Trump contro Putin: ecco chi viola i diritti umani nel mondo
L'amministrazione americana pubblica una lista di 62 persone colpevoli di violare i diritti umani: per loro scatta il sequestro dei beni negli Usa e il divieto d'ingresso nel Paese. Il provvedimento è stato adottato grazie a una legge voluta dal Congresso ai tempi di Barack Obama. Sullo sfondo l'ombra del Russiagate
Sono 62 le persone accusate di gravi violazioni dei diritti umani e corruzione ai quali negli Stati Uniti sono state sequestrate le proprietà, revocata la possibilità di ottenere un visto e impedito ogni rapporto commerciale con cittadini americani. I nomi sono stati indicati in due liste, pubblicate dagli Stati Uniti alla fine di dicembre 2017. Al loro interno ci sono uomini d’affari, ex dittatori, trafficanti, criminali, poliziotti, militari.
Storia di una legge: da Congresso Usa a Barack Obama
Le due blacklist sono state pubblicate grazie al Magnitsky Act, una legge votata nel 2012 dal Congresso americano e approvata dall’amministrazione di Barack Obama nel dicembre 2016. Il suo scopo originale era colpire le proprietà e i rapporti commerciali negli Stati Uniti dei responsabili della morte di Sergey Magnitsky, avvocato e revisore dei conti imprigionato a seguito di un’inchiesta su frodi fiscali commesse da uomini nel Cremlino nel 2008 e in seguito ucciso in circostanze poco chiare nel novembre 2009, nella prigione dove si trovava, a Mosca.
Sergey Magnitsky, avvocato che dà il nome alla legge americana contro chi viola i diritti umani nel mondo. È stato ucciso in un carcere di Mosca nel novembre 2009. Foto: VOA
A dicembre 2016 la legge è stata allargata nel Global Magnitsky Human Rights Accountability Act, un provvedimento difeso da associazioni che promuovono i diritti umani, ma sul quale si sta consumando una battaglia politica enorme. I protagonisti delle azioni di lobby pro e contro il provvedimento sono gli stessi del Russiagate, la mega-inchiesta che ha scosso la campagna elettorale americana, in cui sarebbero emersi interferenze illegittime del Cremlino e relazioni di Mosca con Trump.
Buone notizie per i diritti umani, nonostante Donald Trump
Secondo il Washington Post, lo strumento – per quanto imperfetto – dà un segnale chiaro e va accolto positivamente. Nonostante l’amministrazione Trump abbia un’agenda ridotta quasi a zero in termini di promozione dei diritti umani, come nota Human rights watch, il Global Maginstky Act è uno strumento utile, adottato anche in Canada, Estonia e Regno Unito per bloccare gli affari degli stessi presunti colpevoli dell’uccisione dell’avvocato.
Entro i primi mesi del 2018, già nel 2016 il Congresso americano aveva previsto la pubblicazione di una terza lista per colpire gli alleati più vicini a Putin. Come ricorda il Post, però, da quando Trump si è insediato alla Casa bianca, l’inchiesta sulle interferenze russe nella campagna elettorale americana procede con difficoltà. Il Magnitsky Act resta comunque un provvedimento importante e inaspettato: la lobby russa per cercare di impedire che Trump lo adottasse è stata forte.
Il caso politico di Bill Browder tra Russia e Stati Uniti
Il principale promotore del Magnitsky Act si chiama William – detto Bill – Browder. Nato a Londra, Browder ha un passato da broker e speculatore incallito, come gesto di ribellione alla famiglia di cultura marxista nella quale è cresciuto, come racconta nel libro Red Notice – Scacco al Cremlino (uscito in italiano per Baldini&Castoldi). Browder è stato l’ultimo cliente dell’avvocato Magnitsky.
Secondo i giudici russi, proprio l’ex investitore britannico – oggi discusso attivista per i diritti umani – sarebbe dietro lo scandalo sollevato da Magnitsky e sarebbe stato lui a ordire il piano che ha portato all’uccisione dell’avvocato. La Russia aveva anche chiesto all’Interpol di inserire il nome di Browder tra i nomi dei latitanti del mondo. La forza di polizia internazionale non lo ha fatto.
A giugno 2016, il figlio di Donald Trump ha incontrato Natalia Veselnitskaya, tra le lobbiste russe che hanno cercato di fermare la legge. Veselnitskaya è anche tra le promotrici di un documentario contro Browder, The Magnitsky Act — Behind the Scenes, firmato dal regista Andrei Nekrasov.
In un primo tempo, a ottobre 2017, anche gli Stati Uniti avevano tolto a Browder la possibilità di ottenere un visto americano, adottando un provvedimento molto simile a quello russo. Due giorni dopo, almeno neglI Usa, è stato ritirato.
Il dittatore africano e l’uomo forte della Cecenia
Tra i nomi più interessanti che compaiono nelle due blacklist americane di chi viola i diritti umani nel mondo c’è quello di Yahya Jammeh. Ex dittatore del Gambia, al potere dal 1994 al 2017, quando è stato deposto dopo una sollevazione popolare. Il provvedimento americano individua le principali proprietà dell’ex dittatore africano, che includono compagnie aeree, società finanziarie, compagnie assicurative, banche.
Il dittatore ceceno Ramzan Kadyrov insieme al suo alleato Vladimir Putin in un incontro a Mosca il 10 dicembre 2015. Foto: Kremlin.ru
Nella blacklist si trova anche l’uomo forte della Cecenia, Ramzan Kadyrov, storico alleato del presidente russo Vladimir Putin. Kadyrov è accusato dagli Stati Uniti di torture, uccisioni extragiudiziali e repressione degli oppositori politici.
L’affarista d’Israele che saccheggia il Congo
Anche i nomi meno noti sono molti interessanti. Tra questi spicca l’uomo d’affari israeliano Dan Gertler. Classe 1973, possiede un impero nel settore minerario e petrolifero. La sua terra di conquista prediletta è la Repubblica democratica del Congo, che sul piano economico soffre per una svendita al ribasso delle proprie risorse minerarie. Secondo gli americani, in tre anni la repubblica africana ha perso 1,3 miliardi di dollari a causa di questo deprezzamento.
L’Ufficio americano per il controllo delle proprietà straniere (Ofac in inglese), il dipartimento che ordina il sequestro dei beni in territorio americano, sostiene che Gentler «abbia costruito la sua fortuna di centinaia di milioni di dollari su accordi opachi e corruzione per attività minerarie e petrolio».
Il comunicato dell’Ofac prosegue sostenendo che, per ottenere questi vantaggi, l’uomo d’affari ha usato la sua amicizia con il presidente congolese Joseph Kabila. In alcuni casi «si è comportato come un intermediario, richiedendo alle multinazionali di passare attraverso di lui per fare business nello Stato congolese».
Tra i colossi che avrebbero sfruttato le sue conoscenze, anche la svizzera Glencore, nel 2007. Il tesoro di Gertler è ben nascosto nei paradisi fiscali: il suo nome compare nell’inchiesta internazionale Paradise Papers.