Inquinamento: a Taranto torna l’ombra della discarica Vergine
A quattro anni dal sequestro, si torna a parlare di una possibile riapertura della discarica Vergine di Taranto. Mentre i cittadini continuano a subirne le pesanti conseguenze sulla salute e sull'ambiente circostante. Interpellato da Osservatorio Diritti, il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, dichiara di non saperne nulla
da Taranto
La Regione Puglia starebbe per acquistare la discarica “Vergine” di Taranto, che si trova sotto sequestro dal 10 febbraio del 2014, ed è uno dei siti di smaltimento di rifiuti industriali più grandi esistenti nel territorio, con una portata stimata pari a 2 milioni di tonnellate di rifiuti l’anno.
La notizia è trapelata un paio di giorni fa attraverso la maggiore tv locale pugliese, Tele Norba, che ha fatto riferimento a una trattativa riservata tra l’Agenzia territoriale della Regione Puglia per il servizio di gestione dei rifiuti e i responsabili della società di gestione, la Vergine Srl, al termine della quale sarebbe stato siglato un contratto preliminare di compravendita.
Dice il giornalista nel servizio: «La società Vergine Srl cederà gli impianti a un prezzo ancora da stabilire». E ancora: «Sono disponibili 130 milioni di finanziamenti pubblici, dei quali 60 comunitari». In sostanza, in questo modo la discarica riaprirebbe accogliendo rifiuti solidi urbani, dopo aver accolto per quasi 20 anni rifiuti speciali non pericolosi.
Il presidente della Regione, Michele Emiliano, contattato da Osservatorio Diritti attraverso il suo ufficio stampa, ha dichiarato di non saperne nulla.
Inquinamento e salute: chiusi in casa per le esalazioni
Quello che è certo è che gli abitanti di Lizzano, un comune che si trova in provincia di Taranto, da ormai diversi anni sono vittime dell’inquinamento ambientale, tanto da essere spesso costretti a tenere le finestre di casa chiuse, anche in estate. È accaduto abbastanza di frequente in passato, e succede ancora oggi: queste persone vivono quasi da segregati per evitare che i cattivi odori provenienti dalla vicina discarica “Vergine” invadano le case. E per ridurre al minimo le conseguenze sulla salute dei cittadini, a partire dai bambini: bruciori agli occhi, secchezza della gola, nausea e vomito.
Lo ha confermato il presidente dell’associazione Attiva Lizzano, Giuseppe Del Vecchio, testimoniando tra le parti civili nel processo che si sta celebrando a Taranto nei confronti degli ex gestori della discarica, accusati di «aver provocato l’emissione di sostanze odorigene, quali solfuro di idrogeno e biogas, atte a cagionare disturbi di vario genere alla popolazione residente nel comune di Lizzano, distante 3,5 km dal perimetro dell’impianto», come si leggeva nel decreto di sequestro.
Il sequestro della discarica in provincia di Taranto
Il 10 febbraio del 2014, la “Vergine” era stata sequestrata dai carabinieri del Noe di Lecce. Il provvedimento in via preventiva era stato richiesto dal pubblico ministero, Lanfranco Marazia, dopo la presentazione di centinaia di esposti da parte degli abitanti che erano stati raccolti dall’associazione ambientalista, Attiva Lizzano.
«Abbiamo allegato alle denunce 1.250 certificati medici di persone che, negli anni, si sono rivolti a noi perché avevano accusato disturbi e malori», ha raccontato il presidente dell’associazione, che è assistita nel giudizio dall’avvocato Francesco Nevoli, durante l’udienza del 4 dicembre 2017.
«Gestione abusiva di rifiuti speciali non pericolosi»
Il processo che è ancora in corso ha avuto origine da un altro decreto di sequestro, disposto il 18 novembre del 2015 dal giudice per le indagini preliminari della direzione distrettuale antimafia di Lecce, Simona Panzeri. Sotto chiave erano finiti allora conti correnti, beni mobili ed immobili per un valore pari a 6 milioni e 200 mila euro intestati alle società Vergine Spa e Vergine Srl. Ritenuti «ingiusto profitto, in quanto frutto di una ingente attività di gestione abusiva di rifiuti speciali non pericolosi, stimata complessivamente in 120 milioni tonnellate».
