Export armi: Italia sfiora il record vendendo ai regimi autoritari

Le autorizzazioni all'esportazione di armi e sistemi militari da parte dell'Italia hanno superato i 10 miliardi di euro nel 2017. Una cifra inferiore solo a quella fatta registrare nel 2016 dal governo Renzi. E raggiunta facendo affari anche con i regimi del Golfo Persico, impegnati in guerre che violano i diritti umani

Non raggiungono il record storico siglato nel 2016 dal governo Renzi. Ma segnano comunque la seconda performance dal dopoguerra. E, soprattutto, confermano la propensione da parte dei recenti governi italiani a fare affari di armi con le monarchie autoritarie del Golfo Persico, in totale disprezzo delle violazioni dei diritti umani, del loro coinvolgimento nei conflitti mediorientali e finanche nel sostegno a gruppi terroristici.

Il mega-contratto per navi militari al Qatar

Sto parlando delle autorizzazioni all’esportazione di armi e sistemi militari: nel 2017 si sono attestate a 10,3 miliardi di euro, inferiori solo ai 14,6 miliardi del 2016 (leggi Armi italiane ai regimi autoritari). Il calo è dovuto soprattutto alla differenza di valore tra i due mega-contratti siglati nei due anni con due paesi della penisola araba.

Mentre nel 2016 l’affare di Alenia-Aermacchi (gruppo Leonardo, ex Finmeccanica) per la fornitura al Kuwait di 28 Eurofighter era valso 7,3 miliardi di euro, il contratto firmato nel 2017 da Fincantieri per quattro corvette, una nave per operazioni anfibie e due pattugliatori comprensivo del sistema di combattimento e di missili per il Qatar risulterebbe essere di “soli” 3,8 miliardi di euro.

Eppure i primi annunci al tempo dell’accordo firmato nel 2016 dalla ministra Pinotti parlavano di 5 miliardi di euro e la cifra veniva confermata al momento della firma del contratto a Doha da parte del ministro Alfano.

“Insolita” relazione annuale in materia di armamenti

Delle autorizzazioni rilasciate nel 2017 dal governo Gentiloni se ne è però saputo in modo alquanto insolito. A dare l’annuncio, infatti, è stato il direttore dell’Unità nazionale per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama), Francesco Azzarello, con un’intervista all’Ansa. La legge n. 185 del 1990 prevede, invece, che le Camere ne vengano informate attraverso una specifica Relazione della Presidenza del Consiglio. E la prassi consolidata in quasi tre decenni non aveva mai visto anticipazioni e commenti da parte di un funzionario dello Stato. Men che meno da un ministro plenipotenziario (carica di tipo diplomatico, non governativo) che dirige l’Autorità nazionale che rilascia le autorizzazioni.

Leggi anche: Legittima difesa: tutti meno sicuri con la nuova legge che uscirà dalla riforma

Rete italiana disarmo: «Grave sgarbo istituzionale»

L’anomalia non è passata inosservata a chi in questi decenni ha puntualmente monitorato l’attività dei vari governi in questa materia: un «grave sgarbo istituzionale al Parlamento», ha commentato la Rete italiana per il disarmo in un comunicato diffuso insieme ad altre associazioni.

Ancor più grave se si considera che è uno dei primi atti, se non il primo, di una struttura del governo che ha rassegnato le dimissioni nei confronti del nuovo Parlamento: la Uama, infatti, è un’unità all’interno del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale (Maeci).

Armi italiane vendute alle monarchie del Golfo

Ma gli affari di armi con le monarchie del Golfo non si limitano certo al Kuwait e al Qatar. Il ministro Azzarello ha annunciato infatti che anche nel 2017 sono state autorizzate esportazioni di armamenti all’Arabia Saudita per 52 milioni di euro. Il direttore di Uama ha tenuto a sottolineare che si tratta di «un calo di quasi l’88%» rispetto al 2016 in cui erano state di 427 milioni di euro. La maggior parte, e cioè più di 411 milioni di euro, era costituita da bombe aeree MK82, MK83 e MK84 prodotte dalla Rwm Italia. Le stesse bombe i cui reperti sono stati ritrovati dalla commissione di esperti dell’Onu nelle città e zone civili bombardate dalla Royal Saudi Air Force in Yemen.

export armi
Ragazzi guardano un edificio distrutto in un bombardamento aereo nel villaggio di Okash Village, vicino a Sana’a, Yemen

Non è quindi casuale che il ministro Azzarello, nelle sue dichiarazioni all’Ansa, abbia voluto evidenziare anche che «la Rwm Italia è scesa da 489 milioni di licenze nel 2016 a 68 milioni nel 2017, con vendite in 17 Paesi, tra cui numerosi membri della Nato e dell’Ue». Ma si è ben guardato dal dire quanti di quei 68 milioni di euro sono costituiti da bombe destinate all’Arabia Saudita.

Export armi verso Riad: nessuno stop, nonostante l’Ue

Resta il fatto che non solo il governo Gentiloni non ha sospeso le esportazioni di queste bombe alla monarchia saudita, ma ha anzi autorizzato ulteriori forniture militari a Riad. E questo nonostante ben tre risoluzioni dal Parlamento europeo, votate ad ampia maggioranza, abbiano chiesto ai governi di porre un embargo di armi verso l’Arabia Saudita «visto il coinvolgimento del paese nelle gravi violazioni del diritto umanitario accertato dalle autorità competenti delle Nazioni Unite» (risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2017).

Risoluzione che diversi paesi europei hanno ottemperato già da tempo e che alcuni altri, proprio in considerazioni delle gravi violazioni, hanno anticipato sospendendo l’invio di sistemi militari all’Arabia Saudita. E che la nuova coalizione tedesca (Große Koalition) ha deciso di ottemperare mettendola, nero su bianco, nel suo programma di governo.

L’appello: «Basta armi all’Arabia Saudita»

Nelle scorse settimane, a tre anni esatti dall’inizio del conflitto in Yemen, un ampio cartello di reti e associazioni nazionali – Amnesty International Italia, Movimento dei Focolari, Fondazione Finanza Etica, Oxfam Italia, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo – ha rivolto un accorato appello al nuovo Parlamento affinché sospenda l’invio di armi che alimentano il conflitto in Yemen. «Non possiamo più chiudere gli occhi davanti alla catastrofe umanitaria che da tre anni si sta perpetrando in Yemen anche con armi italiane», affermano le associazioni.

«Chiediamo che la prima iniziativa del Parlamento italiano sia quella di conformarsi alle risoluzioni, votate ad ampia maggioranza nel Parlamento europeo, che chiedono di promuovere un embargo di armamenti verso l’Arabia Saudita e i suoi alleati in considerazione del coinvolgimento nelle gravi violazioni del diritto umanitario in Yemen».

Le associazioni chiedono inoltre «al prossimo Governo di farsi promotore della medesima istanza in sede di Consiglio europeo e di avviare un’iniziativa multilaterale per promuovere la fine del conflitto e il processo di pace in Yemen». Cosa decideranno di fare Parlamento e Governo lo sapremo presto.

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1 Commento
  1. marco dice

    ottima notizia, incredibile pero’ che la Spagna faccia meglio di noi. L’industria della difesa e’ assolutamente strategica per le tecnologie in essa contenute che a cascata si riflettono sulle applicazioni civili, occorre sostenerla di piu’

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