Giornata mondiale del gabinetto contro la povertà
Il 19 novembre le Nazioni Unite celebrano il World Toilet Day. Una situazione - quella della mancanza di servizi sanitari - che colpisce 2,3 miliardi di persone. E che ne uccide almeno 280 mila l'anno. Affrontare il problema in modo serio garantirebbe più diritti alla salute e risparmi per la spesa pubblica
Il nome scelto può far sorridere qualcuno, ma la Giornata mondiale del gabinetto (World Toilet Day) istituita dalle Nazioni Unite per il 19 novembre di ogni anno è una cosa seria. Nel mondo ci sono 2,3 miliardi di persone che non hanno alcun accesso a servizi sanitari di base, come toilette o latrine, nonostante servizi igienici in genere e l’accesso all’acqua siano considerati diritti umani fondamentali. Una situazione che ha conseguenze drammatiche. Secondo l’Onu, infatti, questa mancanza di servizi è strettamente legata alla trasmissione di malattie come colera, diarrea, dissenteria, epatite A, febbre tifoidea e poliomielite.
L’assenza di servizi sanitari adeguati, inoltre, è la causa della morte di 280 mila persone ogni anno ed è la prima responsabile di varie malattie tropicali, spesso poco conosciuti, come vermi intestinali, schistomiasi e tracoma. Ed è anche associata dagli esperti alla malnutrizione (dati Organizzazione mondiale della sanità).
Giornata mondiale del gabinetto: l’accesso ai servizi
Questo problema, in realtà, riguarda tutti. Anche chi vive alle latitudini più distanti da questo tipo di problemi. Basti pensare, per esempio, che le Nazioni Unite fanno notare come almeno una persona su dieci al mondo consuma cibo irrigato proprio con acque di scarico.
Nel 2015, secondo gli ultimi dati disponibili, circa il 39% della popolazione mondiale, pari a poco meno di 3 miliardi di persone, aveva a disposizione gabinetti sicuri e indipendenti, ossia non condivisi con altre case e gestiti in modo da assicurare un trattamento adeguato del materiale.
Appena il 27%, però, cioè 1,9 miliardi di persone, ha a disposizione servizi privati connessi con fognature che prevedono il trattamento dell’acqua di scarico. Anche se 5 miliardi di persone, due persone su tre, hanno comunque la possibilità di accedere a un servizio sanitario di base.
E ancora, proseguendo con i dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità, il 13% degli abitanti del Pianeta usano gabinetti o latrine collegati a un sistema di raccolta del materiale sul posto.
Le prime, immediate, conseguenze di questa distribuzione ineguale di servizi è che circa 892 milioni di donne e uomini sono obbligati a compiere bisogni fisiologici in posti di fortuna, come canali di scolo di vario genere o dietro a cespugli.
Servizi sanitari e igienici riconosciuti come diritti umani
I servizi sanitari e igienici sono considerati dalla Nazioni Unite tra gli elementi essenziali per garantire la salute pubblica. E anche se il trend è positivo – dal 1990 al 2015 la percentuale di chi ha accesso a questi servizi è salita dal 54% al 68% – l’Onu non considera accettabile che ci siano ancora 2,3 miliardi di persone senza alcune servizio di questo genere.
Per ufficializzare l’importanza di perseguire miglioramenti su questo punto, nel 2010 l’Assemblea generale Onu ha riconosciuto come un diritto umano l’accesso all’acqua sicura e pulita e ai servizi sanitari. Contestualmente, l’organismo ha richiesto alla comunità internazionale uno sforzo aggiuntivo per sostenere i paesi ancora indietro in questo campo ad assicurare questi servizi ai propri cittadini. Ma nonostante questa chiamata all’azione, l’obiettivo del millennio che mirava a dimezzare il numero di persone del mondo senza accesso ai servizi igienici è stato fallito per circa 700 milioni di cittadini.
Diarrea: le vittime della mancanza di servizi igienici
Le Nazioni Unite stimano che circa 842 mila persone di paesi con redditi medio-bassi muoiono a causa della mancanza di acqua, servizi igienici e igiene adeguata ogni anno. Nello specifico, di questa vera strage, ben 280 mila morti sono ricollegate direttamente proprio ai servizi igienici.
La malattia che uccide di più è la diarrea, che però sarebbe facilmente prevenibile. Sempre secondo i dati Onu, infatti, ben 361 mila bambini sotto i 5 anni di età potrebbero non morire con un adeguato accesso ad acqua sicura, servizi sanitari e igieni.
E anche la defecazione all’aria aperta continua a mietere vittime e a perpetrare un circolo vizioso: i paesi in cui questa pratica è più diffusa registrano il maggior numero di morti di bambini sotto i 5 anni di età, così come i più alti livelli di malnutrizione e povertà, oltre che grosse disparità nelle condizioni di salute.
L’accesso ai servizi migliora salute e portafoglio
I benefici che verrebbero da miglioramenti sensibili di questa situazione, comunque, non sarebbero limitati a un contenimento, già in sé molto importante, del rischio della diffusione della diarrea. Oltre a questo effetto, infatti, l’agenzia Onu sottolinea come questo porterebbe alla riduzione di tutta una serie di altre malattie – come quelle tropicali, i vermi intestinali, la schistomiasi e il tracoma – che affligge milioni di persone nel mondo.
Si ridurrebbero così anche le pesanti conseguenze della malnutrizione, oltre a promuovere la dignità umana e a facilitare l’accesso all’istruzione, in molti casi impedito soprattutto alle ragazze proprio a causa della mancanza di servizi igienici adeguati separati da quelli dei ragazzi.
Ma non è ancora tutto. Uno studio dell’Organizzazione mondiale della sanità del 2012, infatti, aveva calcolato che per ogni euro investito in servizi igienici, il ritorno a livello economico è di 5,50 dollari grazie a minori costi sanitari, maggiore produttività e minori morte premature.
Gli obiettivi futuri contro la povertà
Le Nazioni Unite si sono date come obiettivo quello di eliminare totalmente la pratica della defecazione all’aperto entro il 2025, così come garantire a tutti acqua potabile.
La sfida maggiore è probabilmente rappresentata dalle grandi megalopoli dei paesi poveri, dove milioni di persone sono ammassate in aree sprovviste di fognature o servizi di altro genere. In alcuni casi, inoltre, la diseguaglianza di questi sistemi arriva ad organizzare questi servizi in maniera tale da prevedere che i liquami prodotti nelle zone più ricche delle città siano convogliati in sistemi di drenaggio, canali o interramenti che finiscono con l’inquinare le aree più povere.
In generale, sottolinea infine l’agenzia Onu, la scarsità di dati disponibili in materia suggerisce che una grossa quantità delle acque di scarto, non trattate in alcun modo, finiscano direttamente in fiumi, laghi e oceani.