Gli esperti: «Totale assenza dei trattamenti necessari»
Una svolta decisiva nelle indagini l’aveva data il risultato di una consulenza tecnico-chimica affidata dal pm Marazia al chimico Mauro Sanna e all’ingegner Maurizio Onofrio, i quali rilevarono «la totale assenza di trattamenti di inertizzazione dei fanghi relativi ai rifiuti industriali, cioè, lo stoccaggio diretto in discarica, non preceduto dal necessario trattamento».
Ciò sarebbe avvenuto in violazione delle autorizzazioni ambientali rilasciate dal dirigente del settore rischi industriali della Regione Puglia nel 2008, hanno ribadito entrambi, deponendo come testi nell’udienza che si è svolta il 19 febbraio scorso.
I due consulenti della procura hanno confermato che «erano completamente inesistenti le strutture di trattamento e inertizzazione dei rifiuti, non essendo mai stata realizzata la cosiddetta Linea A di stabilizzazione dei fanghi». Ed è in questo modo che, secondo i magistrati pugliesi, per almeno 4 anni aziende tessili, petrolifere, meccaniche, farmaceutiche, «smaltivano in maniera abusiva i rifiuti alla discarica Vergine».
Inquinamento ambientale: getto pericoloso di cose
Sono accusati (in concorso tra loro) del reato di getto pericoloso di cose: l’ex responsabile tecnico dell’impianto complesso di rifiuti speciali di proprietà della Vergine Spa, Pasquale Moretti; il rappresentante legale, Paolo Ciervo; l’amministratore unico della Vergine Srl, Mario Petrelli, società che dal 1° gennaio 2014, cioè due giorni prima del sequestro, ha rilevato il ramo d’azienda che conteneva l’impianto di rifiuti dalla società Vergine Spa.
Petrelli e Moretti sono entrambi accusati, nelle loro rispettive qualità di custodi giudiziali degli impianti, del reato previsto dall’articolo 349 del codice penale, cioè, di «avere violato i sigilli dell’impianto in sequestro per realizzarvi all’interno una ulteriore discarica di percolato, con l’effetto di continuare a pregiudicare l’integrità ambientale dei luoghi».
Ambiente e salute a rischio: il Parlamento sapeva tutto
Al di là della vicenda penale, è un dramma ambientale e sanitario quello provocato dalla discarica. Il Parlamento italiano ne è a conoscenza da quasi 10 anni. La commissione parlamentare d’inchiesta sule attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, nella relazione del 2009 scritta al termine della missione in Puglia riconosce, infatti, che «le comunità locali vivono in condizioni insopportabili». Scrivono i parlamentari:
«Non è pensabile che la qualità della vita possa ritenersi accettabile laddove l’aria sia satura di cattivi odori e le persone sono costrette a vivere chiuse in casa».
E ancora: «La situazione rappresentata dai testimoni che sono stati ascoltati desta preoccupazione, sia per quanto riguarda lo sfruttamento eccessivo di quel territorio, sia per il paventato insufficiente controllo dei rifiuti ivi conferiti».
La pediatra: «Troppe malattie respiratorie nei bambini»
Nella relazione parlamentare è riportata integralmente la testimonianza della dottoressa Antonietta D’Oria, pediatra nel comune di Lizzano, la quale ha raccontato di aver notato, negli anni, diversi casi di ipotiroidismo congenito e una forte incidenza di malattie respiratorie nei bambini sotto i 5 anni. La dottoressa D’Oria, citando uno studio dell’istituto Mario Negri di Milano a cui lei stessa aveva lavorato, di fronte ai parlamentari aveva spiegato:
«I dati emersi sono della stessa entità dei bambini che abitano nei quartieri adiacenti all’Ilva».
«La testimonianza della dottoressa può e deve rappresentare un punto di partenza per ulteriori indispensabili studi epidemiologici», prometteva la relazione parlamentare. A quasi 10 anni di distanza da quell’audizione che contribuì a squarciare il velo sul disastro sanitario tuttora in corso nel comune di Lizzano e in quelli limitrofi, la pediatra dice: «Effettivamente, da quando la discarica è stata sequestrata, e dunque non ha più accolto rifiuti speciali non pericolosi, ormai da 4 anni, si assiste ad una diminuzione delle malattie respiratorie nei bambini».
Tuttavia, prosegue la dottoressa D’Oria, «a preoccupare sono i dati emersi da alcuni studi, che collocano il comune di Lizzano tra i primi posti in Puglia per il numero di tumori, del polmone, in particolare». Più in generale, conclude, «in tutta la provincia di Tarantto si sconta l’assenza di vere e proprie mappe epidemiologiche, nonostante i dati sanitari allarmanti».