Diritto alla terra negato in Brasile
Distruzione di case, inquinamento delle acque, episodi di violenza: una carovana di ong denuncia la violazione dei diritti delle comunità locali da parte delle compagnie di agribusiness nello stato brasiliano del Piauí. E punta il dito contro i fondi pensione
Il land grabbing, l’accaparramento di terre, si paga con un pesante costo umano in Brasile. Lo denuncia un gruppo di organizzazioni non governative che all’inizio di settembre ha visitato villaggi e comunità per valutare l’impatto sui diritti umani delle grandi acquisizioni di terra nella zona dell’Alto Parnaiba, nello Stato del Piauí, in Brasile.
La “Carovana Matopiba”, questo il nome del progetto lanciato dall’ong Fian International, si propone di attraversare gli stati del Maranhão, Tocantins, Piauí e Bahia per raccogliere testimonianze e denunciare alle autorità brasiliane violenze e abusi perpetrati dalle compagnie di agribusiness.
Brasile: tra malnutrizione ed esproprio di terre
Insicurezza alimentare, esproprio delle terre, scarso accesso all’acqua e inquinamento delle risorse naturali: sono queste le denunce che emergono dal report preliminare della carovana, dopo dieci giorni di ricerca tra le comunità del Piauí, nel Nordest del Brasile.
@flsvalente shares observations on #CaravanaMatopiba before meeting national authorities in Brasilia. #Agribusiness at a high cost pic.twitter.com/04shqrdtG1
— Alex del Rey (@Alex_delrey) 14 settembre 2017
Uno dei villaggi più colpiti dagli investimenti agricoli su larga scala è quello di Sete Lagoas, municipalità di Santa Filomena, in cui la delegazione ha documentato casi di malnutrizione nei bambini con meno di 5 anni e anche tra gli adulti. Le compagnie di agribusiness che operano nella zona avrebbero privato i membri della comunità delle terre agricole tradizionali. Si tratta di terreni coltivati da generazioni, senza certificati di proprietà.
«Più del 50% della terra agricola è statale e viene data in concessione a coloro che la abitano da più di 10 anni, considerati legittimi utilizzatori di quelle aree. Questa stessa terra, però, è estremamente ambita per la sua fertilità», spiega a Osservatorio Diritti Flavio Valente di Fian International, che ha coordinato la missione.
Minacce di morte per chi si oppone alle compagnie
Secondo diverse testimonianze, gli sfratti sarebbero stati accompagnati dall’intimidazione costante da parte delle guardie private pagate dai proprietari delle piantagioni. In alcuni villaggi le compagnie di agribusiness hanno distrutto le case di chi abitava quelle terre. Chi si oppone a queste espropriazioni viene picchiato e minacciato. È quello che è accaduto a uno dei contadini che aveva testimoniato davanti agli operatori delle ong, come racconta ancora Flavio Valente:
«Mentre andava a prendere i figli a scuola è stato circondato da quattro uomini e minacciato di morte con un coltello».
Villaggi senza acqua e inquinati in Brasile
Oltre al diritto di accesso alla terra, le comunità locali sono state private anche dell’acqua. «Le coltivazioni di soia hanno devastato le terre dell’altopiano, causando danni ambientali anche alle risorse idriche della pianura», denuncia il ricercatore di Fian. «I corsi d’acqua si stanno seccando e stanno diventando stagionali, l’acqua di falda sta diminuendo e il terreno, durante le piogge, rilascia tutti i prodotti chimici utilizzati in agricoltura».
Diritto alla terra violato tra land grabbing e piantagioni
Il fenomeno dell’accaparramento delle terre nell’ampia regione brasiliana risale agli anni ‘80 del ‘900 con le prime piantagioni per la coltivazione della soia. Flavio Valente sottolinea i cambiamenti che hanno avuto maggiore impatto sulla vita delle comunità:
«La zona dell’altopiano veniva utilizzata tradizionalmente per pascolare il bestiame, oggi è occupata dalle piantagioni di soia».
La popolazione, che viveva in armonia con la natura, non ha più accesso ai pascoli e, come denuncia il ricercatore di Fian, «sta progressivamente perdendo la capacità di alimentare sé stessa». Lo stato brasiliano non ha mai messo un freno allo sviluppo delle piantagioni, dice Flavio Valente. «Ai piccoli contadini non viene garantito il diritto alla terra, mente alle compagnie vengono assicurati affitti molto bassi e agevolazioni fiscali».
