Messico: violenza contro giovani in una foto
Quattro ragazzini morti, seduti per terra, appoggiati a un muro, vestiti con t-shirt e jeans. Con il sangue ancora attaccato alla pelle. Una foto di Bernardino Hernández diventa il simbolo della violenza contro i giovani nel paese
da Città del Messico
Lo chiamano “juvenicidio”, genocidio di giovani vite. Altro fenomeno di violenza che attraversa le vene aperte del Messico. La foto simbolo di quest’orrore è stata scattata in Guerrero, lo Stato dove tre anni fa, il 26 settembre 2014, sono scomparsi 43 studenti della Scuola Normale di Ayoztinapa. Le definiscono sparizioni forzate: ciò che le rende forzate è l’intervento dello Stato, che agisce in collusione col crimine organizzato.
Le foto del massacro di giovani in Messico
Settimana scorsa, quattro giovani assassinati con un colpo alla testa sono stati ritrovati sotto il ponte dell’autostrada che collega Acapulco a Zihuatanejo. Ognuno di loro non aveva più di 20 anni, il più giovane solo 15. Le foto di Bernardino Hernández, dell’agenzia Cuartoscuro, hanno captato questo momento e hanno cominciato a circolare in tutto il paese.
Il fotoreporter è arrivato sul posto del crimine e ha mostrato tutto quello che c’era da vedere. Immagini di ragazzini morti, seduti per terra, appoggiati a un muro, vestiti con t-shirt e jeans. Con il sangue che ancora non si era staccato dalla pelle. Scene così forti che Osservatorio Diritti ha deciso di non pubblicare le foto, perlomeno per rispetto a quelle vite spezzate.
Nello stesso tempo in cui l’orrore e il dolore per la scomparsa dei 43 di Ayoztinapa si rinnova (si commemora nei prossimi giorni il terzo anniversario), le foto di Bernardino Hernández diventano virali. E il paese si ritrova scosso da una realtà in cui la frontiera fra legalità e illegalità è stata cancellata dall’alleanza silenziosa tra Stato, criminalità e interessi economici delle imprese, nazionali e internazionali.
Le ragioni della violenza
Nel caso dell’omicidio dei quattro ragazzini, le ragioni sono ancora tutte da verificare. «Quello a cui stiamo assistendo è che i gruppi della criminalità organizzata assoldano tra le loro fila uomini sempre più giovani», dice a Osservatorio Diritti una fonte che ha chiesto l’anonimato per paura di ritorsioni.
Questa persona vive a Taxco, una delle città più turistiche dello Stato di Guerrero, famosa per il prezioso artigianato e le miniere di argento. E oggi territorio di scontro di due “pandillas” che lottano per conquistare il territorio.
«Il lavoro dei giovani è sempre più a basso costo, più facilmente negoziabile, e si possono formare nei ranghi della criminalità così come servono ai capi. Altro dato da non sottovalutare è che, come minorenni, gli anni di carcere che dovranno scontare sono la metà e quindi la loro vita criminale è ancora tutta da sfruttare».
Quella maglietta del “México” insanguinata
«Stanno ammazzando il futuro», dicono. Le foto sono circolate un giorno prima del 15 settembre, festa della patria, data simbolo per il paese perché si celebra l’indipendenza dal dominio spagnolo. L’immagine della maglia zeppa di sangue con la scritta “México” con cui è stato ritrovato uno dei quattro giovani, si è sovrapposta a quelle delle celebrazioni. Una patria che per migliaia di giovani si sta trasformando sempre più in una enorme fossa comune.
I corpi dei giovani quattro sono ancora da indentificare, un altro caso è stato aperto dall’autorità competente, ma la maggior parte della popolazione già sa come andrà a finire: quasi il 70% dei casi di omicidio rimane nell’impunità.