I diritti delle bambine violati nel mondo
Ogni due secondi una ragazza con meno di 18 anni si sposa. E oltre 125 milioni di donne e ragazze hanno subìto una qualche forma di mutilazione genitale femminile. Lo denuncia il nuovo report "InDifesa" di Terre des hommes pubblicato alla vigilia della Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze
Amara è sbarcata a Pozzallo (Ragusa), stringendo tra le braccia la nipotina, dopo un estenuante viaggio che dall’Africa occidentale l’ha portata ad attraversare il deserto e poi il mare. Si è messa in viaggio per salvare se stessa – nel suo Paese lottava per contrastare le mutilazioni genitali femminili – ma soprattutto per salvare la piccola da quell’intervento inutile e doloroso. «Voglio che Kirimani abbia un futuro diverso dal mio. Vorrei che studiasse in Italia», ha raccontato la donna agli operatori di Terre des hommes che la scorsa estate l’hanno soccorsa e ascoltata.
Ancora oggi, in troppi Paesi del mondo, bambine e ragazze devono fare i conti con questa pratica crudele: oltre 125 milioni di donne e ragazze hanno subìto una qualche forma di mutilazione genitale femminile (Mgf). Malgrado gli sforzi fatti e i buoni risultati raggiungi nel contrasto alle Mgf, il loro numero potrebbe crescere: se i trend demografici attuali continueranno, infatti, 86 milioni di ragazze nate tra il 2010 e il 2015 rischiano di subire “il taglio” entro il 2030.
Quello delle mutilazioni genitali è uno dei temi al centro del nuovo dossier “InDifesa – La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo” di Terre des Hommes, presentato oggi a Roma e che viene realizzato ogni anno in occasione della Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze, fissata nel 2012 dalle Nazioni Unite per l’11 ottobre di ogni anno.
Essere bambine, una sfida quotidiana
Il dossier tratteggia un mondo in cui ancora oggi troppe bambine e ragazze si trovano a vivere in condizioni di forte discriminazione, grave vulnerabilità e violazione dei diritti fondamentali. I numeri sono spietati: circa 120 milioni le ragazze con meno di 20 anni vittima di “rapporti forzati o altri atti sessuali forzati”; quasi due bambine su tre (nella fascia d’età che va dai 10 ai 14 anni) subisce regolarmente punizioni corporali.
«Ogni anno circa 21 milioni ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni rimangono incinte e nella metà dei casi si tratta di gravidanza non volute e non pianificate. La giovane età le espone a rischi molto elevati: circa 1,2 milioni di ragazze under 19 muore di parto o per complicazioni legate alla gravidanza».
Bambine e ragazze con meno di 18 anni rappresentano anche il 20% delle vittime di tratta a livello globale: comprate e vendute per essere sfruttate nel mercato della prostituzione. Ma recentemente, come denuncia l’Unodc (l’organismo delle Nazioni Unite per il contrasto al traffico di droga e alla tratta di esseri umani), sta emergendo un nuova forma di trafficking, che riguarda soprattutto adolescenti e giovani donne, che vengono vendute per organizzare matrimoni combinati. Nel Sud-Est asiatico, spesso si risolve con matrimoni forzati o che avvengono senza il consenso della futura moglie.
Il circolo vizioso dei matrimoni precoci
La condizione di vulnerabilità delle bambine e delle ragazze è spesso legata a un circolo vizioso che si innesca con il matrimonio precoce. Quando la sposa è troppo giovane (per l’Unicef i matrimoni precoci sono tutti quelli celebrati al di sotto dei 18 anni) è costretta a interrompere gli studi, deve affrontare una gravidanza precoce e abbandonare coetanei e familiari. Spesso il marito è molto più anziano e questo la espone al rischio di subire abusi e violenze. In una spirale perversa che a sua volta alimenta ulteriori violenze, discriminazione e povertà.
«Quello dei matrimoni precoci ha assunto in questi anni – anche a causa dell’aumento demografico – dimensioni allarmanti: ogni anno circa 15 milioni di bambine e ragazze con meno di 18 anni sono costrette a sposarsi. Una ogni due secondi. Si calcola che oggi siano circa 720 milioni le donne che si sono sposate prima della maggiore età. Più di una su tre (circa 250 milioni) quando avevano meno di 15 anni».
Come per le mutilazioni genitali femminili, se non ci saranno interventi seri di contrasto ai matrimoni precoci, a causa dell’incremento demografico il numero delle spose bambine potrebbe aumentare ulteriormente nei prossimi anni, arrivando nel 2030 a quota 950 milioni e nel 2050 a 1 miliardo e 200 milioni di baby spose. La metà nei Paesi dell’Africa sub-sahariana.
Guerre e calamità: la mappa delle spose bambine
A far aumentare i matrimoni precoci sono anche le guerre, l’instabilità politica e le calamità naturali: non è un caso se tra i dieci Paesi in cui il tasso di matrimoni precoci è più elevato, ben sette (Niger, Repubblica Centrafricana, Ciad, Mali, Sud Sudan, Guinea e Bangladesh) possono essere considerati “stati fragili”.
Il caso della Siria è tra i più noti: prima del conflitto, nel Paese i matrimoni precoci erano relativamente rari (11% delle donne residenti in Siria si era sposata prima dei 18 anni). Dopo l’inizio della guerra, il numero di baby spose tra i siriani rifugiati nei Paesi limitrofi è aumentato in maniera esponenziale.
In Giordania tra il 2011 e il 2014 la percentuale dei matrimoni registrati in cui uno dei due sposi (solitamente la futura moglie) è minorenne sono passati dal 12% al 32%. Si tratta di matrimoni combinati e spesso cercati dalle famiglie nell’errata convinzione di fare del bene per le proprie figlie: per proteggerle da abusi e violenze di sconosciuti o nella speranza di garantire loro migliori condizioni di vita.
Ancora, i matrimoni possono essere un modo per sfamare la famiglia stremata dalla guerra, come avviene in Yemen. «Oggi si può andare in spose a 11 anni con un uomo di 25, anche per ricavare il necessario per una trasfusione di sangue e salvare così la vita alla propria madre: come è accaduto a Fairuz Ahmed Haider, residente in un campo profughi a Khamer, e proveniente dalla città di Sadaa, massicciamente bombardata dalla Coalizione dei Paesi del Golfo», si legge nel contributo firmato da Laura Silvia Battaglia nel report pubblicato oggi.
Combattere i matrimoni precoci conviene
Contrastare le discriminazioni ai danni delle bambine non rappresenta solo un dovere etico. Ma permetterebbe all’intera società e persino all’economia di molti Paesi di trarre importanti benefici. La Banca Mondiale, ad esempio, ha calcolato che mettendo immediatamente fine ai matrimoni precoci si potrebbe produrre un risparmio pari a 566 miliardi di dollari entro il 2030.
Il risparmio sarebbe generato, da un lato, dalla riduzione della spesa sociale e sanitaria (gravidanze precoci, diminuzione della mortalità infantile e della malnutrizione acuta), dall’altro dall’aumento della produttività legato all’aumento della scolarizzazione delle ragazze.
«Mettere fine ai matrimoni precoci – commenta uno degli autori della ricerca – non è solo la cosa giusta da fare da un punto di vista morale. È anche la cosa più utile da un punto di vista economico».
*Ilaria Sesana è autrice del report “InDifesa – La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo” di Terre des hommes