L’accaparramento della terra, conosciuto anche come land grabbing, si mostra in questa zona del Brasile attraverso diverse sfaccettature. Una delle più diffuse è il fenomeno chiamato “grilagem”, ovvero un sistema di falsificazione dei titoli fondiari, accompagnata dalla violenza delle minacce e delle armi. I “grileiros”, procacciatori di titoli di proprietà, sono spesso intermediari che vendono alle compagnie le terre ottenute illegalmente. Nel report si fa riferimento a un’indagine del dipartimento Giuridico e amministrativo del Piauí che avrebbe chiuso 10 registri terrieri per irregolarità nei certificati.
Codice forestale usato per violare il diritto alla terra
Quella del grilagem non è l’unica formula utilizzata da chi era intenzionato a prendersi ampie estensioni di terra. Gli investitori, infatti, hanno sfruttato anche le regole del Codice forestale, che prevedono per ogni possedimento terriero una percentuale dedicata obbligatoriamente a riserva naturale.
Si tratta del meccanismo di compensazione del codice, che obbliga ogni proprietà rurale a riservare un’area alla crescita della vegetazione originaria. Una misura che dovrebbe prevenire fenomeni di deforestazione. In un’area già priva di alberi, però, spinge all’occupazione di nuove aree di rigenerazione forestale, che amplificano il bisogno di terra. In molti casi le aziende registrano zone più ampie di quelle relative alla loro piantagione, includendo anche le terre abitate dalle comunità, come sottolinea il ricercatore di Fian:
«Stanno rubando la terra una seconda volta. Prima hanno preso l’altopiano, adesso prendono anche i territori di pianura abitati dalla popolazione locale».
Abbandonati dallo Stato e spinti a cedere la terra
Isolamento, mancanza di servizi e violenze. Nel rapporto presentato alle autorità locali, il gruppo di ricercatori ha riportato anche l’assenza di infrastrutture essenziali in molte delle comunità visitate: presidi medici, acqua potabile, elettricità.
La mancanza di scuole rurali spinge alcuni nuclei familiari a spostarsi nelle città per poter garantire l’accesso all’istruzione ai figli. «Abbiamo il sospetto che quella di chiudere le scuole di campagna sia una strategia per spingere le persone a lasciare la loro terra», spiega Flavio Valente. Che aggiunge: «In questo modo coloro che hanno dei titoli fondiari sono spinti a cederli, anche a prezzi bassissimi, arricchendo gli investitori».
Fondi pensione che violano i diritti
Il report preliminare delle organizzazioni non governative internazionali e brasiliane analizza, in modo particolare, il ruolo dei fondi pensione nell’espropriazione delle terre della regione. «L’ingresso di questi investitori ha fatto aumentare i prezzi dei terreni», sottolinea Flavio Valente. Che dice anche che «l’aumento del valore delle terre mette una barriera ancora più alta ai piccoli produttori che vorrebbero ottenere un titolo di proprietà, oppure li spinge a vendere al miglior offerente».
La maggior parte delle aree visitate dalla carovana sono amministrate da società agricole collegate alla Tiaa-Cref, un’agenzia statunitense d’investimento che gestisce anche fondi pensione. La compagnia indica, sul suo sito internet, le aree agricole inserite nel pacchetto di investimenti: dal nord al sud America, in particolare in Brasile.
Nel 2015 il gruppo statunitense aveva annunciato la firma di un accordo da 3 miliardi di dollari tra il suo ramo di investimenti agricoli e una ventina di altri investitori tra cui fondi pensione europei, come lo svedese AP2. Secondo le ong poteva già contare su partner canadesi, tedeschi e olandesi. Il rapporto 2017 sugli investimenti responsabili in agricoltura di Tiaa-Cref analizza nel dettaglio le piantagioni brasiliane. Nel documento la compagnia garantisce la trasparenza degli investimenti, promuove la sostenibilità ambientale e il rispetto dei diritti delle popolazioni e dei lavoratori.
Nel 2016 lo stesso fondo pensione, però, era finito sotto i riflettori dopo la decisione di una corte brasiliana dello stato di Piauí. La sentenza ordinava la cancellazione di un accordo da 124.000 ettari tra Tiaa-Cref e un uomo d’affari brasiliano, che aveva venduto dei terreni. Secondo i giudici, infatti, la terra del proprietario era stata acquisita illegalmente attraverso la falsificazione di diritti di proprietà.