Armenia: soldi Ue alla discarica che sostituirà una foresta

La nuova discarica di Erevan, la capitale dell'Armenia, sorgerà al posto di un progetto di riforestazione mai realizzato e sarà costruita in gran parte con finanziamenti europei. Dovrà risolvere il problema dei rifiuti solidi della capitale, che oggi inquinano terre e acqua. Ma gli ambientalisti temono corruzione e malagestione

Tre istituzioni legate all’Unione europea finanzieranno con 24 milioni di euro una nuova discarica in Armenia. Il progetto sembra nascere con tutte le attenzioni sanitarie necessarie, ma andrà a sostituire un programma di riforestazione messo in cantiere una decina d’anni fa e mai realizzato.

La situazione preoccupa gli attivisti armeni, che intravedono pericoli di corruzione e malagestione. Oltre a quello di un indebitamento eccessivo da parte delle casse pubbliche armene, che per restituire i soldi alle istituzioni europee potrebbero chiedere nuovi sacrifici alla popolazione.

Il terreno contestato: 30 ettari vicini alla capitale Erevan

La nuova discarica nascerà su un terreno di 30 ettari vicino all’attuale deposito che raccoglie i rifiuti di Erevan, la capitale armena. L’area si trova 12 chilometri a sud della città, vicino a Nubarashen.

Sin dagli anni ’60 la zona è diventata una grande discarica a cielo aperto che oggi, secondo i documenti ufficiali, raccoglie dai 6 agli 8 milioni di tonnellate di rifiuti, raggiungendo il massimo della sua capacità.

Nel corso del 2018 dovrebbe partire dunque la realizzazione di una nuova discarica, rispettosa delle norme sanitarie. Si tratta dello Yerevan Solid Waste Project (Progetto per i rifiuti solidi di Erevan), in cantiere dal 2011 ma mai realizzato fino ad ora, come denunciano gli ambientalisti armeni.

I prestiti delle istituzioni europee all’Armenia

Serviranno quasi 26 milioni di euro per realizzare la nuova discarica della città. Il progetto ha ricevuto nel 2015 un prestito da 8 milioni dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e la stessa quantità di soldi arriverà dalla Banca europea degli investimenti. Cifre a cui vanno aggiunti altri 8 milioni, una concessione della Neighbourhood Investment Facility che finanzia opere infrastrutturali nei paesi partner dell’Unione europea. A questi finanziamenti si aggiungono i costi di assistenza tecnica e implementazione dell’opera.

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Monte Ararat e lo skyline di Erevan. Foto: Serouj Ourishian (via Wikimedia)

Un impianto che la Banca europea degli investimenti definisce ecologico ed efficiente dal punto di vista energetico, in grado di migliorare la salubrità dell’odierna raccolta dei rifiuti.

La discarica oggi: liquami e terreni inquinati

L’attuale discarica è uno spazio aperto, non controllato, esposto alle intemperie. Lo racconta a Osservatorio Diritti Sofia Manukyan, ambientalista specializzata nella violazione dei diritti umani in campo ambientale, che sta conducendo una battaglia di sensibilizzazione sul progetto di nuova discarica, che dovrebbe partire in questi mesi.

«L’acqua sporca e i liquami penetrano nel terreno perché l’area che raccoglie i rifiuti non è stata isolata dal suolo».

Sofia Manukyan si riferisce a una zona attualmente coperta di rifiuti. La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo definisce le attuali condizioni del sito di Nubarashen come pericolose, sia dal punto di vista sanitario sia ambientale.

La nuova discarica, almeno sulla carta, dovrebbe rispettare le regole di salubrità previste da questi impianti: isolamento dal suolo, recinzioni e una copertura in grado di intrappolare i gas emessi dai rifiuti solidi. «In questo senso sarebbe un miglioramento rispetto alla situazione attuale», sostiene l’ambientalista, che sottolinea come dovrebbe migliorare anche la condizione dell’area che oggi è sepolta dai rifiuti.

Il nuovo progetto, secondo le carte ufficiali, punta a ridurre la presenza degli animali portatori di malattie, come topi e insetti, e alleviare i rumori e gli odori provenienti dai rifiuti. Il progetto dovrebbe trovare soluzioni anche per le aree già inquinate, in particolare acque superficiali e terreno.

Malattie respiratorie e allergie: i danni alla salute

Nelle vicinanze della discarica sorgono alcuni centri abitati. La popolazione si lamenta del forte odore che arriva, portato dal vento. Alcuni abitanti hanno raccontato di soffrire di mal di testa e di altre malattie legate alla presenza dei rifiuti.

Nel documento di impatto sociale e ambientale per la realizzazione del nuovo impianto, si legge che il tasso di allergie tra i bambini e gli adulti è in aumento. In alcuni casi sono state riscontrate malattie respiratorie e asma.

