nel corso di una ricerca di lavoro, il 22,1% sul lavoro). Infine, il 23,3% della popolazione omosessuale/bi-sessuale ha subito minacce e/o aggressioni fisiche a fronte del 13,5% degli eterosessuali.
Diritti trans e cambio di genere in Italia
Dal 2015 per le persone trasgender l’Italia è un paese più accogliente. La Corte Costituzionale italiana ha stabilito che per il cambio di genere all’anagrafe non è necessario alcun trattamento chirurgico, una regola valida anche per i minorenni (con il consenso dei genitori).
È stato un passo importante, sia perché transgender e transessuali sono trattati secondo il sesso indicato sulla carta d’identità, sia perché la “rettifica” chirurgica del sesso implica la sterilizzazione, ed è quindi difficile da accettare per molti (oltre alle possibili complicazioni derivanti dall’operazione).
Transgender obbligati a sterilizzazione in 14 paesi Ue
Eppure, solo in Europa, ci sono 14 paesi che di fatto impongono la chirurgia ai transgender per poter modificare il genere sui documenti, un requisito duramente contestato dalle comunità Lgbti+. Soprattutto quando la legge non richiede soltanto l’operazione di riassegnazione sessuale, ma indica esplicitamente che è necessaria la sterilizzazione che questa inevitabilmente comporta.
Nell’Unione europea questo avviene, per esempio, in Bulgaria, a Cipro, in Finlandia, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Slovenia.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto in più occasioni che il diritto all’identità di genere rientra a pieno titolo nella tutela prevista dall’articolo 8 della Cedu, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che stabilisce il rispetto della vita privata e familiare.
Ma i 47 paesi che riconoscono la sua autorità non sono comunque obbligati a modificare le proprie leggi per conformarsi alle sentenze approvate. In ogni caso, nella maggior parte dei paesi europei (tranne Danimarca, Irlanda, Malta e Norvegia), per poter ottenere il cambio di genere all’anagrafe è necessaria un’analisi psichiatrica e affrontare un processo.
In Ungheria, Cipro, Kosovo, Macedonia, Albania non è proprio possibile modificare il proprio genere sui documenti. Secondo Amnesty International, solo nei paesi Ue le persone transgender sono un milione e mezzo.
Matrimoni tra persone dello stesso sesso in Europa
In Italia, l’approvazione della Cirinnà nel 2016, pur non garantendo il matrimonio egualitario alle coppie omosessuali, ha permesso all’Italia di allinearsi alla maggior parte dei paesi europei.
Oggi sono sei i paesi Ue che vietano l’unione tra persone dello stesso sesso, e cioè Bulgaria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia, che sono anche tra le nazioni entrate più recentemente nell’Unione.
I primi a riconoscere questi diritti con delle leggi specifiche sono stati invece Danimarca, Svezia e Finlandia, che sono anche tra i paesi che riconoscono alle coppie omosessuali l’adozione, non ammessa dall’ordinamento di 12 paesi europei.