Caporalato: nei campi dilaga lo sfruttamento

La Flai Cgil fa un bilancio della lotta al caporalato e allo sfruttamento agricolo: le leggi ci sono, ma la loro applicazione fa acqua da tutte le parti. Situazioni critiche soprattutto in Calabria e Puglia. Il segretario del sindacato parla di situazione «vergognosa» a Borgo Mezzanone

Bilancio deludente per la lotta al caporalato e allo sfruttamento del lavoro agricolo. A sostenerlo è la Flai Cgil, dopo aver monitorato la situazione della raccolta dei pomodori nel corso di tutta l’estate. Eppure gli strumenti necessari, per lo meno a livello legislativo, ci sarebbero. Circa una anno fa, infatti, era stata approvata la legge in materia, mentre risale al 27 maggio 2016 il “Protocollo sperimentale contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura” sottoscritto dal ministero dell’Interno, del Lavoro e da quello dell’Agricoltura. Il 1° settembre 2015, inoltre, era nata la “Rete del lavoro agricolo di qualità”, sempre con l’obiettivo di contrastare le irregolarità in agricoltura. Ebbene, secondo il sindacato tutti questi documenti, almeno per ora, non hanno prodotto i risultati sperati.

La Flai Cgil ha monitorato la situazione attraverso l’iniziativa “Brigate del lavoro”, come spiega il segretario nazionale Giovanni Mininni: «Siamo andati nei campi per incontrare i lavoratori. Abbiamo dato loro dei cappelli per ripararsi dal sole, le bottiglie d’acqua, ma anche volantini per informarli in tutte le lingue sui loro diritti contrattuali e sulla nuova legge approvata».

Diritti dei lavoratori agricoli: la delusione di Foggia

Provincia di Foggia, Lecce, Reggio Calabria: qualcosa si è fatto, ma è davvero troppo poco secondo Mininni. Che sottolinea come a Foggia, a parte aver sgomberato il ghetto di Rignano Garganico, «non sia cambiato sostanzialmente nulla». Una notizia che arriva proprio dall’area dove sembrava si potessero avere i cambiamenti più importanti, grazie a un lavoro di rete che aveva coinvolto prefettura, associazioni e sindacati. Un’attività che si è interrotta con il cambio ai vertici della prefettura.

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«Il prefetto che ha ricoperto l’incarico fino a poco tempo fa si è sempre dimostrata disponibile. Abbiamo avuto più di un incontro con lei: ci aveva aperto le porte della prefettura. Con questo cambiamento si è azzerato tutto. Il nuovo prefetto ha bisogno di tempo per rendersi conto di quello che succede. Tra poco comincerà la vendemmia e questo territorio è ancora interessato da sottosalario, sfruttamento e caporalato», dice ancora il segretario Flai Cgil.

A Borgo Mezzanone situazione «vergognosa»

Lo sgombero del grande ghetto di Rignano pare non aver portato ad alcun risultato. Anzi. Secondo Mininni, si è trattato solo di una «operazione mediatica e di facciata». Tanto che oggi, dice ancora il segretario nazionale, «in quell’area sequestrata ci sono ancora delle roulotte dove vivono circa 600 persone».

E oltre a non aver risolto il problema, questo intervento ne ha portato un altro in una cittadina sempre della provincia di Foggia.

«La maggior parte dei lavoratori che erano nel ghetto di Rignano sono andati a vivere in quella che è un’altra vergogna, a Borgo Mezzanone. Ci siamo stati in questi giorni e abbiamo visto una crescita di presenze esagerata rispetto all’anno scorso. Oltre ai container presenti sulla ormai famosa pista e ai casolari abbandonati lì intorno, sono state costruite tante baracche in legno e cartone, come a Rignano. Abbiamo stimato circa 4.000 persone presenti. Negli anni scorsi non si erano mai viste così tante persone in quel campo e oltretutto siamo proprio a ridosso del Cara».

Puglia e Calabria: passi avanti sull’accoglienza

Mininni riconosce che qualche cosa è stato fatto sul fronte dell’accoglienza, anche se non è ancora sufficiente. Secondo il segretario della Flai Cgil, i passi in avanti ci sono stati perlopiù a Lecce, ma hanno interessato anche Reggio Calabria.

In particolare, a Rosarno è in costruzione una tendopoli pronta ad accogliere circa 650 lavoratori, proprio in vista della raccolta degli agrumi che è prevista per la fine del 2017. A Lecce, invece, si sta preparando un nuovo campo. In questo caso cono previsti dei container, un luogo adibito a mensa e alcuni luoghi in condivisione tra tutti. «È una cosa più decente di Rosarno, ma non è quello che prevede il protocollo nazionale», taglia corto Mininni.

