Droga: produttori di coca del Perù tra trafficanti e polizia

In una della regioni più povere del Perù , dove si produce un terzo della coca mondiale, coltivare questa pianta conviene ancora. Ma a caro prezzo: i contadini sono stretti tra i trafficanti e le politiche anti-droga. Subiscono violenze e minacce su tutti i fronti e spesso restano senza mezzi di sostentamento alternativi

In Perù esiste una valle che produce un terzo della coca mondiale. Si tratta della Valle dei fiumi Apurímac, Ene e Mantaro, detta anche “Vraem”. In quest’area vivono numerose famiglie contadine, per le quali le foglie di coca rappresentano la principale fonte di sostentamento.

La cocaina: un’economia in espansione

Secondo la Commissione nazionale per lo sviluppo e la vita senza droghe il paese, nel 2017, contava più di 50.000 ettari coltivati a coca, da cui viene estratta la cocaina che fa il giro del mondo. Secondo le stime dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine la produzione di coca in Perù, nel 2015, occupava circa 42.000 ettari.

L’aumento della superficie coltivata, secondo la commissione nazionale, è dovuto anche al perfezionamento delle capacità di rilevamento adottate. Le ultime tecnologie, infatti, permettono di individuare le piante di coca anche più giovani di un anno. La fondazione “InSight Crime”, che studia il crimine organizzato in America Latina, sottolinea come negli ultimi anni siano comparse nuove coltivazioni soprattutto nelle aree di confine, verso Colombia e Bolivia. Nel 2016 il Perù risultava, nelle statistiche dell’Onu, il secondo produttore al mondo di cocaina.

Le foglie di coca non sono solo una droga

La coca è una coltura tradizionale per molte popolazioni andine. Le foglie, infatti, vengono utilizzate nella medicina tradizionale e nei rituali. Masticare foglie di coca permette di sentire meno la fatica e la fame e di affrontare la limitata quantità di ossigeno in altitudine. Le piante possono essere alte fino a 3 metri e crescono nelle foreste tropicali.drogaPianta di coca – Foto DBotany (via WikiMedia)

Il raccolto avviene 3 volte l’anno e permette ai piccoli agricoltori di assicurare un’entrata per tutta la famiglia. La quasi totalità delle foglie di coca prodotte nel paese andino, però, è destinata al mercato internazionale della droga. Il procedimento di trasformazione avviene artigianalmente. Le foglie vengono essiccate, cucinate e poi trasformate in cocaina, grazie all’aggiunta di agenti chimici.

I contadini peruviani del Vraem in una morsa

Circa il 70% della cocaina peruviana è prodotta nella zona del Vraem, al confine con la Bolivia. Qui, l’area coltivata a coca rappresenta il 44% di quella nazionale. Le foglie per i contadini della regione sono il prodotto più redditizio, rispetto alle colture concorrenti di cacao e caffé. Sono circa 400.000 le persone che lavorano nel settore della coca e guadagnano circa il doppio degli agricoltori che coltivano cacao e caffè.

I contadini, dopo aver raccolto e essiccato le foglie, vendono il prodotto ai trafficanti, che si occupano della trasformazione in cocaina. Sono stretti tra due morse: quella delle milizie e dei narcos, da un lato, e quella delle misure anti-droga, dall’altro. Sono i piccoli agricoltori, a conti fatti, a restare schiacciati. Vivono sotto minaccia, rischiano di vedere le loro abitazioni bruciate, di essere feriti e uccisi. Spesso i narcotrafficanti utilizzano i contadini anche in laboratori rurali, per le attività di trasformazione delle foglie in cocaina.

La minaccia dei gruppi armati e dei narcotrafficanti

L’area del Vraem in cui vivono i piccoli produttori di coca ha una lunga storia di violenza e abbandono. Si tratta della zona in cui opera ancora il gruppo armato maoista del Sendero Luminoso e dove tra il 1980 e il 1990 vennero uccise circa 70.000 persone.

Oggi il gruppo armato è molto meno influente, ma collabora con i trafficanti di droga, che hanno sistemato i loro laboratori clandestini nel profondo della foresta amazzonica. Si tratta di laboratori rurali che vengono regolarmente distrutti dalla polizia anti-droga e dall’esercito, ma rinascono con la stessa facilità.

La valle è una delle zone più povere del paese, tanto che il governo peruviano ha preparato un piano di sviluppo della regione per il periodo tra 2017 e il 2021. Nel 2013 il 43% della popolazione della zona viveva in condizioni di povertà, il doppio rispetto alla media nazionale.

L’obiettivo principale è lo sviluppo economico e sociale dell’area attraverso il dialogo con le autorità locali. Uno dei punti del piano è legato alla conversione delle piantagioni di coca in coltivazioni legali e sostenibili. Secondo i dati raccolti per elaborare il programma di sviluppo, la regione ha un basso livello di istruzione e anche l’accesso all’acqua, all’elettricità e ai trasporti è molto limitato.

Il viaggio della droga verso l’Europa

La droga prodotta in questa zona del Perù è destinata ad arrivare in Bolivia, grazie all’uso di piccoli aerei, elicotteri o di corrieri. Alcuni trasportano la cocaina a piedi, attraverso la vegetazione.

Dalla Bolivia il carico di droga giunge al Brasile e quindi alle piazze americane ed europee, fino all’Italia. In altri casi la cocaina parte direttamente dai porti peruviani, nascosta nei carichi delle navi.

Una strategia anti-droga che colpisce i più deboli

Secondo un rapporto del centro studi internazionale “Transnational Institute”, che si impegna per un pianeta giusto, democratico e sostenibile, i diritti dei piccoli produttori di coca non sono rispettati. A violarli non sono solo i commercianti di cocaina, ma anche le strategie governative anti-droga. Secondo i centro studi non viene applicato il principio di proporzionalità. I contadini vengono trattati come i trafficanti, nonostante siano l’anello debole della catena.

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Coltivatori di coca in Perù – Foto Leonardo C (via Flickr)

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