Guerra Yemen: Parlamento prenda posizione
L’Italia è membro del Consiglio di Sicurezza Onu e tra i fondatori Ue: perché il Parlamento non propone d'accertare le violazioni della guerra in Yemen compiute dalla coalizione guidata dall'Arabia Saudita? E dica con chiarezza cosa ne pensa delle continue forniture di bombe "made in Italy" inviate ai sauditi per devastare lo Yemen
E adesso tocca ai nostri parlamentari. Che non hanno più scuse per rifugiarsi dietro slogan del tipo «spetta all’Europa» o alla filastrocca del «devono mobilitarsi le Nazioni Unite» o, peggio ancora, all’andazzo del trafficante di armi: «Se non le vendiamo noi, le venderanno altri». Perché l’Europa, o meglio, il suo Parlamento, ha parlato per due volte, forte e chiaro, per invitare l’Alta rappresentante e vicepresidente della Commissione, Federica Mogherini, ad «avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’Ue di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale paese nello Yemen».
E fin da gennaio le Nazioni Unite hanno reso noto un rapporto nel quale non solo documentano che «la coalizione guidata dall’Arabia Saudita non ha rispettato il diritto umanitario internazionale in almeno 10 attacchi aerei diretti su abitazioni, mercati, fabbriche e su un ospedale», ma certificano che diversi di questi attacchi sono stati compiuti con bombe di fabbricazione italiana denunciando, senza mezzi termini, che queste azioni militari «possono costituire crimini di guerra» («may amount to war crimes»): che è il massimo che può dire un gruppo di esperti, perché non è un tribunale.
Nessuna preoccupazione – come quella espressa durante il dibattito parlamentare dal sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Vincenzo Amendola – «per il grave deterioramento della situazione in Yemen». E, ancor meno, l’intenzione di «recare sollievo alle sofferenze della popolazione» con un annuncio di «un contributo pari a 10 milioni di euro di aiuti umanitari nel biennio 2017-2018» possono risultare credibili se ad esprimerle è chi, come il governo italiano, nel frattempo autorizza l’esportazione di 411 milioni di euro di bombe che verranno impiegate dai sauditi per bombardare quella popolazione che si vorrebbe soccorrere.
Per questo hanno fatto bene le sei organizzazioni e associazioni italiane a ribadire con un comunicato congiunto, alla vigilia della discussione, con voto, delle mozioni presentate alla Camera dei Deputati sulla situazione dello Yemen, la loro richiesta di «interrompere l’esportazione da parte dell’Italia di sistemi militari ai Paesi implicati nel conflitto yemenita».
«Ogni sforzo deve essere fatto per fermare la carneficina, soprattutto di civili, in Yemen e iniziare ad occuparsi seriamente di una delle attuali catastrofi umanitarie più gravi del mondo», affermano Amnesty International, Fondazione Finanza etica, Movimento dei Focolari, Oxfam Italia, Rete della Pace, Rete italiana per il disarmo. «L’Italia non può contribuire a questo scempio con ordigni fabbricati sul proprio territorio e inviati in particolare all’Arabia Saudita», aggiungono.
E, in risposta all’intervento del sottosegretario Amendola, ribadiscono che «nessuna alleanza in materia di contrasto al terrorismo internazionale, né la mancanza di formali embarghi internazionali e nemmeno l’impegno sul fronte diplomatico può giustificare il protrarsi di queste forniture di morte e distruzione».
La nota congiunta delle associazioni evidenzia come la normativa italiana, la Posizione comune dell’Ue e soprattutto il “Trattato internazionale sul commercio di armi” (Att), ratificato dall’Italia, vietano chiaramente le forniture di materiali d’armamento in tutti i casi in cui «si sia a conoscenza, al momento dell’autorizzazione, che gli armamenti possano essere utilizzati per commettere atti di genocidio, crimini contro l’umanità, gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 1949, attacchi diretti a obiettivi o a soggetti civili protetti in quanto tali, o altri crimini di guerra definiti dagli accordi internazionali di cui lo Stato è parte» (Arms Trade Treaty, Art. 6.3).
Fin dall’inizio del conflitto, il segretario generale dell’Onu in almeno 16 occasioni ha espresso la sua ferma condanna per i bombardamenti della coalizione saudita sulle zone abitate da civili; e il rapporto dell’Onu li ha chiaramente documentati.
Per il rappresentante del nostro governo tutto questo non basta. E come un disco rotto – e ormai davvero noioso – Vincenzo Amendola, come già in precedenza Paolo Gentiloni, Roberta Pinotti, Benedetto Della Vedova e Angelino Alfano, ripete: «Naturalmente, ove in sede di Nazioni Unite o Unione europea fossero accertate eventuali violazioni, l’Italia si adeguerebbe immediatamente a prescrizioni o divieti».
Visto che l’Italia è proprio adesso membro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu ed è uno dei paesi fondatori dell’Ue, perché non propone all’Onu e all’Ue di accertare queste violazioni? Che problemi ci sono? Perché adeguarci e non fare noi il primo passo? Fino a quando il nostro governo non farà questo passo, le parole dei nostri ministri e sottosegretari somigliano molto alla foglia di fico, utile solo a coprire le loro inadempienze. E la loro ipocrisia.
Ecco perché è ormai venuta l’ora che il Parlamento si esprima. E dica con chiarezza, al governo e soprattutto a noi cittadini, cosa ne pensa delle continue forniture di bombe “made in Italy” inviate ai sauditi per devastare lo Yemen. Ci auguriamo di saperlo presto.