Siria: Onu conferma uso armi chimiche

In Siria l'uso di armi chimiche e gli attacchi contro i civili continuano. Lo rivela un nuovo rapporto degli investigatori delle Nazioni Unite. Che chiamano in causa il governo di Damasco, i terroristi dell'Isis e anche gli Stati Uniti. A vario livello, scrivono i funzionari Onu, tutti questi protagonisti stanno violando il diritto internazionale.

Se ne parla sempre di meno, ma l’uso di armi chimiche e gli attacchi contro i civili non si sono mai fermati in Siria. Lo ha denunciato un gruppo di investigatori delle Nazioni Unite in un documento reso pubblico il 6 settembre. I funzionari Onu hanno chiarito che, nonostante la riduzione della violenza in alcune zone del paese, le parti in conflitto continuano a promuovere «crimini impensabili» contro gente comune, «compreso l’uso di armi chimiche da parte delle forze governative».

Durante la presentazione del report, il presidente della commissione d’inchiesta Onu sulla Siria, il brasiliano Paulo Sérgio Pinheiro, ha messo praticamente tutte le parti in causa sul banco degli imputati:

«Questo sottolinea ancora una volta come uomini, donne e bambini siriani continuano ad essere le principali vittime della violenza perpetrata dalle forze pro-governative, gruppi armati antigovernativi, organizzazioni terroristiche e loro affiliati».

Siria, usate armi chimiche: violato diritto internazionale

La nuova relazione ha analizzato la situazione nel periodo compreso tra marzo e luglio 2017. Ebbene, in questo periodo di tempo gli investigatori hanno confermato che le forze aeree siriane hanno usato il micidiale gas sarin, uccidendo così più di 80 persone, in maggioranza donne e bambini. La tragedia risale allo scorso 4 aprile, nella città di Khan Shaykhun, una zona dominata dalle forze antigovernative.

Nel comunicato stampa diffuso dalla commissione si chiarisce che attacchi di questo genere costituiscono «chiare violazioni del diritto internazionale umanitario e della convenzione sulle Armi chimiche», che la Siria aveva ratificato nel 2013 proprio in seguito a un attacco in cui era stato utilizzato il gas sarin.

Pinheiro ha dichiarato anche che nella maggior parte degli incidenti in cui sono stati uccisi o mutilati dei civili è stato registrato l’uso illegale di armi convenzionali. Tra queste, il documento parla di munizioni «a frammentazione» e di «armi esplosive in aree abitate da civili».

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La commissione ha preso in considerazione anche le tregue sottoscritte a livello locale. Il cosiddetto “Accordo delle quattro città”, per esempio, comprendeva accordi di evacuazione che, denunciano i commissari Onu, hanno portato al dislocamento forzato di civili, che rappresenta un crimine di guerra.

«I civili non hanno lasciato questi posti volontariamente», ha dichiarato Pinheiro. Aggiungendo che la maggior parte di queste persone non sono state consultate e sono fuggite solo perché hanno pensato di non avere alcuna altra scelta. In particolare, la paura di restare era legata a possibili rappresaglie da parte delle forze in campo, come incarcerazioni arbitrarie o reclutamento forzato nei combattimenti.

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Le responsabilità dei terroristi: Isis e Tahrir al-Sham

Nel documento sono citati anche vari attacchi condotti dai gruppi terroristi di Tahrir al-Sham (ex al-Nusra), Isis e di altre organizzazioni armate. In questo casi, gli obiettivi sono i membri delle minoranze religiose, colpiti nei modi più disparati: attentati suicidi, autobomba, uso di cecchini e di ostaggi, anche in aree controllate dal governo siriano.

Tra gli altri, i funzionari Onu ricordano il massacro di al-Rashidin, ad Aleppo. Una sola autobomba ha ucciso 96 civili, tra cui ben 68 bambini. Tutte le vittime erano degli sfollati interni, cioè erano fuggiti da aree assediate di Fu’ah e Kafraya.

E c’è dell’altro. Secondo le ultime indagini, infatti, i combattenti dell’Isis, prima di fuggire dalla Siria, stanno cercando di vendere donne e bambine yazide schiavizzate e vittime di un genocidio ancora in corso.

Anche gli Stati Uniti sul banco degli imputati

Nell’analisi delle responsabilità, il report delle Nazioni Unite non risparmia gli Stati Uniti. Secondo i commissari, infatti, gli Usa non hanno preso tutte le precauzioni necessarie per proteggere i civili duranti gli attacchi a presunti terroristi. In particolare, il documento cita il caso della distruzione di un complesso di moschee a al-Jinah, Aleppo, avvenuto lo scorso marzo «in violazione del diritto internazionale umanitario».

Inoltre, sono ancora in corso le indagini su alcuni attacchi che sta conducendo la coalizione internazionale per respingere i terroristi dell’Isis a Raqqa. In particolare, i funzionari Onu stanno cercando di fare chiarezza sul numero «sempre più allarmante» di vittime civili.

Questa offensiva «preoccupa profondamente» la commissione, che sottolinea come l’azione abbia già causato 190 mila sfollati. Altre 20 mila persone, inoltre, stanno vivendo in «condizioni precarie» dentro i confini di Raqqa.

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