Madagascar: viaggio nella invisibile Città delle mosche

Una delle più grandi discariche d'Africa si trova a Ralalitra, La città delle mosche, in Madagascar. Sorge ai bordi dalla capitale, Antananarivo, ma non esiste in alcuna mappa. Eppure ci vivono 3 mila persone tra donne, bambini e uomini. Che hanno a che fare con una situazione ai limiti della sopravvivenza. Peste compresa

”La città delle mosche”, Ralalitra, è questo il nome di una città del Madagascar che non esiste ufficialmente sulle carte e nella toponomastica ufficiale. Una città che istituzioni e governano malgascio nascondono, negano, ma che invece è tangibile. Si estende per 50 acri (oltre 20 ettari) ed è abitata da 3.000 persone.

È una città fantasma per lo stato, ma non per chi la popola: uomini, donne e bambini. Migliaia di persone vivono in quella che è una delle più grandi discariche d’Africa. Ralalitra, appunto.

La discarica della capitale Antananarivo

Il centro di smaltimento dei rifiuti si estende ogni giorno e riceve più di 600 tonnellate di immondizia dalla capitale Antananarivo. E come i camion scaricano gli scarti raccolti nella capitale dell’isola, ecco che l’esercito degli ultimi, dei senza speranza, le schiere del popolo dell’oblio scalano le pareti di rifiuti e iniziano a scavare per tutta la giornata e per tutta la notte.

Si scava a mani nudi, con le schiene piegate, i piedi scalzi e gli occhi gonfi e bruciati dai fumi dei falò di plastica setacciano senza sosta ogni centimetro di quella montagna di scarti. Consumano così le proprie vite alla ricerca di qualche avanzo di spazzatura ancora utilizzabile o rivendibile: un pezzo di metallo, del carbone, della plastica con cui riempire le ceste di vimini e i sacchi di juta che trascinano con sé per tutta la discarica.

A mani nude in mezzo ad aghi, ratti e bambini abortiti

Non c’è tregua per i lavoratori. Le famiglie, organizzate in piccoli gruppi di lavoro, si danno i turni all’interno della discarica. Durante il giorno sono le donne e i bambini a lavorare. La notte, invece, tocca agli uomini scavare tra le cataste di rifiuti di ogni tipo.

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Foto: © Massimo Ambrosini (via Flickr)

A raccontare al quotidiano britannico The Guardian la realtà disperata con cui sono costretti a farei conti i 3.000 cittadini malgasci che popolano Ralalitra è Isabel Rakotomiriana, che ha 40 anni e confessa:

«Io vivo qua da 15 anni. Quindici anni in mezzo all’immondizia della capitale e dei sobborghi vicini. Ho visto di tutto scavando tra le montagne. E la cosa più terribile in cui mi sono imbattuta sono dei bambini abortiti. E la cosa, purtroppo, non è inusuale».

Poi, andando avanti a raccontare la drammatica situazione in cui è confinata, Isabel aggiunge: «Prima lavoravo insieme a mia sorella. Abbiamo lavorato per tanti anni insieme, ma qua ci sono anche molti topi e lei non voleva che i suoi bambini si ammalassero e quindi ha abbandonato questo lavoro e oggi passa le sue giornate in una miniera di porfido».

Dalle parole della donna emerge così anche la radice di un altro problema diffuso a Ralalitra e in tutto il Madagascar, in particolare nella capitale Antananarivo: la peste.

Peste in Madagascar: l’epidemia del 2017

A novembre 2017 un’epidemia di peste è esplosa in Madagascar provocando oltre 1.000 contagi, causando la morte di più di 100 persone. La peste è la malattia della miseria, e nell’isola dell’Oceano Indiano ogni anno, in modo endemico, si ripresenta.

A causare la propagazione di questa malattia sono proprio le pessime condizioni igenico sanitarie e la diffusione dei ratti che, a causa di realtà come quella di Ralalitra, hanno modo di proliferare e quindi diffondere il contagio.

Il missionario argentino nell’isola africana dal 1970

Le istituzioni sono immobili di fronte a questa situazione, anche se qualcuno che sta provando a cambiare la situazione sembra esserci. Tra questi, padre Pedro Pablo Opeka, un missionario argentino arrivato in Madagascar nel 1970 che ha dato vita all’associazione Akamasoa per dare sostenere le famiglie che sopravvivono scavando nella spazzatura.

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Padre Pedro. Foto tratta dal sito degli Amici di Padre Pedro Onlus

«Qua si sviluppano e si diffondono malattie di qualsiasi tipo e non è possibile che delle donne, dei bambini vivano in questa situazione e si ammalino costantemente. Problemi respiratori, infezioni intestinali, non è accettabile tutto ciò».

Il missionario, ai canali radio dell’emittente francese France Inter, ha aggiunto: «Io da quando sono arrivato in Madagascar sono in rivolta nei confronti delle autorità. E oggi sono stanco di sentire gente che parla ma poi non fa nulla, che non muove un dito per questa gente, che non ha mai fatto niente per le loro vite. Le istituzioni non hanno interesse nell’aiutare queste persone. Ma basterebbe davvero poco per intervenire e ed evitare che intere famiglie siano costrette a vivere in questa maniera che va contro qualsiasi diritto umano».

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