Monsanto: le sementi del cotone ogm impoveriscono il Burkina Faso
Dal rapporto della Rete per il diritto al cibo e alla nutrizione arriva un monito agli altri paesi africani che hanno adottato ogm. Guadagni scarsi, indebitamento degli attori della filiera, riduzione della biodiversità e minaccia al diritto all'alimentazione sono gli effetti registrati dopo aver usato per 8 anni le sementi ogm del cotone Monsanto
L’adozione del cotone Bt della Monsanto avrebbe avuto pesanti conseguenze economiche e sociali in Burkina Faso, in particolare per la popolazione rurale. A denunciarlo è un recente rapporto pubblicato dalla Rete per il diritto al cibo e alla nutrizione (Global Network for the Right to Food and Nutrition), “Profitto per il business o sistema alimentare diversificato?“. Ma andiamo con ordine.
Il Bt cotton, letteralmente Bacillus thuringiensis, è un cotone che contiene tossine repellenti per alcune tipologie di parassiti della pianta. La materia prima era stata introdotta in Burkina Faso nel 2008 come una soluzione per rilanciare la produzione. Ma a distanza di 8 anni, nel 2016, Ouagadougou aveva annunciato l’abbandono di questo cotone ogm. Una decisione spinta da una produzione in calo e dalla bassa qualità della materia prima finale.
E ora, a distanza di due anni, ecco lo studio che indaga le conseguenze di queste scelte e che appare come un monito per gli altri paesi africani che hanno adottato varietà di semi modificati. Tra i paesi dell’Africa sub-sahariana che hanno introdotto sementi modificate ci sono Sudafrica e Sudan.
Sementi ogm del cotone Monsanto, brevetti e pesticidi
Il testo si concentra sull’impatto che la diffusione di sementi commerciali ha avuto in Burkina Faso, il primo paese dell’Africa occidentale ad adottare ogm e cotone Bt. Dal 2008 al 2016, infatti, il paese ha puntato sulla coltivazione del cotone ogm, commercializzato dalla multinazionale Monsanto.
L’adozione di questi semi si è interrotta nel 2016, quando i maggiori produttori della materia prima hanno annunciato la sospensione dovuta alla bassa prestazione del cotone Bt sul mercato e al peggioramento della qualità della materia prima.
Nel rapporto si legge come il caso del Burkina Faso rappresenti un esempio della dipendenza dei contadini da varietà protette da brevetti, accompagnate da pacchetti tecnologici composti da pesticidi e fertilizzanti. I ricercatori della rete sottolineano il fatto che non esiste ancora uno studio ufficiale sugli impatti ecologici ed economici del cotone Bt nel paese.
Contadini indebitati e dipendenti in Burkina Faso
Il costo elevato delle sementi di cotone Bt commercializzato dalla Monsanto avrebbe provocato, in molti casi, l’indebitamento dei produttori e dei diversi attori della filiera. L’introduzione degli ogm ha inasprito un sistema di dipendenza dei contadini, già presente con la diffusione delle varietà commerciali.
In molti casi i contadini avrebbero ricevuto a credito sementi e pesticidi prima della semina, per poi pagare al momento della raccolta. Con questa modalità, finché la raccolta è buona tutto fila liscio, ma le cose si complicano in caso di cattivo raccolto. I contadini non solo ricevono un guadagno inferiore, ma devono anche rimborsare semi e prodotti chimici, spesso a un prezzo fisso.
Alcuni degli intervistati hanno dichiarato di non essersi sentiti liberi di scegliere se adottare o meno gli ogm. Nonostante il fallimento della produzione Bt, il Burkina Faso sarebbe pronto all’adozione di nuove sementi modificate.
Le associazioni contadine coinvolte nella ricerca hanno detto di essersi sentite private del controllo sulla produzione e sulla selezione dei semi. Hanno spiegato, inoltre, come le varietà commerciali abbiano vita breve e debbano essere ricomprate ogni 2 o 3 anni.
Cooperazione allo sviluppo sostiene semi con brevetti
Il rapporto denuncia come nella campagna agricola 2015/2016 il Burkina Faso abbia sovvenzionato con 30 milioni di dollari pesticidi, concimi chimici e sementi commerciali.
A promuovere la diffusione di sementi protette da brevetti, secondo il documento, sarebbero anche i programmi e i progetti di aiuto della cooperazione internazionale allo sviluppo. In alcuni casi sono previsti corsi di formazione all’utilizzo di pesticidi e concimi per i contadini. Lo scopo del governo burkinabé sarebbe quello di diffondere l’uso di sementi migliorate, di garantire la sicurezza alimentare e modernizzare il settore agricolo.
Diritto al cibo e biodiversità a rischio
Secondo il rapporto, i programmi a sostegno delle sementi ibride e commerciali metterebbero a rischio il diritto al cibo e alla nutrizione, in particolare per la popolazione rurale che fonda la sua dieta sui semi locali. I sistemi sementieri moderni sarebbero una minaccia anche per la biodiversità e per l’esistenza stessa delle varietà tradizionali.
Raccolta del cotone in Burkina Faso. Foto: @KKB Own Work (via Wikimedia)
Il documento punta il dito anche sulla responsabilità degli stati. Secondo i ricercatori sarebbe mancata l’applicazione del principio di precauzione prima dell’introduzione su larga scala degli ogm nella filiera del cotone.