Un altro punto positivo segnato quest’anno è stato l’uso diffuso di macchine agricole, soprattutto tra i raccoglitori di pomodoro. Ma questo fatto, purtroppo, sembra non avere intaccato il sistema dello sfruttamento o del caporalato.

Tra pomodori e peperoni per 25 euro al giorno

Mininni racconta di lavoratrici italiane che ricevono 25 euro per un’intera giornata lavorativa nella raccolta dei pomodori. E a quanto racconta il sindacalista non si tratta di un fenomeno isolato e che interessa solo i piccoli marchi. «La cosa assurda è che abbiamo visto sui cassoni i nomi di aziende importanti del Nord e del Mezzogiorno».

Oltre ai pomodori, anche se se ne parla meno, lo sfruttamento interessa anche la raccolta dei peperoni. In questo caso, infatti, Mininni dice di avere parlato con lavoratori immigrati che prendono 30 euro per ogni giornata lavorata con orari che superano di molto le 6 ore e mezzo previste dal loro contratto.

«Inoltre, ci dicono che c’è ancora una regia dei caporali perché vengono accompagnati da loro, chiedendo 5 euro a persona. I caroselli di furgoncini al mattino ci sono ancora, ma sembra che qui nessuno li veda, neanche le istituzioni e le forze di polizia».

La lotta in corso a caporalato e sfruttamento

Il segretario nazionale Flai Cgil ammette che qualcosa è stato fatto nell’ambito della lotta al caporalato e alla repressione. In particolare, Mininni parla di alcune decine di arresti, che però non sarebbero sufficienti a contrastare davvero il fenomeno.

«Noi non siamo contenti perché confermano che oltre al caporalato c’è lo sfruttamento. Diversi arresti sono avvenuti in imprese che non utilizzavano caporali, ma in cui era strutturato il sottosalario e la violazione dei diritti».

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Nella regione pugliese della Capitanata, poi, pare che tutto sia fermo nel contrasto a questo fenomeno. Per Mininni, infatti, «a Foggia non c’è stato nulla, tranne un’operazione che ha portato a due arresti». Una situazione che stride con tutto quello che è stato verificato dagli stessi sindacalisti nell’ultimo periodo.

«Una cosa incredibile: in questi giorni siamo andati in giro e abbiamo visto un’illegalità diffusa ed è paradossale che in questo territorio non ci sia stata nessuna operazione. Ce ne sono state tante in Sicilia, in Calabria e anche in Puglia, mentre nel foggiano, salvo un caso, ne se ne sono viste».

Rete lavoro agricolo di qualità: poche aziende registrate

A due anni dalla creazione delle “Rete del lavoro agricolo di qualità” è ancora ridotto il numero delle aziende che si sono registrate. In tutto, infatti, se ne possono contare poco più di 2 mila, contro più di 100 mila attive nel settore in Italia.

Mininni chiama in causa il ministero per le Politiche agricole, «che forse è il più distratto sulla questione». In particolare, il sindacalista fa notare che i compiti di questa organizzazione dovrebbero essere più ampi di quelli di cui si sta occupando in questo periodo.

«La cabina di regia non fa altro che ratificare le iscrizioni delle aziende che presentano domanda, ma in realtà la legge dà alla cabina di regia molte altre funzioni. Dovrebbe cominciare a mettere a punto le convenzioni che sui territori permetterebbero alle aziende di svolgere il trasporto e con i centri per l’impiego. È la cabina di regia che deve scrivere le convenzioni, ma non ha mai iniziato».

La burocrazia rallenta la lotta al caporalato

Anche le aziende agricole di buona volontà, quelle che vorrebbero mettere tutto in regola, pare non abbiano in alcuni casi la possibilità di uscirne a causa della burocrazia. «Abbiamo parlato con molti imprenditori e ci chiedono come fare, ma non sappiamo dare una risposta. Sarebbe dovuta già esserci la sezione territoriale della Rete del lavoro di qualità che deve trovare come punto focale sul territorio la commissione Cassa integrazione salariale operai agricoli (Cisoa) e i Centri per l’impiego per sperimentare nuove modalità di collocamento e di trasporto per togliere spazio vitale all’opera dei caporali. Tuttavia, lo stato su questo punto è assolutamente latitante», conclude Minnini.

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(fonte: Redattore Sociale)

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