Scandalo Oxfam: perché è scoppiato e quali conseguenze per le ong

Da Haiti all'Italia: ecco da dove arriva lo scandalo degli abusi sessuali che ha travolto la ong britannica Oxfam e quali sono i pericoli che porta ora con sé anche per le altre organizzazioni non governative. Il direttore generale di Oxfam Italia, Roberto Barbieri, fa un'analisi in un'intervista a Osservatorio Diritti

Donazioni a rischio. Credibilità in picchiata. Sfiducia nel sistema sempre più diffusa. Sono tre delle conseguenze dello scandalo Oxfam. Conseguenze che non toccano solo l’ong britannica: da Londra, hanno contaminato prima tutta l’organizzazione, poi tutto l’ambiente dell’aiuto umanitario.

Come per il caso Weinstein, da un primo episodio di molestia sessuale ne stanno emergendo tanti altri, finora taciuti. Casi che vanno dallo sfruttamento della prostituzione al comportamento inappropriato. In quest’ultimo insieme rientrano una serie di messaggi mandati da Justin Forsyth quando era direttore di Save the Children. Il 22 febbraio si è dimesso da numero due dell’Unicef, l’organizzazione per la quale lavorava.

Lo scandalo Oxfam da Haiti alla Gran Bretagna

Ciò che è avvenuto ad Haiti con Oxfam Gran Bretagna, intanto, ha prodotto la sospensione della missione della ong nell’isola caraibica. Quello che ormai è accertato è che sette persone della missione post sisma, nel 2011, dell’ong britannica, hanno molestato delle donne che si sono prostituite e hanno minacciato i testimoni dei loro festini. Come ricostruito da Osservatorio Diritti, il capo missione Roland van Hauwermeiren è stato protagonista di altri episodi simili, secondo i quotidiani inglesi.

Per questo, di fronte alla Commissione del Parlamento britannico, l’amministratore delegato di Oxfam Gran Bretagna, Mark Goldring, la presidente del consiglio di amministrazione, Caroline Thomson, e la direttrice esecutiva di Oxfam International, Winnie Byanyima, hanno chiesto scusa per quanto accaduto.

Goldring ha anche chiesto scusa per aver reagito, nei giorni scorsi, dicendo che Oxafam «non ha ucciso bambini di Haiti nelle culle». Un commento inappropriato, che però indica le proporzioni dello scandalo: ciò che sta andando addosso ad Oxfam è percepito come fuori misura rispetto alle responsabilità imputabili alla ong.

Colette Lespinasse, avvocato dei rifugiati ad Haiti, spiega alla Thomson Reuters Foundation: «Non trasformiamo Oxfam nel capro espiatorio di tutto il settore». Le stesse molestie, ad Haiti, riguardano tutti i settori, sostiene l’avvocato.

Direttore Oxfam Italia: «Comportamenti inaccettabili»

«In questa fase non devono essere tenuti nascosti gli errori da parte di Oxfam. Non si può fuggire da questa cosa, non si può ricondurre tutto unicamente alla logica del complotto, seppure segnali di un attacco al ruolo del non governativo nell’aiuto umanitario si possono leggere nella sequenza di atti accaduti negli ultimi mesi. Ma noi vogliamo partire dai fatti, rispondendo nel merito come abbiamo fatto in questi giorni», dice a Osservatorio Diritti Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia.Scandalo Oxfam

Roberto Barbieri, direttore Oxfam Italia (al centro) – Foto: Francesco Lamonaca (via Flickr)

L’affiliata italiana non ha nulla a che fare con l’episodio, ma è inevitabile il suo coinvolgimento – sul piano mediatico e nella ripercussione sui finanziamenti – vista l’entità dello scandalo.

Barbieri riconosce gli errori del personale di Oxfam Gran Bretagna ad Haiti. Comportamenti «inaccettabili».

«In primo luogo, non dimentichiamocelo mai, (sono comportamenti inaccettabili, ndr) per le comunità e le persone vulnerabili con cui lavoriamo e che dobbiamo garantire e proteggere. Per cui per noi anche un solo caso è troppo ed è inaccettabile».

Dopo Haiti, prosegue Barbieri, politiche e procedure interne sono migliorate molto, «ma non siamo ancora soddisfatti. Da qui il nostro annunciato piano di azione che riguarderà l’intera confederazione», aggiunge.

