Tratta delle donne: editto anti-vudù in difesa delle vittime nigeriane
Il re dell'Edo State, in Nigeria, condanna i riti vudù che contribuiscono ad assoggettare le donne vittime di tratta e a rendere più difficile la loro liberazione dal giro della prostituzione. Un proclama importante, ma che va capito bene anche nella sua dimensione politica, oltre che in quella prettamente spirituale
«I nostri dei vi distruggeranno». L’Oba del regno del Benin, Ewuare II, un re e capo religioso secondo la tradizione del popolo Edo, si schiera così ufficialmente contro chi usa i riti vudù per legare a sé le vittime della tratta di essere umani. Un vero e proprio editto per contrastare uno dei fenomeni che affligge la regione: il regno di Benin – da non confondere con la nazione africana del Benin – è infatti l’antico nome con cui si indica l’attuale Edo State, uno degli stati confederati della Nigeria fra i più colpiti dalla piaga delle donne vittime di tratta e destinate allo sfruttamento della prostituzione.
Il monarca ha radunato tutti i suoi capi, i sacerdoti di diverse divinità e i medici nativi per scagliare una maledizione su chi mette in atto riti magici e malocchi contro ragazzi e ragazze al fine di poterne fare merce per il commercio di esseri umani. Un pronunciamento fatto, non a caso, al palazzo “Juju”, un’espressione con cui gli europei indicavano il complesso delle religioni tradizionali in Africa occidentale.
Donne vittime di tratta e riti vudù
Si tratta dei cosiddetti riti vudù (o juju), parzialmente noti anche in Europa fra chi si occupa di tratta delle donne e prostituzione. Il rituale prevede l’uso di particolari oggetti o indumenti, prelievi di piccole porzioni di pelle e peli pubici e sacrifici animale con lo scopo di assoggettare la propria vittima da un punto di vista morale e spirituale, oltre che con la costrizione fisica e le minacce.
I riti sono spesso associati al debito economico contratto per giungere fino in Europa e prevedono inoltre un vincolo di segretezza, che vieta alla vittima di fare il nome dei propri sfruttatori. È questa una delle ragioni che complica i processi – autonomi o indotti – di “liberazione” di molte prostitute nigeriane anche una volta giunte in Europa.
«È un crimine contro Dio e gli uomini. Una moderna forma di schiavitù. Chiedo ai medici di smettere di somministrare tali giuramenti. Coloro che lo hanno fatto prima sono perdonati, chiunque lo faccia da oggi affronterà l’ira dei nostri antenati», ha avvertito il monarca.
La presa di posizione è solo parzialmente inedita. Già nei mesi scorsi, infatti, Oba Ewuare II si era fatto carico di una serie di dichiarazioni contro le reti di trafficanti e le condizioni dei propri connazionali in Libia, prima ancora dell’approdo in Italia, Spagna o Germania.
Donne di Benin City: la reazione italiana all’editto
Le sue parole sono state accolte con clamore in Italia. L’associazione “Donne di Benin City”, costituita anche da ex prostitute e da anni attiva in opere di sensibilizzazione, si è data appuntamento a Palermo per sabato 14 aprile per festeggiare, invitando anche i rappresentanti di Comune, Questura e Tribunale dei minori.
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Fra addetti ai lavori e reti che in Italia si occupano di anti-tratta è partito un intenso dibattito che oscilla fra una sana prudenza e l’entusiasmo. Ma all’ombra delle parole del leader spirituale del popolo Edo – la cui autorità extra religiosa non è facile da definire – si potrebbe giocare una partita molto più rilevante che tratta non solo di religione, bensì anche di società nigeriana, assetti tribali e etnici, politica, economia, diritto e relazioni internazionali.
Ewuare II tra Nigeria, Regno Unito, Usa e ambasciate
Oba Ewuare II – nome da civile Eheneden Erediawua, classe 1953, incoronato “re” il 20 ottobre 2016 in occasione del suo 63esimo compleanno – non è solo un capo religioso. La sua precedente carriera politica racconta molto di lui: ha studiato a Londra e Cardiff, dove ha conseguito una laurea in economia; successivamente ha concluso un master in Pubblica amministrazione in New Jersey, Stati Uniti; ha lavorato per le Nazioni Unite all’inizio degli anni Ottanta e servito il suo Paese come ambasciatore in Angola, Svezia (con delega a Norvegia, Danimarca e Finlandia) e Italia, con accredito presso il Vaticano e l’Albania.
