Yemen a pezzi: basta armi ad Arabia Saudita

Guerra in Yemen: Unicef, Programma alimentare mondiale e Organizzazione mondiale della sanità denunciano «la peggiore epidemia di colera al mondo all'interno della più grande crisi umanitaria al mondo». Negli ultimi tre mesi registrati 400 mila casi sospetti e 1.900 morti. Oxfam chiede la fine della vendita di armi italiane all'Arabia Saudita

Lo Yemen è in ginocchio. Sull’orlo della carestia. Con 2 milioni di bambini colpiti da malnutrizione acuta. E c’è dell’altro. «Questa è la peggiore epidemia di colera al mondo all’interno della più grande crisi umanitaria al mondo. Solo negli ultimi tre mesi sono stati registrati 400 mila casi sospetti di colera e circa 1.900 morti associati alla malattia». A parlare così non è la solita ong di turno. Sono Anthony Lake, direttore generale Unicef; David Beasley, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale (Pam); Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Lo hanno dichiarato a conclusione di una missione congiunta nel paese, dove servizi vitali per la salute, acqua e igiene sono paralizzati da oltre due anni di guerra.

Un conflitto in cui i paesi occidentali, Italia compresa, hanno gravi responsabilità. Tanto che Oxfam, insieme a varie organizzazioni della società civile, ha chiesto alla Camera di mettere fine alla vendita di forniture militari italiane all’Arabia Saudita, alla guida della coalizione in guerra contro lo Yemen.

Guerra in Yemen mette a rischio prossime generazioni

Oltre 30 mila operatori sanitari non ricevono lo stipendio da più di 10 mesi e molti lavorano solo per senso del dovere. Di qui la richiesta dei responsabili Unicef, Pam e Oms alle autorità dello Yemen di pagare urgentemente gli operatori sanitari.

«È necessario un impegno duraturo per fermare la diffusione della malattia. Circa l’80% dei bambini dello Yemen ha immediato bisogno di assistenza umanitaria. Quando abbiamo incontrato i leader dello Yemen, ad Aden e a Sana’a, abbiamo chiesto loro di garantire agli operatori umanitari accesso alle aree colpite dal conflitto e abbiamo sollecitato – più di ogni altra cosa – che venga trovata una soluzione politica pacifica al conflitto». La crisi dello Yemen, insomma, richiede una risposta senza precedenti.

«Chiediamo adesso alla comunità internazionale di moltiplicare il suo supporto per le persone dello Yemen. Se non faremo nulla adesso, la catastrofe che abbiamo visto espandersi davanti ai nostri occhi non solo continuerà a mietere vite, ma comprometterà il futuro delle prossime generazioni e del paese per gli anni a venire».

In Yemen la peggiore epidemia di colera di sempre

L’Oxfam denuncia che «il numero di persone che hanno contratto il colera in Yemen è il più alto mai registrato al mondo in un solo anno.  E adesso, con la stagione delle piogge – in corso fino a settembre – i casi potrebbero salire fino a 600 mila, rischiando di aggravare ulteriormente la disastrosa emergenza umanitaria in atto in uno dei paesi più poveri del mondo. Già sfinito da due anni di atroce conflitto e sull’orlo della carestia».

Quello delle vittime, per Oxfam, è un tragico “record”, che supera quello registrato ad Haiti nel 2011, quando il colera colpì, in un anno, 340.311 persone. Per contenere l’epidemia diviene quindi essenziale realizzare al più presto una campagna nazionale per contenere il contagio tra la popolazione. Un’azione urgente, che non potrà essere intrapresa finché non si arriverà ad un cessate il fuoco tra le parti in conflitto.

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Colera: malattia facile da curare, ma non in guerra

«Siamo di fronte ad uno dei peggiori picchi epidemici degli ultimi 50 anni», dice Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia. Per Pezzati, questa è una «situazione sconcertante».

«Il colera è una malattia facile da trattare e semplice da prevenire. Ma per poter intervenire è necessario uno sforzo massiccio e coordinato da parte della comunità internazionale, interrompendo le restrizioni all’ingresso degli aiuti umanitari nel paese. L’obiettivo primario adesso è garantire alla popolazione acqua pulita e condizioni igieniche dignitose, indispensabili per prevenire un ulteriore allargamento del contagio».

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Yemen: gli effetti della guerra con l’Arabia Saudita

Oltre due anni di conflitto hanno portato milioni di abitanti allo stremo. In un paese sull’orlo della carestia, la guerra ha distrutto l’economia yemenita, provocando quasi 5 mila vittime e costringendo oltre 3 milioni di uomini, donne e bambini ad abbandonare le proprie case.

Ad oggi si stima che circa 19 milioni di persone – il 70% della popolazione – hanno bisogno immediato di aiuti umanitari per poter sopravvivere e tra loro 7 milioni stanno rimanendo senza cibo e lottano ogni giorno per avere un pasto decente. La maggioranza della popolazione sopravvive con una dieta quotidiana composta di solo pane e tè.

Guerra Yemen: basta armi all’Arabia Saudita

«Mentre le organizzazioni umanitarie rischiano di non riuscire a far più fronte all’esplosione dell’epidemia di colera in corso, i principali paesi esportatori di armi stanno investendo più denaro per la vendita di armi ai paesi della coalizione a guida saudita coinvolta nel conflitto, che per finanziare l’appello delle Nazioni Unite per la risposta umanitaria nel paese», dice Pezzati.

Solo nel 2016, sottolinea, l’Arabia Saudita ha speso quasi 3 miliardi di dollari acquistando armi dai principali esportatori mondiali. «Ma ad oggi – attacca Pezzati – molti di questi stessi Paesi hanno stanziato meno della metà di quanto richiesto dalle Nazioni Unite per soccorrere la popolazione, solo 620 milioni di dollari, contro i 2,1 miliardi richiesti».

«In questo contesto Oxfam, dopo l’incontro con il presidente della Camera Laura Boldrini, assieme alle principali organizzazioni della società civile italiana impegnate nella crisi, chiede perciò che la Camera dei deputati approvi prima possibile una mozione parlamentare che metta fine alla vendita all’Arabia Saudita di forniture militari fabbricate nel nostro territorio. Ordigni che contribuiscono ad esacerbare la situazione di guerra e non certo a promuovere prospettive di pace».

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