La tratta di esseri umani arriva dal mare
Nell'ultimo report dell'Organizzazione mondiale delle migrazioni si trova la storia di Blessing, Precious, Nina e molte altre. Tutte vittime della tratta di esseri umani attraverso il Mediterraneo. Donne sfruttate sessualmente. Spesso minorenni. Che potremmo aver visto ai bordi di una strada. In 3 anni le potenziali vittime sono aumentate del 600%
Blessing (il nome è di fantasia, ma la storia è vera) ha 18 anni ed è nata in Nigeria. Sbarcata lo scorso anno in un porto siciliano, la donna era stata ospitata in un centro di accoglienza di una città del Nord Italia. Dalla stazione di quella città, un giorno Blessing ha contattato l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). E, piangendo, ha raccontato agli operatori:
«Sono stata ingannata. Una donna del mio paese mi aveva promesso che avrei dovuto lavorare in un negozio di generi alimentari. Mi fidavo di lei. Aveva pagato anche il mio riscatto quando sono stata sequestrata in Libia. Quando una sera l’ho incontrata in Italia, mi ha regalato alcuni abiti molto provocanti, lì ho capito di essere stata ingannata».
Al termine di quella telefonata, il personale dell’Oim ha contattato immediatamente l’associazione anti-tratta di quel territorio, che ha cercato in stazione la ragazza. Da allora Blessing è ospitata in una struttura protetta, dove ha ricevuto un permesso di soggiorno e ora sta frequentando un corso di italiano.
Da prostituta a mediatrice culturale
Durante un controllo anti-prostituzione lungo una strada periferica della Sicilia, una volante della polizia ha incontrato Precious. La ragazza aveva 17 anni, piangeva ed era spaventata.
«Non avevo mai avuto rapporti sessuali con un uomo prima di venire in Italia. Ora sono in strada a prostituirmi dodici ore al giorno. Ho paura di essermi ammalata. La notte non riesco a dormire. Mi capita spesso di annodare le lenzuola per buttarmi dal palazzo. Oppure, preparo la valigia per scappare, ma mi blocco davanti alla porta. Ho paura di tornare in strada. Aiutatemi», ha raccontato agli operatori dell’Oim.
Qualche settimana dopo quel racconto, la giovane donna ha denunciato i suoi sfruttatori, nonostante le pesanti minacce subite dai suoi parenti rimasti in Nigeria. Oggi Precious parla perfettamente italiano e sta studiando per diventare mediatrice culturale.
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Storia di Nina, da Benin City a Lampedusa
È una storia di schiavitù e assoggettamento anche quella di Nina. Aveva 17 anni quando è arrivata in Italia dalla Nigeria. Era scappata da casa qualche anno prima a causa degli abusi del padre e si era trovata in strada a fare la prostituta a Benin City. Poi, un giorno, un uomo di nome Kenny, un suo cliente, le disse di essersi innamorato, chiedendole di seguirlo in Europa. Nina accettò, sperando in una vita migliore e impegnandosi durante un rito vodoo a pagare la cifra di 25.000 euro come ricompensa per l’aiuto ricevuto. Dopo un mese, però, si ritrovò a Babha, dove cominciò – ancora una volta – il suo inferno.
In Libia Nina venne costretta a prostituirsi per circa due mesi, finché decise di partire per l’Italia. E nell’ottobre del 2015 venne salvata in mare. Allo sbarco a Lampedusa, Nina ha ascoltato l’informativa dell’Oim sulla tratta di esseri umani, ma non ha espresso alcuna richiesta di aiuto.
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La tratta di esseri umani nel rapporto Oim
Decine di storie come queste sono contenute nel rapporto “La tratta di esseri umani attraverso la rotta del Mediterraneo centrale: dati, storie e informazioni raccolte dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni“, pubblicato qualche giorno fa, appunto, dall’Oim, la principale organizzazione intergovernativa in ambito migratorio, oltre che agenzia collegata alle Nazioni Unite. Nel report si legge:
«Nel giro di tre anni il numero delle potenziali vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale arrivate via mare in Italia è aumentato del 600 per cento. È un aumento che coinvolge ragazze sempre più giovani. È un fenomeno che riguarda l’80% delle ragazze arrivate dalla Nigeria. Erano 1.500 nel 2014. Sono state 11.00, invece, nel 2016, le donne nigeriane sbarcate a rischio sfruttamento».
«La tratta è un crimine transnazionale che sconvolge la vita di migliaia di persone ed è causa di inaudite sofferenze», dice Federico Soda, direttore dell’ufficio Oim di coordinamento per il Mediterraneo. Proprio l’ultimo rapporto, spiega Carlotta Santarossa, project manager dell’Oim, «descrive le difficoltà riscontrate nella tutela e nella protezione delle vittime, e le principali vulnerabilità identificate».
Inoltre, continua Santarossa, «quella della tratta è una dolorosa forma di schiavitù. Perciò è necessario che all’analisi dei dati si affianchi una riflessione sulla domanda, evidentemente in crescita, di prestazioni sessuali a pagamento».
Lavoro multi-agenzia contro la tratta di esseri umani
«Le difficoltà che noi operatori riscontriamo spesso nel lavoro di identificazione delle vittime di tratta sono da attribuire alla natura della complicata rete di sfruttamento, la quale è sempre più organizzata e capillare nei diversi territori», spiega Pina Di Bari, operatrice legale all’ufficio di protezione sociale e umanitaria del Comune di Venezia. «È difficile porsi come antagonisti rispetto a queste organizzazioni che offrono ogni tipo di servizio alle loro vittime».
Ma le soluzioni esistono. Dice ancora Di Bari: «Una delle possibilità per governare lo sfruttamento risiede nel lavoro multi-agenzia, cioè l’operatività congiunta tra autorità giudiziaria e azione sociale. Una metodologia di lavoro che ha portato avanti importanti denunce nei confronti delle reti criminali e la costituzione di parte civile per diverse vittime».
Dunque, gli strumenti per combattere lo sfruttamento ci sono. A partire dal Piano nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani adottato dal Governo italiano per gli anni 2016-2018. Un provvedimento che identifica le potenziali vittime di tratta nei diversi contesti in cui può verificarsi. Ma che non deve rimanere soltanto una dichiarazione di intenti, data l’urgenza che pone il fenomeno delle nuove schiave.