Ilva, a Taranto si gioca con la salute dei cittadini

Lo scontro politico sull'Ilva di Taranto passa oggi per uno snodo cruciale. La giustizia fa un passo in avanti. Ma nel frattempo i cittadini sono alle prese con la morsa dell'inquinamento: Asl, medici e attivisti denunciano una situazione critica per salute e ambiente

Mentre lo scontro politico sull’Ilva di Taranto arriva proprio oggi alla resa dei conti e la giustizia fa un altro passo per arrivare un giorno a stabilire come debba intervenire la legge in questa intricata faccenda, i cittadini della città pugliese sono costretti sempre più spesso a chiudersi in casa. Causa: il troppo inquinamento.

Le prime vittime sono i bambini. Tanto che negli ultimi due mesi un’ordinanza disposta dal sindaco della città ha impedito agli alunni di materne ed elementari del quartiere Tamburi, adiacente alla zona industriale, di frequentarle per sette giorni non consecutivi. E non è la prima volta che accade qualcosa del genere. Tanto che lo scorso aprile, per esempio, sempre in quella zona la dirigente scolastica di un istituto comprensivo aveva emanato una circolare interna sospendendo tutte le attività all’aperto degli alunni e del personale in occasione di due giorni consecutivi di forte vento.

Salute in pericolo a Taranto? Dipende dove tira il vento

Le condizioni del vento nella città pugliese sono una cosa seria, strettamente collegate alla salute dei cittadini. La situazione ambientale e sanitaria, infatti, è compromessa al punto che l’Asl di Taranto ha consigliato di usare precauzioni proprio durante i giorni di vento. In particolare per bambini, anziani, cardiopatici e asmatici.

La direzione sanitaria, insomma, ha raccomandato di tenere alta la vigilanza: secondo l’ente, quando la velocità del vento supera determinati limiti e proviene da Nordovest, dove si trova l’area industriale, la popolazione corre pericoli, perché accade che si disperdano in grandi quantità inquinanti di origine industriale come il Pm 10 e il benzo(a)pirene, soprattutto in alcune zone della città, come Tamburi e Paolo VI.

Inquinamento ed «eccesso di mortalità tra i bambini»

Secondo gli ultimi studi ufficiali disponibili diffusi dal ministero della Sanità sui legami tra inquinamento e malattie, cioè gli studi “Sentieri” condotti nel 2012 per la “Terra dei fuochi” e per il Sito d’Interesse Nazionale di Taranto, e che soltanto per l’area di Taranto sono stati aggiornati al 2014, «per quanto riguarda la fascia d’età pediatrica si osserva un eccesso di mortalità per tutte le cause, e di ospedalizzazione per le malattie respiratorie acute. Inoltre, per tutti i tumori si osserva un eccesso di incidenza».

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Manifestazione contro l’Ilva di Taranto – Foto: Luciano Manna

La pediatra e presidente della commissione Ambiente dell’ordine dei Medici di Taranto, Annamaria Moschetti, dice a Osservatorio Diritti:

«Questa situazione rappresenta plasticamente il fallimento della politica industriale del nostro Paese, e, ancora oggi, l’ultimo decreto del presidente del Consiglio non offre garanzie sufficienti per la tutela della vita della popolazione e degli operai, così come su tutta la questione Ilva non esiste una riflessione eticamente fondata da parte dello Stato».

La perizia: troppi tumori tra gli operai dell’Ilva

Prosegue la dottoressa: «Uno dei dati più drammaticamente rilevanti nella perizia epidemiologica contenuta negli atti che sono alla base del processo Ambiente Venduto è l’eccesso di tumori tra gli operai, senza contare quelli morti sul lavoro, dalla fondazione della fabbrica ad oggi».

In particolare, la perizia ha rilevato tra gli operai Ilva eccessi di tumore dello stomaco del 107%, e aumenti consistenti delle malattie cardiache e neurologiche, di oltre il 50 per cento. Non solo. Tra gli impiegati sono stati documentati eccessi di mortalità per tumori all’encefalo del 150 per cento.

Ilva: la più grande (e contestata) siderurgica d’Europa

L’Ilva è la più grande fabbrica siderurgica d’Europa, già sequestrata il 26 luglio del 2012 dai giudici della città pugliese «perché produce eventi di malattia e di morte, anche nei bambini». Da allora, l’industria è stata al centro di una partita complicata, che ha investito diversi livelli della scena politica e coinvolto organizzazioni e ordini professionali, enti economici e forze sindacali nazionali.

