Genocidio Rwanda: nuove accuse alla Francia

La Francia è accusata di aver sostenuto il genocidio in Rwanda del 1994. La rivista XXI dice di avere le prove d’uno scambio d’armi tra francesi e hutu proprio mentre si combatteva. Tre associazioni dicono poi che Bnp Paribas avrebbe partecipato al finanziamento per l’acquisto d’armi. E il 4 agosto sono previste elezioni presidenziali

Nuove rivelazioni accusano l’esercito francese di aver avuto un ruolo nel genocidio in Rwanda del 1994. Accuse che rischiano di incrinare ancora di più i rapporti tra Kigali e Parigi, già freddi dal 2000 e arrivati ormai ai minimi storici tra il 2016 e il 2017. Una situazione diplomatica tanto difficile che potrebbe essere sfruttata nelle elezioni previste per il 4 agosto.

L’accusa ai francesi è di aver sostenuto le forze hutu responsabili del genocidio quando il massacro era in pieno svolgimento. Un supporto pienamente consapevole e causa, in parte, di una delle mattanze più crudeli del Ventesimo secolo: in poco meno di tre mesi, tra il 7 aprile e il 4 luglio 1994, furono massacrate tra 800 mila e un milione di persone. Trovare una memoria condivisa, a 27 anni di distanza dall’accaduto, è ancora un’impresa. Soprattutto a causa del fatto che alcuni dei protagonisti di allora sono sulla scena politica ancora oggi, come il presidente Paul Kagame.

La rivista XXI: francesi venduto armi agli hutu

Le ultime accuse ai militari francesi sono mosse da più fronti. Il primo è la rivista trimestrale XXI, il cui fondatore Patrick de Saint-Exupéry, all’epoca inviato di Le Figaro, racconta nell’ultima edizione di avere le prove di uno scambio di armi tra i francesi e le forze genocidarie hutu tra l’aprile e il luglio del 1994, quando il genocidio era ancora in pieno svolgimento. L’operazione Turchese, cominciata a giugno 1994 dalla Francia su mandato Onu, invece che stabilire la fine delle ostilità avrebbe riarmato le forze hutu.

L’esercizio della memoria de Saint-Exupéry è cominciato con un libro del 2004, L’inconfessabile, la Francia in Rwanda. Nella riedizione del 2009, in copertina, sopra il nome dell’autore campeggiava la scritta «complici dell’inconfessabile». Il sottotitolo è costato al giornalista e all’editore una causa per diffamazione, ancora in corso. Dal 2015 gli archivi di Stato francesi sono secretati e sulla vicenda il governo sta cercando di far calare il sipario.

L’accusa di “crimini contro l’umanità”

Nell’autunno del 2016 l’associazione Survie ha depositato alla Corte di Giustizia della Repubblica (Cjr), l’alta corte chiamata a dirimere le questioni nelle quali sono implicate le più importanti cariche dello Stato, un esposto nel quale si accusa il governo dell’epoca di crimini contro l’umanità. Secondo le testimonianze raccolte dall’ong, invece che svolgere il ruolo di paciere delle parti in causa, la Francia, con l’esercito e con i politici come l’allora presidente François Mitterrand, deceduto nel ‘96, avrebbe svolto un ruolo sia durante che dopo il genocidio. Il fascicolo è il secondo depositato all’alta corte, dopo una prima accusa mossa nel 2015. Emmanuel Macron il 3 luglio 2017 ha dichiarato di voler eliminare la Cjr: un peso inutile.

Genocidio Rwuanda

Rifugiati rwandesi ritornano a casa il 26 luglio 1994 – United Nations Photo (via Flickr)

Il ruolo di Bnp Paribas nel genocidio

La terza accusa riguarda l’istituto di credito Bnp Paribas. Le associazioni Sherpa, il Collettivo dei partiti civili per il Rwanda e Ibuka France in giugno hanno depositato un altro fascicolo nel quale sostengono che la banca abbia partecipato al finanziamento per l’acquisto di 80 tonnellate di armi vendute durante il genocidio. La partita di armi sarebbe stata acquistata dal trafficante sudafricano Petrus Willem Ehlers, insieme ad un ex ufficiale dell’ex Zaire e un colonnello a capo del gabinetto del ministro della Difesa a Kigali.

Perché lo Zaire? Perché le armi sarebbero entrate a Goma, oggi Repubblica democratica del Congo, via Seychelles. Valore dell’affare: 1,1 milioni di euro. Eppure l’Onu aveva posto un embargo sulla vendita delle armi. Secondo le associazioni, nell’accusa di complicità non è necessario che la banca fosse anche consapevole di ciò che stava finanziando.

Ufficiali francesi sotto accusa in Rwanda

Un fatto però è certo: anche la Commissione nazionale per la lotta contro il genocidio del Rwanda (Cnlg) considera l’esercito colluso. A ottobre 2016 ha messo sotto accusa 22 ufficiali francesi, tra cui il comandante dell’operazione Turchese, per aver ignorato le segnalazioni di abusi e crimini commessi dall’esercito hutu.

L’ennesimo atto di una rottura prolungata dei rapporti tra le due diplomazie. Tanto che al ventennale della commemorazione dell’eccidio non c’erano figure diplomatiche francesi in Rwanda e in più il 10 luglio 2017 Kigali ha rifiutato il visto d’ingresso a una delegazione transalpina che aveva compilato la domanda con la carta intestata del vecchio regime hutu.

I sospetti sul presidente Kagame e le elezioni in vista

L’attuale capo di Stato rwandese nel 1994 era il leader del Fronte patriottico rwandese (Rpf), l’attuale esercito del paese africano. All’epoca erano guerriglieri in maggioranza tutsi in esilio in Uganda e con in testa l’obiettivo di rovesciare il governo hutu, già dal 1990.

Il via al conflitto lo diede l’abbattimento dell’aereo del presidente hutu dell’epoca, Juvenal Habayrimana, il 6 aprile 1994. Chi aveva buttato giù l’aereo del presidente? Nel 2012 un’indagine condotta dall’esercito francese disse che era stato lo stesso esercito di Kigali, ma il gruppo Rwandan National Congress (Rnc), partito con sede negli Stati Uniti, accusò Kagame – di etnia tutsi – e lo volle a processo.

A bordo l’equipaggio era tutto francese e per questo Kagame venne chiamato anche in Francia a rispondere delle accuse nei suoi confronti. Il Cnlg ha una sua versione di ciò che sta succedendo: «Il rifiuto di concludere le indagini giudiziarie e il pronunciamento contro i leader rwandesi che riuscirono a fermare il genocidio è un tentativo di nascondere le proprie responsabilità», si legge in un comunicato stampa del Cnlg dell’ottobre 2016, riportato dall’International Business Time Italia. La pace diplomatica sembra lontana ancora anni luce. E ad agosto a Kigali si vota per eleggere un nuovo presidente.

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