Iran, vietato difendere i diritti umani
Amnesty International denuncia 45 casi di difensori dei diritti umani avvolti nella «ragnatela della repressione» in Iran. Sotto attacco ci sono attivisti di qualunque genere, a cominciare da donne e avvocati. Per Iran Human Rights le promesse elettorali del presidente Rouhani sono state disattese
«Mi sono chiesta quali fossero le vere ragioni delle accuse mosse contro di me: forse perché ho difeso i miei fratelli sunniti e curdi da una condanna a morte, e ho dichiarato che i procedimenti a loro carico erano illegittimi ed iniqui? O forse perché sono una femminista? Perché ho pregato per le vittime del 1988, massacrate nelle carceri, oppure perché ho organizzato una conferenza sull’inquinamento atmosferico? L’unica risposta è: semplicemente perché sono un’attivista per i diritti umani. Per anni mi è stato sistematicamente e illegittimamente negato tutto ciò che ogni essere umano, ogni donna, ogni moglie o cittadina meriterebbe».
In questa dichiarazione resa dal carcere dove sconta una pena di 16 anni, l’avvocata Narges Mohammadi, già fondatrice di Legam, primo movimento nato dal “basso” contro la pena di morte, riassume gran parte delle attività ritenute illegali in Iran. Il suo caso è uno dei 45 casi denunciati nel recente dossier a cura di Amnesty International (Nella ragnatela della repressione: difensori dei diritti umani sotto attacco in Iran) sulla situazione dei difensori dei diritti umani nel paese.
Iran, diritti umani e donne: il presidente ha deluso
L’Iran è un “player” regionale di tutto rispetto che, all’indomani della prima elezione del presidente Rouhani nel 2013 (di recente riconfermato per un secondo mandato), aveva offerto l’occasione per un rilancio del dialogo politico e sui diritti umani, tra dichiarazioni di apertura sui diritti civili fatte nel corso della sua campagna elettorale e la conclusione dell’accordo sul nucleare.
I dati sono lì a dimostrare il contrario. Non solo per il numero drammatico di esecuzioni capitali comminate nei primi mesi del 2017 (nei primi sei mesi del 2017 almeno 239 esecuzioni capitali, anche se l’”anno nero” è stato il 2015, nel quale sono state uccise quasi mille persone, principalmente condannate per traffico e detenzione di sostanze stupefacenti), ma anche per l’intensificazione degli attacchi a difensori, e in particolare alle donne attiviste per i diritti delle donne e le mancate riforme nel settore giudiziario e di sicurezza necessarie per ristabilire un clima favorevole per le iniziative della società civile iraniana.
Difensori dei diritti umani sotto attacco in Iran
Come Narges Mohammadi, tanti altri oggi scontano la colpa di essersi attivati per il rispetto dei diritti, la richiesta di verità e giustizia per le vittime della feroce repressione degli anni ’80, il rispetto dei diritti delle donne, la tutela delle minoranze, in un crescendo di repressione e intimidazione. Una vera e propria ragnatela, così la definisce Amnesty, che intrappola ogni possibilità di riforma, essendo gli apparati di sicurezza e giustizia saldamente nelle mani delle autorità religiose.
Personalità come Abdolfattah Soltani, avvocato cofondatore con Shirin Ebadi del Centro dei Difensori dei Diritti Umani (sciolto d’autorità nel 2008) insignito del premio per i diritti umani dell’International Bar Association (Iba), oggi langue in galera condannato a 13 anni di carcere.
Gli avvocati in particolare sono definiti da Amnesty una «specie minacciata», ed impossibilitati a svolgere il proprio ruolo. Basti pensare, ad esempio, che gli imputati non possono accedere ad assistenza legale dal momento del loro arresto e durante le indagini, nonostante le riforme del codice di procedura penale fatte nel 2015. Inoltre il ricorso estensivo alla legislazione a tutela della «sicurezza nazionale» preclude la possibilità di processi equi e trasparenti.
La sfida dei conservatori: l’analisi di Iran Human Rights
«Senza dubbio un elemento da tenere in considerazione è il fatto che Rouhani si è trovato a dover affrontare le frange più conservatrici nel paese, ed il sistema giudiziario è fuori dalla sua sfera d’azione e competenza. Di fatto, però, ci troviamo di fronte a promesse elettorali disattese e ad una situazione, rispetto alle violazioni dei diritti umani, non mutata, non migliorata ma che tristemente fa solo meno notizia».
A parlare così è Cristina Annunziata, presidente di Iran Human Rights Italia onlus, associazione nata nel 2011 dopo la repressione delle proteste e mobilitazioni in occasione della riconferma dell’elezione di Ahmadinejad nel 2009, e sezione italiana di Iran Human Rights (Ihr), organizzazione non governativa, apartitica e politicamente indipendente che ha sede a Oslo ed è attiva dal 2007.
Attivisti e Iran: società civile in fermento
«L’Iran è un paese complesso e per assurdo la quantità impressionante di attivisti in carcere dimostra il fermento della società civile, che esiste e combatte per migliorare le condizioni del paese. Crediamo fermamente che queste forze e spinte democratiche vadano promosse e sostenute», dice Annunziata.
«È questo che chiediamo alla comunità internazionale, all’Unione europea e ai suo stati membri, ai governi occidentali. Il Medio Oriente ed il mondo intero hanno bisogno di cittadine e cittadini liberi, non solo di un partner economico in più. L’uscita dell’Iran dal suo decennale isolamento ed il ritrovato dialogo con l’occidente, sono una importante opportunità per mettere in agenda anche la questione dei diritti umani e delle libertà civili nel paese».
«L’Unione europea difenda gli attivisti iraniani»
In questo contesto l’Unione Europea può svolgere in ruolo chiave, avendo di fatto messo il tema dei diritti umani al centro del dialogo bilaterale con l’Iran, e riattivato il dialogo sui diritti umani nel 2016.
Per questo Amnesty International e le associazioni che si occupano di diritti umani e protezione dei difensori dei diritti umani chiedono alle autorità di Bruxelles di essere più attive nel sollecitare la liberazione degli attivisti ed attiviste in carcere, in linea con le linee guida ed il proprio piano d’azione sui difensori dei diritti umani (Human Rights Defenders), adottato per dar attuazione alla Dichiarazione Onu sui Difensori dei Diritti Umani che nel 2018 celebrerà il suo ventesimo anniversario.
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