Rom: in Italia è emergenza abitativa per 26 mila persone
L'associazione 21 luglio ha mappato le comunità rom, sinti e caminanti in emergenza abitativa in Italia: 26 mila persone, distribuite su 148 baraccopoli. E rispetto agli italiani l'aspettativa di vita è di 10 anni inferiore. Record di insediamenti a Roma. Registrati anche attacchi diffusi contro l'etnia rom
Segregazione abitativa, sgomberi forzati come strumento privilegiato, discorsi d’odio, discriminazione e attacchi violenti. Sono i macro-caratteri che delineano le condizioni di vita della comunità rom, sinti e caminanti presente in Italia. Sono 26 mila le persone che vivono in emergenza abitativa, in 148 baraccopoli formali, sparse in 87 comuni italiani, con il “record” di insediamenti nella capitale. Numeri che fanno dell’Italia “Il Paese dei campi”, secondo la definizione cucita dall’Europa, in quanto nazione maggiormente impegnata nell’ultimo ventennio nella progettazione, costruzione e gestione di aree all’aperto dove segregare su base etnica le comunità rom.
«La mappa della vergogna», la definisce senza mezzi termini Carlo Stasolla, presidente dell’associazione 21 luglio onlus, che ha mappato, nel suo secondo rapporto annuale, la presenza di queste comunità sul territorio nazionale, mettendo in luce la scarsità di strumenti efficaci e la debole volontà politica di arrivare al superamento dei campi, così come auspicato con la Strategia nazionale d’inclusione dei rom, sinti e caminanti, presentata nel 2012.
Rom in Italia: rinchiusi in campi e baraccopoli
Nella mappatura condotta nel 2017 dall’associazione 21 luglio si parla di circa 26 mila persone di etnia rom e sinti (il 55% ha meno di 18 anni) che vivono in emergenza abitativa tra baraccopoli formali, informali, micro insediamenti e centri di raccolta rom. Si tratta dello 0,04% della popolazione italiana, con il 43% in possesso della cittadinanza italiana (si stima che circa 3.000 rom originari della ex Jugoslavia possa essere a rischio apolidia).
Ma rispetto alla popolazione italiana le aspettative di vita dei rom presenti negli insediamenti formali e informali è di dieci anni inferiore. E se è vero che il numero è diminuito rispetto al 2016 (-7%, erano circa 28 mila) bisogna anche evidenziare come questa contrazione sia dovuta soprattutto al passaggio da insediamenti informali a immobili occupati o dalla migrazione di alcune famiglie verso altri paesi europei, soprattutto per le famiglie di nazionalità rumena (che rappresentano l’86% della comunità presente in 16 regionali italiane, seguita dal 9% di cittadini bulgari, mentre i rimanenti sono cittadini italiani o originari dell’ex Jugoslavia).
Stesso ragionamento per quanto riguarda il numero di insediamenti. Sono 148 quelli formali nel 2017, presenti in 87 comuni, a fronte dei 149 del 2016, contrazione dovuta al declassamento di insediamenti forzati diventati informali e contestuale creazione di nuovi campi. Alle 16.400 persone degli insediamenti formali si devono aggiungere i 130 presenti nei due centri di accoglienza e le 9.600 negli insediamenti informali.
Il “record” di rom e sinti a Roma
In questo quadro, Roma detiene il primato, sia per quanto riguarda le baraccopoli formali (17) sia per i micro insediamenti informali (circa 300), per un totale di 6.900 rom e sinti in emergenza abitativa, pari allo 0,24% della popolazione romana.
Per quanto il 2017 debba considerarsi come l’anno in cui a Roma si è riunito per la prima volta il “Tavolo cittadino per l’inclusione delle popolazioni rom, sinti e caminanti”, le azioni promosse dalla giunta capitolina sembrano mettere in evidenza la fragilità del piano stesso. Emblema ne è il tentativo – fallito – di superare l’insediamento Camping River, semplicemente declassato a insediamento informale.
Dopo i tagli ai servizi socio-educativi, nelle baraccopoli preoccupa particolarmente la condizione dell’infanzia: nelle 11 principali baraccopoli della città di Roma le iscrizioni alla scuola dell’obbligo nel 2017-2018 sono diminuite del 48% rispetto al 2015-2016.
Poi c’è il capitolo sgomberi forzati. Secondo l’associazione 21 luglio, nel 2017 non si è mai registrata una piena conformità tra le azioni di sgombero e le garanzie procedurali previste dagli standard internazionali: nel 2017 sono stati 33, con un incremento del 18% rispetto al 2016. Senza dimenticare che lo sgombero ha un costo: le operazioni organizzate nel 2017 dalle autorità capitoline hanno coinvolto 560 persone, per un costo complessivo di oltre 700 mila euro.
Diritti umani violati: sgomberi forzati e discriminazione
Non si tratta solo di freddi numeri, ma della composizione – anche di sostanza – di una strategia carente, che desta preoccupazioni sul fronte del rispetto dei diritti umani di queste comunità. Gli enti internazionali ed europei di monitoraggio sui diritti umani hanno un giudizio chiaro riguardo la non certo eccellente situazione italiana. Si parla di spazi al di sotto degli standard internazionali e, più in generale, di continua discriminazione e segregazione abitativa, come rilevato nelle osservazioni adottate dal Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite.