Fra le sue numerose collaborazioni ha fatto ricerche per il Nigerian Institute for National Affairs (Nnia), un think-tank parastatale, fornito consulenze socio-economiche e in materia di sviluppo alle istituzioni politiche dell’Edo State e lavorato per il board della Nnpc, la corporation attraverso cui il governo regola e partecipa all’industria petrolifera nazionale.
Tratta delle donne nigeriane e politiche migratorie
La rivista nigeriana Vanguard ha messo in fila una serie di coincidenze, almeno a livello temporale. Poche ore prima che l’Oba convocasse il “conclave” dei sacerdoti per scagliare il suo editto contro i trafficanti di esseri umani, il governo federale nigeriano inaugurava il Migration Resource Centre (Mrc) per la regione del Benin alla presenza del ministro del Lavoro e dell’occupazione, il senatore Chris Ngige.
Il ministro nigeriano ha usato parole e toni molto simili a quelle che circolano nell’arena politica europea:
«La migrazione rappresenta una sfida crescente per la Nigeria. Serve una migliore gestione del fenomeno combattendo le migrazioni irregolari, le sue pratiche di sfruttamento, la tratta di esseri umani, il lavoro forzato e il contrabbando».
Il nuovo Migration Resource Centre è stato messo in piedi con il contributo delle autorità locali di Benin City e dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, un’agenzia collegata all’Onu da settembre 2016 in prima linea in diversi stati africani in programmi per i rimpatri volontari assistiti e la riconversione delle economie basate su migranti e traffici grazie a pacchetti di assistenza anche economica. Si tratterebbe di un centro dove migranti e rimpatriati avrebbero accesso a informazioni e servizi e che va a completare gli sportelli unici già esistenti nelle città di Lagos e Abuja.
Disegno di legge contro il traffico di esseri umani
Contemporaneamente la Camera dei Rappresentanti dell’Edo State iniziava la discussione di un disegno di legge per proibire il traffico di esseri umani e creare un task force locale come emanazione e controparte di un’agenzia che già oggi esiste nella capitale nigeriana Abuja – la Naptip, National Agency for the Prohibition of Trafficking in Persons.
Sono state numerose le reazioni politiche a livello locale. Il leader della maggioranza e rappresentante del collegio di Orhionmwon, Roland Asoro, ha proposto di riunirsi in commissione per esaminare il disegno di legge, incassando il parere positivo alla propria mozione di Iyoha Osaigbovo, l’equivalente nostrano del presidente dell’assemblea elettiva locale. Sono stati esaminati i primi 7 punti della proposta e calendarizzata una discussione in aula.
Il re nigeriano e il governatore dell’Edo State
Tutto ciò si è verificato nel giro di 72 ore, anche se il terreno veniva arato da mesi. Ed è facile capire come le parole dell’Oba Ewuare II non cadano dal cielo, ma siano il tassello di un più ampio mosaico che di religioso e spirituale, forse, ha ben poco.
Del resto, il monarca collabora attivamente da due anni con il governatore dell’Edo State, Godwin Obaseky, eletto il 12 novembre 2016, a tre settimane esatte dall’ascesa al trono del 40esimo Oba del regno di Benin. Sono dinamiche difficili da comprendere in Europa, ma non particolarmente inedite in aree del mondo dove politica, religione e diritto si sfiorano fino a fondersi temporaneamente fra loro.
Nigeria: il precedente della lotta a Boko Haram
A prescindere da alcuni entusiasmi a cui si assiste in Italia, resta da capire se questo mosaico e le parole del leader religioso di Benin sortiranno o meno degli effetti almeno sul medio periodo. I precedenti non sono particolarmente incoraggianti. Diverse autorità religiose e tradizionali del nord del Paese, infatti, hanno condotto battaglie e scagliato editti contro i terroristi di Boko Haram in Nigeria negli scorsi anni, ad esempio.
L’emiro di Kano, Lamido Sanusi, che in passato è stato un politico ed economista di fama, oltre che governatore della Banca centrale, aveva scagliato un duro attacco contro il gruppo terroristico, arrivando a proporre di convertire le moschee in scuole per toglierle dalla morsa dei predicatori di odio, sull’esempio di quanto da lui appreso durante un viaggio in Marocco.
La reazione di Boko Haram è stata brutale ed è culminata nell’attentato proprio alla moschea centrale di Kano con oltre 100 morti e 135 feriti.
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