Messico: sfollati interni come in tempo di guerra civile

330.000 persone vivono come sfollati interni in Messico. Numeri da guerra civile, che fanno scricchiolare l'immagine di una "normale" democrazia che si prepara a scegliere il proprio presidente nelle elezioni del 1° luglio. Ecco cosa sta succedendo nel Paese dove la sicurezza è ancora miraggio di pochi

In Messico non è in corso nessuna guerra civile e il prossimo 1° luglio il Paese sarà chiamato a scegliere il nome del presidente della Repubblica per il periodo 2019-2016. Eppure, all’interno dei suoi confini, 329.917 persone vivono la condizione di “sfollati interni, risultando vittime di desplazamiento forzado. E nel solo 2017, secondo il recente rapporto della ong Comisión Mexicana de Defensa y Promoción de los Derechos Humanos (Cmdpdh), all’elenco si sono aggiunte altre 20.390 persone.

Chiapas, Guerrero, Sinaloa: mappa degli sfollati interni

Il monitoraggio continuo realizzato dal gruppo di lavoro della Commissione, tra gennaio e dicembre 2017 ha individuato 25 casi di trasferimento forzato e ha riguardato gli abitanti di 79 località, in 27 municipi all’intero di almeno nove Stati della Repubblica. Il maggior numero di episodi, ben sette, si sono registrati nello Stato di Guerrero, cinque hanno riguardato il territorio di Sinaloa e tre ciascuno gli Stati del Chiapas, di Chihuahua e di Oaxaca.

Quasi i tre quarti delle vittime dei nuovi sfollati, però, vivono in appena tre Stati: Chiapas e Guerrero, nel Sud-est del Paese, e Sinaloa, che è nel nord, anche se non confina con gli Stati Uniti.

Chi sono gli sfollati interni messicani: indigeni 6 su 10

L’episodio più dirompente dell’anno, per il numero di sfollati, riguarda lo stato del Chiapas e il conflitto agrario tra i municipi di Chalchihuitán e Chenalhó, nella regione degli Altos. Esso ha portato ben 5.323 indigeni di etnia tzotziles a fuggire dalle proprie abitazioni, a partire dalla metà del mese di ottobre del 2017, cercando rifugio in montagna.

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Foto: archivio Frayba

Secondo il rapporto, qui sono morte almeno 11 persone di fame e di freddo, «due bebè, un bambino di un anno e sei mesi, un bambino di due anni e sette mesi, due adulti e cinque anziani».

Su scala nazionale, oltre il 60% dei nuovi sfollati del 2017 appartiene a una delle etnie indigene. Oltre agli tzotziles del Chiapas, le altre vittime sono nahuas, mixes, rarámuris (o tarahumaras), purépechas e tepehuanes (o ódami).

Le cause: gruppi armati, violenza politica, conflitti

Secondo le informazioni raccolte dai redattori del Rapporto sugli sfollati interni in Messico, il 68% degli episodi avrebbe come evento scatenante la violenza da parte di gruppi armati organizzati, mentre 7 su 25 dipendono da violenza politica, conflitti sociali o dispute territoriali.

Nello Stato di Zacatecas, invece, a fuggire della proprie abitazioni in località La Colorada, nel municipio di Chalchihuites, sono state nel gennaio dell’anno scorso 47 famiglie, vittime della violenza armata di guardie al servizo dell’impresa canadese Panamerican Silver. Spiega il Cmdpdh che le «minacce continuavano in modo costante da due anni».

Omicidi di difensori dei diritti umani e sfollati interni

Nelle conclusioni si dà conto di un altro “caso” legato direttamente allo sfruttamento delle risorse ambientali e ai diritti umani. Proprio a causa di un omicidio, infatti – quello di Isidro Baldenegro López, leader indigeno e attivista ambientale nello Stato di Chihuahua, assassinato nel gennaio del 2017 nella comunità di Coloradas de la Virgen, nel municipio di Guadalupe y Calvo – 12 famiglie hanno abbandonato le proprie case per cercare rifugio Guachochi, Hidalgo del Parral e Chihuahua.

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Isidro Baldenegro López – Foto: Goldman Environmental Foundation

Nel 2005 Baldenegro López aveva vinto il Goldman Prize, il Nobel alternativo per l’ambiente, per la lotta a difesa dei boschi della Sierra Madre dei Tarahumara dai tagliatori illegali. «Riteniamo necessario sottolineare che le persone che difendono i diritti umani rappresentano un settore della popolazione che deve essere riconosciuto come vulnerabile. Questo aspetto è particolarmente importante dato che in uno degli eventi registrati nel corso del 2017 l’omicidio di un difensore ha causato il desplazamiento forzado della popolazione». Delle 15 abitazioni della comunità, appena 3 sono rimaste abitate.

Il ritorno alle proprie case

Le stime della Cmdpdh affermano che meno di un quarto delle vittime nel corso dell’anno ha potuto far ritorno alla propria abitazione e vive nuovamente nella comunità di origine. Il dato numerico (4.842 persone), però, non offre un’analisi qualitativa adeguata, perché molti tra coloro che sono effettivamente “ritornati” lo hanno fatto perché funzionari pubblici hanno realizzato pressioni per chiudere il caso.

Ad Chalchihuitán e Chenalhó, in Chiapas, ad esempio, è anche la Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh) a sottolineare il problema, chiedendo ufficialmente al governo messicano di proteggere o garantire la sicurezza nei confronti di coloro che hanno fatto rientro a casa.

Le proposte a Città del Messico per avere più sicurezza

Le sollecitazioni della Cidh sono rivolte allo Stato messicano, cui si rivolge anche la  Comisión Mexicana de Defensa y Promoción de los Derechos Humanos con tre richieste: il riconoscimento delle vittime di sfollamento forzado; un’analisi statistica ufficiale continua ed aggiornata del fenomeno, da affidare all’Istituto nazionale di stastistica (Inegi); l’approvazione di una legge per la prevenzione del fenomeno e l’attenzione agli sfollati interni, che garantisca alla vittime almeno «la protezione e un risarcimento integrale ed equo del danno subito».

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