Femminicidio: ecco come cambia il Messico
In Messico vengono ammazzate sette donne al giorno e l'impunità è totale. Il legame tra femminicidio e criminalità organizzata è sempre più stretto. Un'approfondita analisi della violenza aiuta a capire il paese latinoamericano oggi
da Città del Messico*
Se fino a 10 anni fa in Messico la maggior parte delle donne veniva uccisa con coltelli, forbici o un qualsiasi oggetto contundete e i corpi erano lasciati in casa, oggi le forme della violenza sono cambiate. Le donne sono uccise sempre più spesso con armi da fuoco e i loro corpi lasciati in spazi pubblici.
In Messico vengono ammazzate sette donne al giorno e l’impunità nei casi di femminicidio sfiora il 95%. L’uomo che uccide non vuole più nascondere le impronte. Il marito, il fidanzato o l’ex compagno espone pubblicamente il corpo della donna per rivendicare il proprio potere in una società che è diventata sempre più violenta.
Femminicidio: per l’omicida è un’affermazione di forza
Come afferma l’antropologa femminista Laura Rita Segato, non si deve più concepire la violenza in maniera verticale, l’assassino che uccide la vittima, ma in maniera orizzontale. L’assassino non sta solo uccidendo la vittima, ma l’atto di uccidere una donna significa che sta lanciando un messaggio ai suoi simili: qui comando io, qui rivendico la mia forza.
A partire dall’analisi della violenza domestica è possibile decifrare come cambia il territorio, attraverso le relazioni intime si può capire come si trasforma la capacità di creare comunità e cittadinanza, seguendo i corpi delle donne assassinate e lasciate ai bordi delle strade, o in determinati quartieri delle città, si ha la possibilità di definire le nuove rotte del crimine organizzato.
Violenza domestica e criminalità: parlano Maria e Lucia
Maria ha 50 anni e ha sofferto violenza domestica per 30 anni, da quando all’età di 20 anni si era sposata. Maria mi racconta che non ha mai avuto paura che il marito la uccidesse, ma con il passare degli anni sapeva perfettamente in quali parti del corpo l’avrebbe picchiata:
«In quelle meno visibili. I lividi non si dovevano vedere, così potevamo camminare in pubblico, andare a cena con amici, continuando a sembrare la famiglia perfetta».
Lucia invece, che di anni ne ha 25, da quando si è sposata ha paura di essere uccisa. In casa è entrata una pistola. Prima ancora che per la maggior parte della popolazione fosse evidente, Lucia già aveva capito che quell’arma era entrata in casa perché nella sua città l’intreccio tra criminalità organizzata, interessi politici ed economici avevano permeato e cambiato profondamente il tessuto sociale.
Nel Messico più ricco triplica la violenza sulle donne
Guanajuato è uno degli stati più ricchi del paese. Qui le più grandi imprese multinazionali, tra cui l’italiana Pirelli, hanno istallato parte della loro produzione. Qui chi decide di investire già sa che ci sono dei costi paralleli da pagare.
Il pizzo si chiama “derecho de piso”. La violenza contro le donne è triplicata negli ultimi dieci anni proprio nelle città in cui è minore il livello di povertà e sono più forti le disuguaglianze sociali. La precarietà lavorativa e un sistema in cui scompaiono le tutele fondamentali per vivere una vita dignitosa, producono l’humus più fertile per affermare un sistema di violenze che colpisce i corpi di tutti, a partire da quelli più vulnerabili che sono, ancora oggi, corpi di donne.
Tra il reato di femminicidio e criminalità organizzata
Seguendo le rotte del femminicidio si possono tracciare le nuove rotte della criminalità organizzata. Lo stato di Guanajuato è una via di transito importante per il commercio nazionale e internazionale, perché mette in collegamento il centro del paese, in particolare la capitale, con Michoacan e Gerrero, due fra gli stati più violenti non solo del Messico, ma di tutta l’America Latina. Michoacan e Guerrero sono territori sotto il completo controllo della criminalità organizzata e hanno importanti porti commerciali.
Seguendo i corpi delle donne assassinate e incontrati ai margini delle strade di Guanajuato è stato possibile arrivare fino alle cosiddette “casas de seguridad”, case segrete in cui viene nascosta benzina e petrolio. I commercianti illegali di benzina e petrolio si chiamano “huachicoleros”. Una delle zone che si è trasformata nel fuoco rosso del femminicidio coincide con le vie di transito più usate dai “huachicoleros”, così come per il trasporto di mercanzia.
Messico: laboratorio sperimentale di violenza
Oggi in molte città dello stato di Guanajuato la violenza ha raggiunto livelli incontrollabili. Ci sono coprifuochi silenziosi: tutti sanno che dopo le 22 bisogna ritornare a casa. Prigionieri delle proprie città.
Se negli anni Novanta il deserto di Juarez era un cimitero a cielo aperto, oggi i meccanismi della violenza sono praticati contro i corpi di tutti. Il Messico si è trasformato in un laboratorio sperimentale della violenza. Un laboratorio i cui meccanismi potrebbero replicarsi in qualsiasi paese, con maggiore o minore intensità se il sistema di disuguaglianze non sarà modificato.
*Questa ipotesi di ricerca è stata sviluppata in quattro anni di lavoro sul campo in vari stati della Repubblica federale messicana. I risultati della ricerca dottorale saranno presentati nel libro di prossima pubblicazione “Violencias cruzadas: practicas feministas que generan nuevas políticas” di Emanuela Borzacchiello.
Qui sono 7 donne al giorno, nel sito del Messaggero sono 3 donne al giorno, qualche tempo fa erano 18 donne al giorno. La televisione non conferma e non si interessa di queste notizie nonostante siano i più aggressivi difensori delle donne. Ed allora cosa dobbiamo pensare? Sono notizie reali? O sono intese per trasformare la rete in un’altra casa di una copia della Durso che cerca indici d’ascolto?
Gentile Roberto, come può chiaramente vedere all’inizio dell’articolo, questo testo è stato pubblicato nell’ottobre 2017. Sicuramente i dati cambiano a distanza di tre anni. Arrivederci