Baracche e lavoratori della discarica

Attualmente ci sono persone che vivono del lavoro nella discarica di Erevan. Secondo le stime raccolte dai finanziatori si tratterebbe di circa 200 persone. Fanno il lavoro di smistamento dei rifiuti a mano e in alcuni casi guadagnano anche raccogliendo immondizia e rivendendola a piccole compagnie che si occupano del riciclo dei materiali.

Si tratta di famiglie che vivono in accampamenti di fortuna vicino alla discarica e che soffrono di malattie serie dovute alle precarie condizioni abitative. Il nuovo progetto prevede un programma di sfratti e di ricollocamenti, oltre alla garanzia di sicurezza per chi lavorerà nel nuovo sito.

Esiste una vera e propria economia intorno al sito di stoccaggio e la sua chiusura avrà conseguenze dirette anche sulle piccole aziende che vivono dell’indotto legato al riciclo di alcune materie prime.

Mappa e confini dell’Armenia

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Mappa dell’Armenia. Fonte: Google Maps

La discarica: un investimento senza futuro

A preoccupare Sofia Manukyan e la società civile riunita nel “Fronte Ambientale Armeno” è la mancanza di un vero piano di sviluppo per il futuro. La nuova discarica, infatti, prevede di occupare 30 ettari di terra per 28 anni ma non prevede alcun tipo di impianto di smistamento dei rifiuti o di riciclo.

«Trascorsi i 28 anni dovranno trovare altra terra per una nuova discarica».

Per l’attivista si tratta di un’occasione mancata a causa dell’assenza di strutture in grado di migliorare lo smaltimento dell’immondizia e di trattare i rifiuti pericolosi. «Nel ventunesimo secolo non avere un sistema di riciclo dei rifiuti è una vergogna». Si tratta, secondo gli ambientalisti, di una soluzione al ribasso che sin dalla sua pianificazione non prevedeva alcuna strategia di raccolta differenziata.

Non a caso nei documenti del progetto si legge che non saranno applicate le norme europee legate al riciclo e alla differenziata, perché considerate al di fuori delle potenzialità dell’infrastruttura.

Ancora in piedi l’ipotesi di un impianto di riciclo

La Banca europea degli investimenti e il ministero della Gestione territoriale sostengono che la realizzazione dell’impianto di riciclo, all’interno della discarica, sia ancora in discussione. Potrebbe vedere la luce nel caso di una convergenza tra fondi pubblici e privati, sottolineano in una lettera indirizzata all’associazione ambientalista armena.

Armenia, storia di una foresta fantasma

Ad essere destinato a discarica è un terreno forestale, che avrebbe dovuto ospitare progetti di riforestazione. I terreni, infatti, appartengono all’agenzia statale delle foreste “Hayantar” che aveva progettato una piantumazione proprio nei luoghi che saranno occupati dalla discarica.

Tra il 2006 e il 2008, il Fondo per lo sviluppo e la ricostruzione delle foreste armene investì soldi e lavoro per la realizzazione di un’area piantumata e di un sistema di irrigazione su 60 ettari. Secondo Armen Press, l’agenzia stampa di stato, il governo avrebbe concesso per l’operazione circa 80 milioni di dram, che corrispondono a 135 mila euro.

«Siamo andati sul posto e abbiamo potuto vedere i lavori che sono stati realizzati: il terreno è stato abbandonato, gli alberi sono completamente secchi e solo una piccola parte della piantumazione è avvenuta», racconta Sofia.

L’attivista sottolinea le mancanze di gestione di queste terre, su cui il governo ha investito, per poi abbandonarle all’incuria.

Corruzione e sprechi: le preoccupazioni degli attivisti

La foresta che avrebbe dovuto occupare le terre destinate alla nuova discarica non ha mai visto la luce. Solo il 15% degli alberi piantati è ancora vivo. L’iniziativa faceva parte di un più ampio progetto di riforestazione per realizzare una “cintura verde”. Ma della cintura forestale non è rimasta traccia, sottolinea l’attivista. Sofia evidenzia come il grosso investimento della discarica attiri gli interessi di molti ma non garantisca un beneficio per la popolazione:

«Il rischio di corruzione è molto alto, considerando la quantità di sprechi e l’abbandono che caratterizza questa zona».

«Le nostre preoccupazioni sono evidenti: come ci si può fidare della gestione di una nuova discarica se fino ad ora le terre sono state abbandonate a loro stesse?». A preoccupare gli attivisti armeni sono anche i prestiti concessi dalle istituzioni europee per la realizzazione del progetto, che dovranno essere restituiti e peseranno sull’intera popolazione.

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