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Manifestazione contro l’Ilva di Taranto

Alla Corte d’Assise del Tribunale di Taranto è in corso proprio oggi una delle tante udienze del maxiprocesso “Enviroment sold out”, che vede imputati, a vario titolo, tanti ex dirigenti della fabbrica e altre decine di persone tra funzionari pubblici e uomini politici. Tutti sono in qualche modo coinvolti – al di là delle eventuali responsabilità penali ancora da stabilire – «nella più drammatica crisi sociale, industriale, ambientale che l’Italia meridionale ricordi», come ha scritto Alessandro Leogrande, giornalista e scrittore di origini tarantine scomparso di recente.

Lo scontro istituzioni locali-governo arriva al Tar

Su un altro fronte giudiziario, oggi, 9 gennaio, il tribunale amministrativo di Lecce è chiamato a valutare il ricorso presentato dalla regione Puglia e dal sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, contro il decreto del presidente del Consiglio dei ministri  (controfirmato dal ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, e dell’Ambiente, Gian Luca Galletti), con cui il governo Gentiloni, il 29 settembre scorso, ha recepito il piano ambientale dei nuovi acquirenti di Ilva, stabilendo «la modifica delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria previste dal decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 14 marzo 2014».

In sostanza, il provvedimento ha confermato che la produzione dello stabilimento non potrà superare le 6 milioni di tonnellate d’acciaio l’anno «fino al completamento di tutti gli interventi di adeguamento degli impianti». E ha previsto come termine ultimo per la realizzazione degli interventi il 23 agosto 2023, prolungando così di due anni il termine stabilito in precedenza.

Nella stessa data, in ogni caso, scadrà l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata dal ministero dell’Ambiente alla fine del 2012, quella con cui l’Ilva è stata rimessa in marcia subito dopo il sequestro operato dai magistrati.

Di fronte a queste novità, gli enti locali hanno fatto ricorso al Tar (anche se poi gli stessi ricorrenti hanno rinunciato alla sospensiva sulla sentenza), ottenendo il sostegno di una buona parte della popolazione tarantina.

Su questo stesso ricorso, comunque, si giocherà questa sera una importante battaglia politica. Il governatore pugliese, Michele Emiliano, dovrà affrontare un ordine del giorno che potrebbe obbligarlo a ritirare il provvedimento.

Dodici decreti: le leggi sulla siderurgica di Taranto

Negli ultimi anni, i governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni, che si sono succeduti dopo il sequestro della fabbrica, hanno cercato di mettere un argine alla questione adottando diversi provvedimenti. Tutti quanti con l’obiettivo di salvaguardare solo la produzione, sostengono vari movimenti che seguono da tempo la vicenda.

Tra questi c’è il gruppo di attivisti #Tuttamialacittà, che ha ripercorso decreto per decreto «l’incredibile vessazione dello Stato italiano ai danni della città di Taranto».

Complessivamente, scrivono, dal luglio 2012 a oggi sono stati emanati dodici decreti «finalizzati a favorire la produzione dell’Ilva, nonché il recupero dei crediti da parte delle banche che hanno partecipato al salvataggio del siderurgico, in danno della vita e dell’ambiente».

Proprio su questa linea, del resto, sembra essere stato redatto il decreto legge 98 del 9 giugno 2016 “Disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo Ilva”. Dove si legge: «Le condotte poste in essere in attuazione del Piano non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario, dell’affittuario o dell’acquirente». Il dl 98/2016 aveva imposto anche l’ulteriore proroga dei tempi concessi all’acquirente per ottemperare alle prescrizioni dell’Aia – dal 2016 al 2018 – che il decreto emanato il 29 settembre scorso ha prolungato al 2023.

Peacelink: «Le violazioni ambientali continuano»

«I dodici decreti legge hanno reso ancor più difficile l’esercizio dei diritti basilari da parte degli abitanti di Taranto. È paradossale che siano stati quasi tutti adottati per rendere nullo, di fatto, un atto amministrativo (l’Aia) di natura ministeriale», dice a Osservatorio Diritti Luciano Manna, responsabile comunicazione dell’associazione Peacelink.

Non solo. Prosegue Manna: «È ancor più incredibile che le inadempienze che abbiamo riscontrato rispetto alla mancata attuazione dell’Autorizzazione integrata ambientale, siano state documentate e certificate dagli enti di controllo ambientali del ministero dell’Ambiente, Ispra, e della Regione, Arpa Puglia».

E, conclude: «Alcune delle violazioni riscontrate sono ancora poste in essere. Le opere necessarie, ad oggi, non sono state completate. Altri lavori necessari non sono nemmeno mai cominciati. Senza tralasciare, poi, le denunce di Peacelink, e da cui si è poi originato il processo Ambiente Venduto, relative alla contaminazione della catena alimentare».

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