Barbieri ricostruisce lo scandalo Oxfam dal 2011 a oggi

L’audizione in Commissione parlamentare è stata molto dura e lo stesso primo ministro britannico, Theresa May, il 18 febbraio ha definito «orribile» il comportamento dello staff di Oxfam ad Haiti.

«Ci viene chiesto in questi giorni – prosegue Barbieri – se l’effetto di tutto questo sia fuori da ogni prassi, se sia sproporzionato. Non spetta certo a noi giudicarlo, soprattutto in questo momento», dice Barbieri. Che tiene a chiarire qualche punto della discussione in corso:

«I colleghi britannici però non avevano coperto, ma invece denunciato l’apertura e la chiusura dell’indagine interna. Avevano definito i motivi dell’inchiesta “violazione del codice di comportamento” e non “prostituzione” perché altrimenti, visto che la prostituzione ad Haiti è illegale, anche le ragazze – e non solo il nostro staff – sarebbero state denunciate alle autorità locali».

«La decisione dell’epoca è stata quella di non farlo. Come ho spesso ribadito in questi giorni, avremmo potuto decidere diversamente, ma questo è ben diverso dall’aver coperto o voluto insabbiare i fatti, altrimenti non avremmo denunciato pubblicamente».

L’effetto di quella scelta – che oggi appare inappropriata proprio perché giustifica chi parla di “clima di impunità” – getta fango sull’intera organizzazione. «La domanda che ci si pone in Inghilterra è: “Tu che non sei in grado di gestire le situazioni al tuo interno, che credibilità hai per intervenire?”». Una domanda che rischia di distruggere il senso dell’intervento umanitario, delle denunce delle ong, delle campagne e dei risultati – importanti – ottenuti. Che oggi si applica a Oxfam, ma che un domani, se non si pone un rimedio, potrebbe coinvolgere qualcun altro.

Il contesto: #MeToo e ong sotto tiro

«La sensibilità dei media e del pubblico sull’argomento molestie sessuali è aumentato dopo la campagna #MeToo», fa notare Roberto Barbieri. Di per sé, questo è un fatto positivo. Il problema, in particolare per il dibattito italiano, è che le ong vengono da un periodo di forte discredito, cominciato con l’estate 2017 e la bufale dei taxi del Mediterraneo.

Per quanto fino ad oggi Oxfam abbia cercato di non allargare i confini dello scandalo ad altri, non si può contenere un’onda anomala di queste dimensioni, che rischia di mettere in discussione tutto il sistema ong. Dalle quali, finora, non ci sono state risposte unitarie.

L’isolamento delle reazioni di oggi ricorda un altro frangente in cui il sistema ha dimostrato di essere sfaldato: l’introduzione del codice di condotta per i salvataggi in mare. Quel codice rappresentava la conclusione della campagna di delegittimazione, cominciata su degli errori – eventuali –  di una singola ong, non di tutte quelle in mare. La risposta fu che alcune organizzazioni l’accettarono, altre no. Il risultato è che le missioni in mare si sono fortemente ridotte dalla sua applicazione.

«Tutti noi del terzo settore dovremmo riflettere su come l’intero nostro sistema sia fragile laddove qualche organizzazione, soprattutto se particolarmente nota, sbaglia. Automaticamente le responsabilità di pochi si spostano all’intero settore, screditandolo», ragiona Barbieri.

La risposta dovrebbe essere maggiore unità, come non è avvenuto l’ultima estate: «È importante essere uniti sulle questioni di fondo, come nel caso della difesa dei principi umanitari che hanno riguardato le ong in mare la scorsa estate. E anche condividere maggiormente metodi, alzare ulteriormente gli standard nell’accountability, nel dare conto, uscendo dalle logiche dei singoli, perché questo è, e deve essere, un nostro punto di forza verso partner e cittadini», aggiunge Barbieri.

Il modo per far male, per altro, è semplice: tagliare i fondi. L’agenzia britannica ha sospeso circa 32 milioni di sterline. Una posizione simile sarà probabilmente adottata anche dall’agenzia svedese. Due direzioni generali della Commissione europea, Devo e Eco, hanno intrapreso lo stesso percorso. Il risultato primo e certo sarà quantomeno un ritardo nell’erogazione di fondi ad Oxfam. E il rischio è che la storia non si chiuda qui.

Leggi anche:
Oxfam, Medici senza frontiere e Onu travolti da scandali sessuali
Difensori dei diritti umani: chi cerca di fermarli

 

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.