La Commissione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna, inoltre, ha espresso preoccupazione per l’elevato tasso di dispersione scolastica delle bambine e ragazze rom, per quanto qualche passo in tal senso sia stato fatto, ad esempio, con il progetto sperimentale per migliorare l’inclusione scolastica che prevede, nel triennio 2017-2019, il coinvolgimento di 5.580 studenti, 600 bambini e ragazzi rom, sinti e caminanti e 81 scuole.
Il tema degli sgomberi è un tasto particolarmente dolente nel quadro messo in evidenza dal report dell’associazione 21 luglio, con operazioni condotte in modo discrezionale da parte delle autorità locali, spesso derogando le tutele previste dal diritto internazionale, con conseguente violazione dei diritti umani. Mentre il Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite raccomanda all’Italia di evitare la pratica degli sgomberi forzati degli insediamenti rom, infatti, la scelta politica italiana, al contrario, sembra utilizzare questa pratica come strumento privilegiato. Si parla di un totale di 230 sgomberi forzati in tutto il 2017 da Nord a Sud, a Roma come a Milano come a Napoli, condotti spesso in assenza di consultazioni o preavviso adeguato con gli interessati, o di offerte abitative alternative.
Continua la segregazione e la politica dei campi rom
«Dal 2012 ad oggi, sono stati non meno di 82 i milioni di euro spesi a vari livelli per creare e mantenere il perverso sistema dei campi.Si tratta di una cifra enorme, che stride con gli impegni assunti davanti all’Europa dal Governo italiano attraverso la Strategia di inclusione dei rom», dice Stasolla.
Il paradosso è che, anziché percorrere la strada del superamento dei campi, si è assistito alla costituzione di nuovi insediamenti per soli rom. Con alcuni casi politici di particolare rilevanza, come quello dell’eco-villaggio del Comune di Giugliano, nel Napoletano. Il ministro dell’Interno, Marco Minniti, nel novembre del 2017, ha espresso la volontà di co-finanziare con risorse aggiuntive la costruzione di un nuovo insediamento per soli rom: 2,5 milioni di euro, per realizzare l’eco-villaggio rom, che di fatto ripropone la segregazione spaziale su base etnica di persone già confinate in un’area insalubre (un’ex fabbrica di fuochi d’artificio) e con condizioni abitative al di sotto degli standard. Un caso di particolare rilevanza politica, ma non l’unico, che porta a parlare di una politica dei campi.
Attacchi contro etnia e cultura rom
L’Osservatorio 21 luglio ha registrato nel 2017 come ogni due giorni venga riportato sui media un discorso d’odio contro i rom e i sinti, il 4% in più rispetto al 2016, con 60 casi segnalati nella sola città di Roma, sui 182 totali registrati, di cui 51 classificati di una certa gravità, per una media di 0,50 episodi al giorno.
Frasi d’odio che – secondo il report – subiscono un’impennata soprattutto nei periodi di campagna elettorale. Emblematico il caso di un consigliere comunale che sul proprio profilo Facebook, riferendosi ad un insediamento rom, ha scritto: «L’unica soluzione è il Napalm». Non mancano i riferimenti alla pulizia etnica hitleriana, da parte ad esempio dell’assessore al bilancio del comune di Orvieto, o l’auspicio alla scomparsa della cultura rom da parte di un giornalista durante una trasmissione televisiva.
Non sono mancati gli episodi violenti e intimidatori contro rom e sinti, con tanto di manifestazioni contro la presenza di insediamenti rom a suon di “vi uccidiamo”, “siete animali”, “vi cacceremo via”; o incendi appiccati nelle vicinanze dei campi e persino aggressioni fisiche, come accaduto a una ragazza di origini serbe di 14 anni ad Acilia (Roma). Stasolla parla di un «imbarbarimento che sempre più pervade la nostra società. Parole pensanti che diventano macigni quando formulate da un rappresentante delle istituzioni e che sintetizzano un pensiero diffuso di fronte al quale si corre persino il rischio di assuefarsi».
cancellare i commenti è contrario alla democrazia, poi se lo fa un sito che si chiama osservatorio dei diritti…
Gentile Franco, il suo commento è in fondo alla pagina, come può vedere. Non è mai stato cancellato ed è online da quando lei lo ha scritto. Arrivederci
secondo me il processo di integrazione può avvenire unicamente con un percorso di scolarizzazione sistematico e inderogabile, tutti gli altri processi non hanno avuto esito positivo,da quello che leggo neanche voi ne proponete uno. il sistema dei campi poi non ne parliamo a Roma ci sono posti come il campo nomadi sulla pontina che è ormai da anni totalmente sotto controllo un campo dove tutti i progetti hanno fallito e dove neanche le forze dell’ordine entrano volentieri una situazione di anarchia c ed illegalità che la grandezza del campo rende di risoluzione impossibile. i campi se ci devono essere devono essere piccoli con delle regole da seguire altrimenti non se ne esce più fuori.