Gabon, la dinastia dei Bongo non molla
Terzo rinvio delle elezioni in Gabon, dove la stessa famiglia è al potere da ormai 50 anni. La decisione è stata presa dalla Corte costituzionale il 27 luglio, a due giorni dalla data prevista per la consultazione. Secondo l'opposizione è solo un modo per favorire il presidente Alì Ben Bongo e il Partito democratico gabonese in crisi di consenso
La famiglia Bongo non molla. Di padre in figlio, infatti, è al potere da ormai 50 anni in Gabon. E lo scorso 27 luglio la Corte costituzionale ha annunciato il terzo rinvio in pochi mesi delle elezioni legislative, che erano state fissate giusto per due giorni dopo, il 29 luglio. A questo punto il voto è previsto a fine aprile 2018. Molto tempo, soprattutto in un paese che sta affrontando una sempre più pesante situazione economico-sociale, a causa anche del crollo dei prezzi del petrolio.
La decisione sarebbe stata presa per concedere più tempo al dialogo politico sulle riforme elettorali tra il governo e l’opposizione. Un dibattito avviato a inizio marzo dal presidente Alì Ben Bongo e concluso solo a maggio. Secondo l’opposizione, però, Bongo vuole sfruttare il ritardo per cercare di consolidare il potere del Partito democratico gabonese e contrastare così la crescente influenza dei partiti antagonisti.
Elezioni in Gabon sempre più urgenti
Finora, le riforme per la riorganizzazione del governo e le misure di austerità che l’esecutivo di Libreville ha approvato non sembrano aver avuto effetti notevoli sullo sviluppo della nazione. In più, il crollo dei prezzi del petrolio, registrato negli ultimi anni, ha avuto pesanti ripercussioni sull’economia di un paese costretto a importare dall’estero quasi l’80% dei prodotti alimentari consumati.
Nonostante il reddito nazionale pro capite del Gabon sia quattro volte superiore a quello della maggior parte dei paesi sub-sahariani, circa un terzo degli 1,8 milioni di gabonesi continua a vivere sotto la soglia di povertà. Una situazione imputabile all’inefficace governance e all’alto tasso di corruzione che caratterizza il paese africano.
La congiuntura economica negativa che sta attraversando il Gabon sarà, tuttavia, difficile da migliorare se Alì Bongo e i suoi fedelissimi non cominciano a infrangere il sistema di privilegi all’interno del quale, da troppo tempo, è ingabbiato il paese. Anche se il governo di Libreville sembra avere almeno iniziato a perseguire i funzionari corrotti. Un giro di vite che lo scorso 1° marzo ha portato all’arresto del direttore generale dell’Agenzia delle Dogane, Alain-Paul Ndjoubi Ossamy.
Gabon, uno stato in mano alla famiglia Bongo
Il Gabon è uno stato dell’Africa centrale geograficamente situato a cavallo dell’Equatore. Questo remoto angolo di mondo dal 1967 è governato dalla famiglia Bongo. Omar Bongo Ondimba ha retto per 41 anni le sorti del potentato, fino alla sua morte nel 2009. Papà Obo era un uomo controverso che ha governato con il pugno di ferro un paese dalle mille contraddizioni, tra i maggiori esportatori di petrolio del continente, ma fra i più arretrati per chilometri di strade costruiti.
Un presidente che si era imparentato con mezza Africa centrale, che prendeva un aereo per uscire a cena con Hassan II del Marocco, che ha perfino eliminato il concetto di opposizione interna, consolidando la sua posizione a tal punto da rendere poco plausibile ogni possibile alternativa. Il suo dominio incontrastato, insieme a quello del Pdg, si è andato delineando attraverso una gestione statale che ha posizionato nei principali punti nevralgici sia i familiari del presidente, sia le élite vicine ad esso.
Di padre in figlio: da Bongo Ondimba ad Alì Ben Bongo
Dopo la sua scomparsa, è stato eletto suo figlio Alì Ben Bongo. Nei primi sette anni da presidente ha provato a prendere le distanze da suo padre, uomo noto per aver guidato un governo con altissimi tassi di corruzione e aver dilapidato le enormi risorse naturali del paese. L’avvento del giovane Bongo, pur nella continuità, ha dovuto fare i conti, nel suo primo settennato, con la drastica riduzione dei proventi degli idrocarburi, che rappresentano la risorsa principale del paese.
Il calo delle entrate provenienti dal petrolio ha costretto il governo a operare importanti tagli alla spesa pubblica, perdendo l’appoggio delle classi meno abbienti. Su questo malcontento ha fatto leva l’opposizione. Così, l’ascesa al potere di Alì è coincisa con i primi veri scontri sociali sfociati in manifestazioni e contestazioni dell’operato del governo.
La rielezione di Alì e gli scontri nella capitale Libreville
Poi, un anno fa, nel 2016, Bongo junior è stato riletto per il secondo mandato. Il suo vantaggio era inferiore ai seimila voti sul suo rivale Jean Ping, che ha accusato la Commissione elettorale nazionale (Cenap) di frodi durante lo scrutinio.
La controversa vittoria di Alì ha innescato la protesta, partita a fine agosto 2016 dalle mapanes (bidonville) di Libreville, che ha praticamente portato la capitale in stato d’assedio. Gli scontri hanno provocato la morte di oltre 50 manifestanti (tre secondo le autorità governative) e trascinato per intere settimane il paese nel caos.