Ius soli e relazioni di gratitudine

Il diritto di avere un luogo in cui ci si sente a casa è secondo solo al diritto di respirare.

Negarlo significa umiliare una persona, rovesciandole addosso un implicito e intollerabile giudizio di valore, il peso di una minorità esisteste solo nei pensieri lugubri di individui ancora sotto il tallone di uno dei meccanismi più arcaici della nostra specie. L’istinto territoriale.

Ricevere un rifiuto è un evento generalmente spiacevole, ma quando esso riguarda registri così delicati come la nostra identità e i nostri legami, la frustrazione può essere molto grave, una ferita sanguinante che può alimentare sentimenti di indolenza sociale quando non di ostilità, esplicita o mascherata.

Riconoscere un diritto di cittadinanza per nascita, dunque, non si risolve solo in un passaggio giuridico, ma si tratta di un’operazione che finisce per “lavorare” positivamente sulla costruzione della collettività, giacché chi si sente trattato con giustizia e riconosciuto in un bisogno così pressante, sarà portato a restituire quanto e più di ciò che riceve. La lungimiranza e il grado di civiltà di un Paese si riconoscono proprio dalla capacità di creare “relazioni di gratitudine”, che generano energie formidabili nella compagine sociale.

Ciò che si sta verificando nella tormentata vicenda, etica prima che politica, relativa all’attribuzione della cittadinanza alle persone nate in Italia da genitori stranieri, si sta invece rivelando, sempre a proposito di giudizi di valore, una spia dell’avvilente livello dei leader politici italiani. Costoro, sovente distratti dalla perenne conflittualità interna ai partiti e assorbiti dall’attrazione fatale per l’ennesima tornata elettorale, finiscono regolarmente per dimenticare l’essenza vera delle questioni, la portata delle stesse e le ricadute cui possono dare luogo.

Riconoscere la cittadinanza per diritto di nascita, alle condizioni più eque possibili, diventa, per le persone e per il Paese, una formidabile opportunità per modellarsi reciprocamente, ricevendo ciascuno stimoli evolutivi e creando le premesse per un progresso più sicuro, giacché quando ci si appartiene si finisce per avere una maggiore cura l’uno dell’altro.

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