Agricoltura africana, multinazionali e brevetti
Il 26 aprile scorso, in occasione della Giornata Internazionale della proprietà intellettuale, l’Alleanza per la sovranità alimentare in Africa (Afsa) ha diffuso un rapporto sul tema della resistenza all’invasione delle corporation nel sistema sementiero africano e sulla costruzione di un sistema di sementi contadine per la sovranità alimentare in Africa.
Secondo il documento, anche le organizzazioni sovranazionali africane come la Sadc (la comunità di sviluppo dell’Africa Meridionale) e Comesa (il mercato comune dell’Africa orientale e meridionale) avrebbero spinto gli stati verso l’approvazione di regolamenti che favoriscono la diffusione di semi commerciali, a beneficio delle corporation.
Trattati di libero scambio per cambiare le leggi sui semi
I trattati, si legge in una dichiarazione rilasciata il 19 aprile da La Via Campesina, «hanno causato crisi agricole nelle comunità rurali, provocando l’abbandono del settore da parte dei produttori di scala piccola e media». Il principale movimento contadino globale fa riferimento alla volontà di controllo dell’intera filiera da parte delle major del settore agricolo: “dal seme alla tavola”.
Una tesi che viene sostenuta anche dall’ong Grain. In un articolo apparso nel mese di marzo, infatti, sottolinea come gli accordi commerciali incidano sulle leggi sementiere in Africa.
«Per quanto ogni Stato sia libero di aderire o meno ai trattati, spesso si trovano obbligati a firmare per ragioni finanziarie».
Il mercato dei semi e la proprietà intellettuale
Quando si tratta di regolare le transazioni di sementi, però, bisogna tenere conto delle sue peculiarità. «Il seme è plurivalente: può essere una risorsa genetica su cui basare la ricerca, può essere una commodity venduta per la sua farina e può essere una semente che darà vita ad una pianta». A dirlo a Osservatorio Diritti è l’agronomo Giuseppe De Santis di Rete Semi Rurali, che sostiene la centralità dei semi e la loro versatilità quando si tratta di regolare il loro uso. Questo vuol dire che una stessa componente della pianta ha valori e mercati diversi a seconda di come viene concepita.
Il mercato delle sementi è di per sé atipico perché, come dice Giuseppe De Santis, «in teoria non ci sarebbe bisogno di comprare sementi per poter ripiantare il campo l’anno successivo».Alcune varietà, infatti, possiedono le stesse caratteristiche del genitore che le ha generate.
Il sistema sementiero, cosi come lo conosciamo adesso, risponde alla necessità di tutelare in primo luogo l’agricoltore. «Lo tutela nella certezza del seme, che deve essere sano e rispondente alla migliore resa in campo» spiega l’agronomo di Rete Semi Rurali. Da questa istanza sono nate le legge sementiere dei primi del 1900 e quindi il mercato delle sementi. «Il mercato si è sempre più specializzato e monopolizzato con la rivoluzione verde, che ha decretato la definitiva separazione tra i contadini e le “discipline” della produzione delle sementi». Sono nati, così, intermediari che compiono la selezione e il miglioramento del seme di partenza. Il loro prodotto finale, però, deve essere decisamente diverso da quello di partenza per poter godere del riconoscimento della proprietà intellettuale.
In Africa i semi sono patrimonio di tutti
«La maggior parte delle varietà di semi che vengono commercializzate nel mondo sono di pubblico dominio, non brevettate, perché derivano da un lunghissimo lavoro di selezione svolto dai contadini per millenni», spiega Giuseppe De Santis.
Nel mercato africano questo emerge in modo evidente, dato che la maggior parte, tra l’80% e il 90%, dei semi proviene da sistemi contadini tradizionali. «In Africa il tema della proprietà intellettuale è una questione politica», sottolinea l’agronomo. Che aggiunge: «La maggior parte dei contadini continua ad utilizzare sementi tradizionali». La fetta di mercato occupata dalla proprietà intellettuale è ancora piccola.
«Esiste, però, un meccanismo di aiuto internazionale e cooperazione che fa da cavallo di troia per la diffusione di varietà moderne di sementi».
Diete standardizzate e riduzione della biodiversità
La riduzione delle varietà coltivate e la diffusione delle sementi moderne ha influito sulla diminuzione della biodiversità, ma il ruolo centrale lo ha avuto la standardizzazione delle diete. A sostenerlo, ancora una volta, è l’agronomo di Rete Semi Rurali: «Il sistema alimentare mondiale sta determinando un’erosione genetica sistematica».
«In Senegal, in molte aree, la baguette ha sostituito il miglio, ma il Senegal non produce frumento», sottolinea. «Questo ha avuto un impatto sulle varietà di miglio che le persone consumano e quindi che vengono coltivate».
Fusione Bayer-Monsanto: rischi dalle unioni di filiera
È del mese di marzo il via libera condizionato della Commissione europea alla fusione tra Bayer e Monsanto. Una unione che si aggiunge ad un mercato già dominato da pochi gruppi, dopo il matrimonio tra Chem China e Syngenta, Dow Chemical e DuPont. «Chi controlla i semi controlla anche quello che mangi», sottolinea l’agronomo di Rete Semi Rurali.
«I merger sono preoccupanti perché sono fusioni di filiera: sementi, fitofarmaci e distribuzione».
Quello che si diffonde, attraverso i semi, è il modello alimentare globale promosso dai colossi dell’agrobusiness.